L'affanno dei dem in vista delle Midterm
La battaglia per le elezioni di Midterm si fa sempre più serrata. E i repubblicani sognano il colpaccio
Man mano che le elezioni di metà mandato del prossimo 8 novembre si avvicinano, la situazione complessiva sembra (per quanto cautamente) volgere a favore dei repubblicani. Secondo la media sondaggistica di Real Clear Politics, l’elefantino, nelle intenzioni di voto, starebbe macinando terreno da almeno tre settimane. Dopo un periodo di seria difficoltà tra agosto e settembre, i repubblicani sono tornati in testa e detengono al momento un vantaggio del 2,2%: uno stacco indubbiamente risicato, ma il trend resta per ora a loro favorevole. Un campanello d’allarme sta inoltre suonando per Joe Biden: due recentissimi sondaggi del New York Times e di Harvard Caps, hanno infatti rilevato che, in un ipotetico nuovo duello elettorale con l’attuale presidente americano, Donald Trump vincerebbe: di misura, ma vincerebbe. Ora, è pur vero che le elezioni di metà mandato non riguardano direttamente la Casa Bianca, essendo invece finalizzate a rinnovare la totalità della Camera e un terzo del Senato. Tuttavia le ripercussioni sulla presidenza sono inevitabili: un fattore valido soprattutto quest’anno. Sia Biden sia Trump stanno infatti attendendo il risultato delle Midterm per decidere se ricandidarsi o meno a un secondo mandato presidenziale. Difficile quindi che, recandosi alle urne, i cittadini non tengano in considerazione anche il “fattore Casa Bianca”.
Ma quali sono i principali punti di debolezza dei dem, al di là della scarsa popolarità di Biden e Kamala Harris? Un punto da notare è che probabilmente l’asinello ha sbagliato strategia. A seguito della sentenza della Corte suprema sull’aborto dello scorso giugno, molti democratici hanno deciso di puntare massicciamente sulla questione dell’interruzione di gravidanza. Un tema che, per quanto rilevante, difficilmente scalzerà altri dossier percepiti come più urgenti. Storicamente le Midterm si giocano infatti sui nodi di natura sociale ed economica. Senza poi dimenticare che, solitamente, nelle elezioni statunitensi l’aborto è un tema che non sposta troppi voti, ma che viene semmai usato dai partiti per compattare le aree più motivate dei loro rispettivi elettorati. Puntare quindi eccessivamente sull’interruzione di gravidanza rischia di azzoppare l’asinello, che su altri fronti appare particolarmente debole.
In primo luogo, pensiamo all’immigrazione clandestina. L’anno fiscale che si è concluso lo scorso 30 settembre ha registrato il record storico di arrivi di immigrati illegali alla frontiera meridionale con il Messico: oltre due milioni. Ora, come insegnano già le Midterm del 2018, il dossier migratorio ha una sua indubbia rilevanza in occasione delle elezioni di metà mandato, visto che genera notevole preoccupazione in ampi strati dell’elettorato. L’amministrazione Biden ha sempre incontrato enormi difficoltà nella gestione del confine meridionale. Un elemento, questo, che ha creato problemi di ordine pubblico, incremento del traffico di droga e – secondo quanto riferito dai vertici dell’Fbi ad agosto – non possono escludersi del tutto neanche minacce di natura terroristica. In secondo luogo, non bisogna trascurare il fattore economico. L’inflazione resta ancora abbastanza alta, mentre la recente decisione dell’Opec Plus di ridurre la produzione petrolifera rischia di far salire nuovamente il prezzo della benzina: un incubo per i dem, che sanno perfettamente di giocarsi l’esito di queste elezioni proprio su tale dossier. Infine, un terzo fattore da considerare è quello dell’ordine pubblico: una rilevazione della Reuters di inizio ottobre ha mostrato che, per quanto concerne la lotta al crimine, la maggior parte degli elettori sembra fidarsi più dei repubblicani che dei democratici.
Al momento, lo scenario più probabile sembrerebbe quello di un pareggio tecnico, ma non politico. In altre parole, è probabile che la Camera passi ai repubblicani e che il Senato resti ai democratici. Ora, si tratterebbe appunto di un pareggio tecnico, ma di una sconfitta politica per l’asinello: Biden teme infatti di perdere la maggioranza alla Camera, non solo perché diverrebbe la proverbiale anatra zoppa ma anche perché i repubblicani gli intenterebbero assai probabilmente un processo di impeachment. Un processo che, qualora venisse istruito con successo, non arriverebbe quasi certamente alla destituzione del presidente, ma finirebbe con impantanargli per tre o quattro mesi l’agenda parlamentare (un po’ come accadde a Trump, a parti invertite, nel 2019). Va da sé che un simile scenario getterebbe ancor di più Biden nell’immobilismo e potrebbe conseguentemente avere degli effetti nefasti sulla sua già precaria popolarità. Tutto questo, senza trascurare che, se il trend favorevole ai repubblicani si consolidasse nelle prossime tre settimane, anche i destini del Senato potrebbero in qualche modo risentirne. L'elefantino sotto sotto ci crede. E spera nel colpaccio.
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