L'Europa aiuti il Marocco o se la prendono Cina e/o Russia
Sul paese piegato dal terribile terremoto si sta giocando una pericolosa battaglia geopolitica
Il Regno del Marocco non accoglie volentieri gli aiuti dall’estero: per il momento, stante la situazione drammatica, Rabat ha detto sì soltanto a Spagna, Tunisia, Regno Unito, Qatar ed Emirati arabi, mentre ha rifiutato tutte le altre proposte di soccorso. «Facciamo da soli, shukran». Perché questo atteggiamento così insolitamente «prudente»?
L’Onu ha dichiarato di avere una squadra operativa in Marocco che si sta coordinando con le autorità locali per gestire le modalità attraverso cui i partner internazionali possono fornire supporto: circa 100 squadre, composte da un totale di 3.500 soccorritori provenienti da tutto il mondo, si sono già registrate su una piattaforma delle Nazioni Unite e sono pronte a intervenire quando richiesto. Ma per ora dal governo è «disco rosso» per numerosi Paesi volontari: tra questi, Italia, Svizzera, Belgio, Israele, Kuwait, Turchia, Iraq, persino Taiwan. Anche l’Algeria, storica rivale del Paese nordafricano, si è vista rifiutare l’offerta. Ovviamente, neanche l’ex colonizzatrice Francia ha ottenuto l’ok del governo marocchino, che non sembra avere alcuna fretta di accettare gli aiuti.
Eppure, a due giorni dal devastante terremoto, si contano già a migliaia le vittime nella regione di Marrakech: almeno 2mila, ma molte restano sotto le macerie e per loro le speranze si affievoliscono di ora in ora. Le Nazioni Unite hanno stimato complessivamente in 300mila persone il numero delle persone colpite a vario titolo dal sisma; e non pochi marocchini protestano già sui social network proprio per criticando il fatto che, di fronte a quest’immane sciagura, il governo non permette un maggiore e veloce aiuto dall’esterno: «Ma è più importante la politica o salvare vite?» si chiede qualcuno.
«Tutti sanno che queste prime ore sono fondamentali, soprattutto se ci sono persone sepolte sotto le macerie», ha voluto ribadire Margarita Robles, ministro della Difesa della Spagna, in prima linea con gli aerei e le squadre di soccorso gestite dal governo regionale di Madrid. Forse lo ha detto anche per far intendere a Rabat che i soccorsi non hanno bandiera. E che anche loro avrebbero bisogno degli altri per meglio aiutare chi ne ha un disperato bisogno.
Arnaud Fraisse, fondatore dell’organizzazione umanitaria francese Soccorritori senza frontiere, ha dichiarato a Radio France di avere una squadra a Parigi in attesa del via libera, ma che il governo marocchino sta deliberatamente «bloccando tutte le squadre di soccorso. Sappiamo che c’è una grande urgenza di salvare le persone e di scavare sotto i resti degli edifici», ha affermato Fraisse. «Ci sono persone che stanno morendo sotto le macerie e noi non possiamo fare nulla per salvarle». Eppure, nulla si muove ancora.
Il ministro degli Esteri francese, Catherine Colonna, ha respinto qualsiasi speculazione su tensioni fra Rabat e Parigi, smentendo l’ipotesi di una querelle fra i due governi: «Il Marocco, è un Paese sovrano, che ha scelto di dare la priorità all’arrivo degli aiuti, rivolgendosi ai Paesi disponibili caso per caso e non ricevendo aiuti che non corrisponderebbero alle sue necessità. La Francia resta a disposizione». Ma, si sa, excusatio non petita…
Anche da Israele, l’esercito e altri organismi, tra cui i soccorritori di Magen David Adom e IsraAID, hanno preparato le squadre di soccorso per partire alla volta del Paese nordafricano e prestare assistenza, ma non sono potuti partire poiché il Marocco non ha ancora accettato le loro offerte. Gli aiuti includono: cibo, medicinali, attrezzature mediche, tende, depuratori d’acqua e altro ancora, ma le specifiche dipendono dalle esigenze di Rabat. «Dal momento in cui Israele riceve le richieste, ci vorranno solo poche ore prima che un aereo sia pronto a partire», ha detto un portavoce di IsraAID.
Il Belgio a sua volta si sta preparando a inviare aiuti in denaro e in natura al Marocco dopo il terremoto. Il ministro federale per la Cooperazione allo sviluppo Caroline Gennez ha annunciato che sono già stati stanziati 5 milioni di euro per i soccorsi e la ricostruzione del terremoto. È forse questo il problema? Chi dovrà ricostruire la parte del Paese lacerata? Che cosa impedisce altrimenti al governo marocchino di sbloccare la macchina degli aiuti?
Lo Stato di al-Haouz è stato l’epicentro del terremoto e il più colpito, poiché il numero delle vittime ha qui raggiunto quota 1.300 circa, seguito dallo Stato di Taroudant, con non meno di 452 persone decedute. In un simile contesto, il direttore dell’Ufficio dell'Unesco nella regione del Maghreb arabo, Eric Falt, ha fatto una visita di due ore alla città di Marrakech, sottolineando che «dopo un disastro come questo, la cosa più importante è preservare le vite umane. Ma è anche necessario pianificare immediatamente la seconda fase, che comprenderà la ricostruzione delle scuole e dei beni culturali colpiti dal terremoto», ha sottolineato il funzionario, ricordando come Marrakech ospiti molti siti che l’Unesco ha inserito nella lista del patrimonio mondiale. Simbolo del terremoto qui è diventato il celebre minareto della Koutoubia, che ha subìto grandi crepe non meno del minareto della moschea Kharbouch, in piazza Jemaa el Fna, quasi completamente distrutto, mentre le mura della Medina sono state danneggiate in molti punti, ma hanno sostanzialmente tenuto.
Rispondendo a una domanda della Reuters sui danni riportati, una fonte del Ministero della Cultura marocchino ha dichiarato: «Il Ministero ha deciso di restaurarla e stanzierà un budget per farlo», senza fornire ulteriori dettagli e lasciando intendere che la questione è interna al Regno.
Eppure, anche il segretario generale dell’Organizzazione per la cooperazione islamica (Oci), Hussein Ibrahim Taha, ha esortato sia Rabat sia Stati membri, organizzazioni umanitarie e la comunità internazionale a intervenire per far fronte al tragico impatto del violento sisma. Allo stesso tempo, però, Taha ha elogiato le misure prontamente adottate dal re del Marocco, Mohammed VI, a beneficio delle vittime.
Tutto ciò significa forse che il Regno intende dimostrare all’Occidente e al mondo la sua totale indipendenza e la capacità di far da sé? Vi sono altre ragioni geopolitiche che sottendono a questa scelta? Si è forse accordata con Cina e Russia per gestire anche la ricostruzione post sisma? Di certo, l’ex protettorato spagnolo e francese, è da tempo nell’orbita e nelle mire cinesi: nel 2022, dopo la firma del piano di cooperazione Marocco-Cina, tutto questo è diventato ancor più reale. L’idea di Pechino, che non sembra dispiacere a Re Mohammed, è rafforzare la Nuova via della Seta cinese utilizzando proprio il Marocco come snodo di transito per consentire alla Cina di collegare l’Africa sub-sahariana all’Europa (specie dopo che anche l’Italia com molti altri Paesi europei si è sfilata dall’accordo con Pechino).
Ciò significa che il Marocco, nei piani, si candida a diventare un’importantissima testa di ponte per la Cina nel Mediterraneo. Nel piano di cooperazione, infatti, ci sono: una joint venture nell’industria energetica, ingenti investimenti cinesi nei settori finanziari e agricoli, e un rapporto sempre più stretto anche in campo militare. Il Marocco sta costruendo infatti una nuova base di difesa aerea a Sidi Yahya El-Gharb, a nord-est della capitale, e qui si prevede che saranno stoccate armi in quantità (missili e munizioni) per far fronte alle sfide geopolitiche del Marocco, dall’Algeria al Fronte Polisario.
Quanto alla Russia, dopo i problemi interni con la Wagner, deve certo ricalibrare il suo impegno estero in Africa, laddove la presenza della milizia privata è già capillare, ma non in maniera articolata e ben organizzata. Il terremoto, in ogni caso, sta rendendo evidente come la distanza politico-diplomatica tra Europa e Occidente da un lato e Stati africani dall’altro sia sempre più marcata.