Erdogan non si ferma più: ora fa da paciere tra Sudan ed Emirati
(Ansa)
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Erdogan non si ferma più: ora fa da paciere tra Sudan ed Emirati

Il presidente turco si è offerto come mediatore per disinnescare le tensioni tra il Paese africano e il governo di Abu Dhabi

Recep Tayyip Erdogan non si ferma più. Ha recentemente mediato la distensione tra Somalia ed Etiopia, sta svolgendo il ruolo di kingmaker nel riassetto politico siriano e punta a ritagliarsi un ruolo di primo piano nelle (forse imminenti) trattative ucraine. Ebbene, a fronte di tutto questo, il sultano è adesso anche pronto a mediare per disinnescare le tensioni tra Emirati arabi uniti e Sudan. Ma andiamo con ordine.

È dal 2023 che il Sudan è dilaniato da una guerra civile che vede contrapposti il governo locale e i paramilitari delle Rsf. In questo quadro, venerdì, Erdogan ha avuto un colloquio telefonico con il presidente sudanese Abdel Fattah al-Burhan. Appena pochi giorni prima, quest’ultimo aveva tacciato Abu Dhabi di aver spalleggiato le Rsf: un’accusa che gli Emirati avevano bollato come “totalmente falsa”. E' dunque alla luce di tutto ciò che, durante il colloquio con al-Burhan, il sultano si è esplicitamente offerto per favorire una distensione tra il suo governo e quello di Abu Dhabi.

Insomma, il presidente turco conferma ulteriormente la sua strategia: presentarsi come mediatore diplomatico per rafforzare la propria centralità dal punto di vista geopolitico. Offrendosi come paciere tra Emirati Arabi e Sudan, Erdogan punta innanzitutto a consolidare la propria influenza sul continente africano. Come detto, il sultano è recentemente riuscito a favorire una distensione tra Somalia ed Etiopia: un modo con cui ha aumentato la propria presa sul Corno d’Africa.

In secondo luogo, l’obiettivo di Erdogan è anche quello di promuovere il disgelo tra la Turchia e quei governi che storicamente non si fidano di Ankara a causa del suo sostegno alla Fratellanza musulmana. Uno di questi governi è proprio quello di Abu Dhabi. Senza poi dimenticare che, negli ultimissimi mesi, Erdogan ha migliorato i propri rapporti anche con l’Egitto.

In terzo luogo, il sultano sta cercando di arginare l’influenza russa su varie parti del continente africano: non solo nel Corno d’Africa ma anche – con il Sudan – nel Sahel. È chiaro che questa strategia diplomatica non può essere scissa dalla crisi siriana. Non dimentichiamo d’altronde che gli insorti che hanno abbattuto il regime di Bashar al Assad sono stati in gran parte spalleggiati proprio da Ankara: una mossa, quella turca, che ha inflitto un duro colpo non soltanto a Teheran ma anche a Mosca.

Infine, ma non meno importante, a Erdogan interessa il Sudan per avere maggiore proiezione verso il Mar Rosso. D’altronde, grazie all’aumento dell’influenza sulla Somalia, il sultano sta acquisendo spinta anche verso il Golfo di Aden. Il presidente turco, insomma, si sta muovendo scaltramente nell’ambito di una strategia globale che va dal Medio Oriente all’Africa, passando per l’Ucraina e per il Balcani. Piaccia o meno, il sultano potrebbe diventare uno dei più influenti leader internazionali dei prossimi anni. Si sta infatti ritagliando un ruolo centrale in quasi tutti i più importanti teatri di crisi. E ha tutta l’intenzione, prima o poi, di passare all’incasso.

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Stefano Graziosi