Musk, doge della spending review trumpiana, attacca il Pentagono
(Ansa)
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Musk, doge della spending review trumpiana, attacca il Pentagono

Droni al posto degli F-35, addio piloti a bordo, sull'onda della guerra russo-ucraina

Mantenendo la promessa fatta durante la campagna elettorale, Donald Trump ha recentemente nominato Elon Musk e Vivek Ramaswamy come co-direttori del programma chiamato Department of Government Efficiency (Doge). Si tratterà – perché ancora non esiste - di un ente che non potrà essere un dipartimento governativo ma che potrà dimostrarsi influente all'interno dell'amministrazione Trump e del Congresso guidato dai repubblicani.

Il suo mandato è quello di tagliare la spesa federale e i due (Musk e Ramaswamy), hanno chiarito che il Pentagono è nel loro mirino e a parole hanno già cominciato a sparare i primi colpi, come è avvenuto ieri: i droni stanno cambiando la guerra in modi che non avremmo mai pensato, siamo arrivati al punto in cui i sistemi senza equipaggio possono sostituire armi costose come gli F-35. Fortunatamente gli analisti militari affermano che sia prematuro, ma resta il fatto che Musk, in una serie di post su X, ha definito idiota continuare a costruirli. Indicando l'Ucraina, ha affermato che i jet pilotati da esseri umani, “obsoleti quanto inefficienti”, avrebbero soltanto “fatto uccidere i piloti”. Peccato che in Ucraina fino a oggi non abbia operato alcun F-35, ma è vero che mai come in questo conflitto i droni, siano protagonisti.

Elon non è il primo a esternare tali dottrine, osservazioni simili erano state fatte dell'ex Ceo di Google, Eric Schmidt, che il mese scorso aveva definito i carri armati inutili suggerendo all'esercito di regalarli per acquistare droni. Tornando al patron di SpaceX, la prima esternazione anti F-35 la fece nel 2021, quindi ora che dovrà occuparsi delle “spese pubbliche inutili”, è lecito aspettarsi che l'F-35 Joint Strike Fighter, essendo il programma di sistemi d'arma più costoso del Pentagono, finisca per essere messo sotto accusa di spreco. C'è un però: se in scenari come quello russo-ucraino anche i piccoli droni si rivelano efficaci, su uno scenario ampio come quello asiatico-pacifico la situazione cambia e quello resta un fronte prioritario per gli Stati Uniti.

Meno male che un tecnico come Stacie Pettyjohn, direttrice del Programma di Difesa presso il Centro per la nuova sicurezza americana, ha ribadito: “La maggior parte dei droni su cui il Pentagono sta investendo per fornire una capacità sufficiente a sopraffare le difese nemiche non sono minimamente capaci come gli aerei con equipaggio, dovrebbero essere economici in modo da poter essere acquistati in grandi quantità e non lo sono; non hanno caratteristiche di robustezza né di capacità di carico utile paragonabili ai jet con equipaggio e non saranno in grado di sostituire le capacità fornite da aerei come gli F-35 o i bombardieri
B-2”. In un teatro come l'Indo-Pacifico, gli Stati Uniti hanno anche bisogno di piattaforme veloci, poco osservabili e altamente manovrabili in grado di trasportare sensori avanzati e armi a grandi distanze e attraverso spazi aerei contesi. “Non è qualcosa che i piccoli droni possono fare”, ha affermato Justin Bronk, analista di potenza aerea del Royal United Services Institute. Vero è che l'esercito statunitense sta sviluppando attivamente velivoli semiautonomi e guidati dall'intelligenza artificiale, dagli F-16 senza pilota agli aerei da combattimento collaborativi in cui un pilota dirige i compiti di più velivoli. Questo spazio offre un potenziale immenso ma con delle limitazioni, poiché la tecnologia non è ancora matura.

Dal punto di vista tecnico la costruzione di un aereo da combattimento che non richiede un essere umano nella cabina di pilotaggio implica certamente un calo del rischio di perdere il soldato, ma soprattutto comporta la possibilità di realizzare una macchina volante che potrebbe compiere manovre con accelerazioni enormi alle quali la fisiologia dell'uomo non resiste. Infine, di poter installare a bordo l'equivalente del peso del pilota, della strumentazione e del seggiolino (oltre 300 kg), in altrettanti sistemi elettronici o armi. In risposta ai commenti di Musk su X, un portavoce della Lockheed Martin (azienda che costruisce lo F-35), ha detto alla testata Business Insider che il Joint Strike Fighter è “l'aereo da caccia più avanzato, resistente e connesso al mondo mondo, un deterrente vitale e la pietra angolare delle operazioni congiunte su ogni dominio, terrestre, aereo e marino. Il jet stealth di quinta generazione non è solo un aereo militare da combattimento utilizzato in tutto il mondo, ma anche un bombardiere, un aereo da guerra elettronica, uno strumento di sorveglianza, una piattaforma di gestione delle battaglie e un nodo per le comunicazioni chiave. Nessun drone può ancora eguagliare quella capacità come non può ancora prendere decisioni immediate e imprevedibili come un pilota da caccia. E tutte le simulazioni ed esercitazioni fatte oggi portano alla conclusione che droni e aerei siano entrambi necessari.

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Sergio Barlocchetti