Gas, l'Europa rischia un inverno più caro
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Gas, l'Europa rischia un inverno più caro

Il continente dipende sempre di più dal Gnl, il combustibile liquefatto. Ma il suo prezzo risponde a dinamiche imprevedibili. E l'offerta non è aumentata abbastanza.

Babbo Natale potrebbe portare alle imprese e le famiglie europee un regalo poco gradito: bollette dell’energia più care. Colpa della volatilità del mercato del gas liquefatto, da cui il continente dipende sempre di più da quando, nel febbraio 2022, la Russia ha invaso l’Ucraina. Due inverni consecutivi sono stati superati grazie all’arrivo delle speciali navi che trasportano il gas naturale liquefatto (Gnl), ma mentre il terzo inverno è alle porte, la situazione potrebbe diventare più difficile. «Per ora gli stoccaggi in Europa sono pieni e la disponibilità per quest’inverno sembra garantita», ha dichiarato un operatore al quotidiano Financial Times. «Ma può succedere di tutto. Basta qualche interruzione delle forniture e le cose potrebbero mettersi davvero male».

Se nel 2021 il Gnl rappresentava solo il 20 per cento delle forniture totali di gas nell’Unione europea, oggi la quota è salita al 35 per cento. Tuttavia, l’affidamento su questa fonte presenta alcuni svantaggi. Il Gnl richiede un processo complesso che include la liquefazione, il trasporto via nave e la successiva rigassificazione nei terminal, comportando costi più elevati rispetto al gas trasportato tramite gasdotti. Questo processo, oltre ad aumentare il prezzo, rende il mercato del Gnl particolarmente volatile, influenzato dalla domanda globale e dalle dinamiche geopolitiche.

Differenze di prezzo tra Gnl e gas «Via Tubo»

Storicamente, il gas naturale trasportato via gasdotti è sempre stato più economico rispetto al Gnl, grazie alla sua minore complessità logistica. I contratti a lungo termine per il gas da gasdotti, come quello russo, sono spesso legati a formule indicizzate al prezzo del petrolio o al mercato locale (per esempio, il Ttf europeo), mantenendo i costi relativamente stabili.

Al contrario, le quotazioni del Gnl sono influenzate da fattori come la domanda immediata sui mercati spot internazionali, creando oscillazioni di prezzo che possono essere molto più marcate, specialmente in periodi di alta domanda, come i mesi invernali. Prima della guerra in Ucraina, il combustibile russo aveva prezzi che oscillavano, a seconda del tipo di contratto, tra cinque e 15 euro al megawattora, mentre il Gnl superava regolarmente i 20 euro. Con lo scoppio del conflitto i prezzi del gas al mercato di Amsterdam si sono impennati fino a raggiungere il picco di 236 euro per poi stabilizzarsi intorno ai 30 euro. Ultimamente il prezzo si è rimesso a correre e in novembre è salito oltre i 40 euro al megawattora. Negli ultimi anni l’Europa ha ridotto i consumi di gas, complici la transizione energetica e gli inverni più miti, ma il braccio di ferro tra l’Europa e l’Asia per il combustibile trasportato via mare si fa più intenso nei mesi freddi, quando aumenta la domanda per il riscaldamento.

I maggiori esportatori mondiali di Gnl sono gli Stati Uniti, il Qatar e l’Australia. Gli Stati Uniti di Joe Biden sono diventati il numero uno dell’export in seguito all’espansione rapida delle infrastrutture di liquefazione, mentre il Qatar continua a mantenere una posizione dominante grazie a riserve abbondanti e alla capacità produttiva consolidata. Poi c’è l’Australia che, pur focalizzandosi principalmente sull’Asia, rimane uno degli attori principali nel mercato globale del Gnl. Risultato: degli attuali 370 milioni di tonnellate attualmente importati nel mercato globale del gas liquefatto, gli Stati Uniti e il Qatar rappresentavano rispettivamente circa il 21 e il 19 per cento dell’offerta.

Paradossalmente, però, la Russia resta tra i principali fornitori di Gnl in Europa, fonte che per ora non viene sanzionata (a differenza del gas «via tubo»). Così, mentre la percentuale di questo combustibile russo è scesa da oltre il 40 per cento delle importazioni in Europa nel 2021 all’8 per cento circa nel 2023, il Gnl rappresenta ancora il 16 per cento dell’import nel continente, battuto solo da quello americano. Una quota elevata, che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen vuole ridurre.

Un’offerta scarsa

In questo scenario già abbastanza fragile e complesso si prospettano ulteriori problemi. Nonostante la crescita della capacità di produzione, infatti, i limiti infrastrutturali e i ritardi nei nuovi progetti stanno rallentando l’offerta globale di Gnl. Nel 2024, la produzione globale di Gnl è aumentata solo del 2 per cento, una cifra ben al di sotto della crescita annua media dell’8 per cento che si era registrata tra il 2016 e il 2020. Tale rallentamento ha avuto ripercussioni sulla disponibilità di Gnl, rendendo l’approvvigionamento più difficile. Alcuni produttori tradizionali di gas liquefatto, come l’Angola, l’Egitto e Trinidad e Tobago, hanno affrontato difficoltà operative che hanno contribuito alla stagnazione dell’offerta globale.

A peggiorare la situazione contribuisce un altro elemento: l’accordo di transito del gas russo tra la Russia e l’Ucraina scade il 31 dicembre 2024, portando a un potenziale deficit di circa 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno. La possibile interruzione delle forniture attraverso questa via potrebbe esacerbare ulteriormente la crisi, creando situazioni di scarsità che renderebbero necessario l’uso di altro Gnl per colmare il vuoto. Questo non solo aumenterebbe i costi, ma potrebbe anche rallentare la distribuzione del combustibile in Europa.

L’Italia, in particolare, si trova a dover affrontare una situazione complicata. Con quattro rigassificatori attivi, il nostro Paese ha aumentato il suo ricorso al Gnl, importando il gas principalmente da paesi come il Qatar e gli Stati Uniti: il Qatar nel 2024 è salito al 43,5 per cento dell’import italiano di gas liquefatto mentre gli Stati Uniti coprono il 33,9 per cento (con un aumento della quota di 6,3 punti percentuali). Ma nel frattempo l’Italia ha anche incrementato le importazioni di gas russo via tubo dal valico di Tarvisio, passando dal 4 per cento del fabbisogno del 2023 al 10 per cento nel 2024.

Maggiore produzione Nel 2025

Secondo gli analisti il mercato del Gnl è destinato a rimanere volatile nei prossimi anni. I principali esportatori come Stati Uniti, Qatar e Australia continueranno a dominare il mercato, ma le previsioni per il 2025 suggeriscono che la crescita dell’offerta potrebbe accelerare grazie all’entrata in funzione di nuovi impianti di liquefazione, con un aumento della produzione globale di circa il 6 per cento. Questo potrebbe aiutare a soddisfare la crescente domanda, ma i rischi geopolitici e le interruzioni nei canali di approvvigionamento continuano a minacciare la stabilità del mercato.

L’Europa dovrà affrontare sfide sempre più difficili per garantire approvvigionamenti energetici sicuri. La competizione con l’Asia, che sta anch’essa cercando di assicurarsi un volume maggiore di Gnl, moltiplicherà le difficoltà. L’eventuale chiusura di canali critici come il Canale di Hormuz o altre interruzioni nei flussi marittimi potrebbero ridurre la disponibilità di Gnl sul mercato globale, alzando i prezzi. In un contesto sempre più incerto, l’Europa dovrà lavorare per garantire che la sua rete energetica sia più resistente agli shock esterni, e che sia in grado di affrontare le sfide future, che si tratti di inverni rigidi, di una crescente domanda globale di Gnl, o di nuove crisi geopolitiche.

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Guido Fontanelli