Militari estoni Nato in Ucraina, il pericolo di trasformarli in bersagli legittimi
Quale scenario si aprirebbe se davvero Tallin decidesse di scendere in campo nel conflitto tra Kiev e la Russia
Secondo diverse fonti dirette il governo estone starebbe valutando l’opportunità di inviare un contingente nell'Ucraina occidentale con compiti prevalentemente di supporto alle truppe di Kiev. Di fatto lontano dal fronte, ma con lo scopo di occuparsi della logistica permettendo così allo Stato maggiore ucraino di liberare risorse da mandare al fronte. A parlarne per primo è stato il consigliere per la sicurezza nazionale Madis Roll, specificando tuttavia che il provvedimento, se fatto soltanto da parte estone, non avrebbe il consenso ampio che invece raggiungerebbe se fosse avvallato da una missione Nato organizzata per “mostrare una più ampia combinazione di forza e determinazione.”
Roll il dieci maggio scorso, dal palazzo presidenziale, aveva dichiarato: “Le discussioni sono in corso e dovremo valutare tutte le possibilità senza limitare a prescindere le azioni che possiamo fare”. Inoltre, il funzionario ha sottolineato come le nazioni facenti parte dell’Alleanza Atlantica e attualmente contrarie a questo tipo di missioni, in futuro potrebbero cambiare idea. Secondo la costituzione dell’Estonia, il capo delle Forze armate è il presidente, oggi Alar Karis. Per Tallin la mossa sarebbe però soltanto un’estensione e ufficializzazione di quanto sta già accadendo, con un alto numero di volontari estoni che stanno già combattendo in Ucraina dalla primavera del 2022.
A riportare il tema dell’invio di militari alla cronaca è stato il capo delle forze di difesa, il generale Martin Herem, la settimana scorsa, quando aveva dichiarato che mesi fa c'erano state discussioni in ambito militare a proposito di questa opzione ma con ampie rassicurazioni che i militari dell’Esercito estone avrebbero svolto compiti come servizi medici, logistica o difesa aerea per alcune città occidentali. Ospedali a parte, gli altri incarichi trasformerebbero comunque queste truppe in bersagli legittimi da parte delle forze russe. Del resto, il primo ministro Kaja Kallas nel marzo scorso pareva aver accolto positivamente l’ipotesi di Emmanuel Macron per l’invio di soldati, giustificando le parole dell’inquilino dell’Eliseo, sottolineando che non si riferiva specificamente all'invio di truppe in combattimento.
Tale posizione è condivisa anche dal primo ministro lituano Ingrida Šimonytė, che recentemente ha dichiarato al Financial Times di essere disposto a inviare truppe lituane in Ucraina “per addestrare” le forze di Kiev, prevedendo anche l’escalation militare russa. Diverso il pensiero del presidente della commissione per gli affari esteri Marko Mihkelson, che unendosi alle dichiarazioni di Herem e Roll, già in inverno aveva dichiarato alla testata specializzata Breaking Defense che le nazioni europee “devono iniziare a pensare a una coalizione di volenterosi per aiutare più direttamente Kiev, potenzialmente con forze di combattimento diretto”. Attualmente le forze estoni (Esercito, Marina e Aeronautica) contano 7.700 soldati in servizio e 80.000 riservisti addestrati dei quali circa 39.000 in stato di prontezza rapida, ma ha il potenziale di leva per arruolare 216.000 uomini e circa 260.500 donne. L’aeronautica militare estone (Õhuvägi) conta 1570 unità ed ha ospitato velivoli di diverso tipo operanti con forze Nato nelle costanti missioni di polizia aerea compiute nel Baltico.
Tale situazione mostra che, mentre l’Italia, la Germania e altre nazioni hanno chiuso con fermezza a qualsiasi possibilità d’invio di truppe, è evidente che all’interno della Nato esistono correnti neutrali e interventiste, sebbene ogni membro dell’Alleanza sia libero di inviare forze dove ritiene necessario per i propri interessi nazionali. È anche comprensibile che le nazioni confinanti con la Russia temano un’iniziativa da parte di Mosca, ma il punto è come sarebbe applicato l’articolo Cinque del Trattato che prevede che un attacco armato contro uno Stato membro sia considerato quale attacco diretto contro tutte le parti, impegnando ognuna ad assistere la parte o le parti attaccate, facendo ricorso, se necessario, all'impiego della forza armata.
Dunque, qualora queste ipotetiche truppe fossero attaccate in modo diretto perché coinvolte comunque in operazioni a favore di Kiev. Con questo spettro all’orizzonte, l’ambasciatore americano in Estonia, George Kent, ha sottolineato che nessun soldato statunitense sarà inviato in Ucraina e che l’amministrazione Biden intende aiutare l’Ucraina soltanto mediante l’invio di significativi pacchetti di forniture. Differente l’atteggiamento britannico, il cui governo mantiene una posizione possibilista condizionata all’allargamento e al successo delle operazioni militari russe.