Erdogan
(Ansa)
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Erdogan, il Sultano che ha perso la sua Istanbul

La sconfitta nelle amministrative nella capitale turca e ad Ankara sono la più pesante sconfitta per il presidente dal 1977 ad oggi. E guai a sottovalutarla

“Sono solo elezioni locali” sminuiscono al quartiere generale dell’AKP, il partito di Erdogan. “Sono solo elezioni locali” fanno eco le opposizioni, con tutt’altro spirito. Ma questa sconfitta di Erdogan, seppur non cambia gli equilibri politici della nazione, è una pietra miliare per le opposizioni: la loro affermazione definitiva nelle grandi città è una significativa dimostrazione di forza contro il partito attualmente al potere.

“Andrà tutto bene", hanno cantato i sostenitori di Ekrem Imamoglu mentre ballavano al ritmo di tamburi e clarinetti a Sarachane, uno dei quartieri più antichi di Istanbul.

Imamoglu, sindaco in carica della città, aveva utilizzato per la prima volta questo slogan quando, cinque anni fa, aveva strappato la città al partito AKP. Da allora il sindaco in carica continua a strappare consensi e a inanellare risultati positivi.

Durante quest’ultima campagna elettorale, Erdogan ha fatto un definitivo bagno di realtà e ha infatti affermato che questa è stata l’ultima, poiché il suo mandato presidenziale scade nel 2028 e neanche il “Sultano” crede di poter guidare a vita la Turchia. Sentimento ricambiato dai turchi, a quanto pare.

La sconfitta elettorale andata in scena questo weekend di Pasqua rappresenta la più grande debacle della carriera di Erdogan dal 1977. Al punto che molti commentatori si spingono a dire che se Imamoglu o l’altro astro nascente Mansur Yavas fossero stati i candidati del CHP alle elezioni presidenziali dello scorso anno, avrebbero sicuramente vinto.

Aver perso Istanbul, megalopoli che ospita un quinto della popolazione turca di quasi 85 milioni di persone, è un chiaro segnale dei tempi che cambiano. E di ciò che si prepara per il futuro. Soprattutto considerata la crisi economica perdurante, che ha visto schizzare i tassi di inflazione al 67% e tassi di interesse al 50%.

“Controlla la città e controllerai una parte significativa dell'economia turca” dicono i politici e gli economisti turchi. E oggi questo vale sicuramente per il commercio, il turismo e per la finanza. Ovvero alcune delle più grandi risorse della Turchia contemporanea.

Già cinque anni fa, Imamoglu fece una piccola rivoluzione, rovesciando anni di governo del partito AK a Istanbul con il sostegno di altri partiti di opposizione. Ma l’unità dell’opposizione era poi andata in pezzi in seguito alla sconfitta alle elezioni presidenziali. Ma oggi, la sensazione è che qualcosa stia cambiando per sempre: tra quei circa 61 milioni di turchi che hanno potuto partecipare alle elezioni di domenica, più di un milione e mezzo erano giovani elettori che hanno votato per la prima volta. E quasi nessuno ha indicato AKP. L'affluenza alle urne è stata stimata superiore al 77% nelle 81 province del Paese. La prossima volta, questo dato politico potrebbe determinare una cambio “soffice” alla guida del Paese.TUTTE LE NEWS DAL MONDO

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Luciano Tirinnanzi