Expo 2030: oggi la decisione. In lizza Roma, Busan e Riyadh
Sebbene l’Arabia sia favoririssima, Italia e Corea del Sud mirano al ballottaggio. Ma Roma, alla luce dell’esperienza meneghina del 2015, è davvero pronta per una Esposizione Universale?
Busan, Riyadh, Roma. Si gioca oggi la grande partita tra tre città posizionate a centinaia di chilometri di distanza e in tre Paesi diversissimi tra loro. Corea del Sud, Arabia Saudita, Italia: sono questi i tre nomi che si giocano oggi la grande partita di Expo 2030. Un vero e proprio risiko a cui diplomazia, strapoteri, politica e comunicazione giocano per aggiudicarsi quello che agli occhi del mondo è uno dei più grandi eventi internazionali esistenti.
Il sogno di Roma 2030 nasce nel novembre del 2020. Da una audace proposta di Virginia Ragg: candidare Roma per l'Eaposizione Universale. Una decisione che ha sorpreso molti, compresi i rivali politici Calenda, Michetti, e Gualtieri. Nonostante il passato scetticismo della sindaca verso grandi eventi, a marzo 2022 Roma ha ufficialmente dichiarato la sua aspirazione a Expo 2030.
Un passo nel futuro e siamo a oggi, 28 novembre. Il verdetto, che sarà annunciato intorno alle 17 al Palais des Congrès di Issy-les-Moulineaux, deciderà se il sogno romano potrà realizzarsi. Per vincere al primo turno servono almeno 120 preferenze (su 182 votanti). Altrimenti, si procede con un ballottaggio tra le città con più voti.
Al momento Riyahd sembrerebbe la più favorita, seguita da Roma e - per ultima - da Busan. Se per la città saudita la guerra in corso potrebbe trasformarsi in un vero tallone d’Achille, la seconda città più grande della Corea del Sud punta al ribaltone: complice una campagna mediatica incentrata sulla potentissima Hallyu Wave e volti come BTS e Lee Jung Jae divenuti ambassador e promotori dell’evento nel mondo.
E Roma? La città eterna sta a guardare. Girando la clessidra al contrario e tornando indietro nel tempo, torniamo al 2015 quando l’Italia inaugurò Expo a Milano. Avendo noi vissuto tutto il percorso dall’apertura dei cancelli alla chiusura definitiva degli stessi, possiamo dire che Expo è senza dubbio un cerotto che fa bene al nostro Paese. Milano, partita in sordina e con i cantieri ancora in corso, si rivelò un vero e proprio successo. Visitatori e addetti ai lavori rimasero strabiliati dalla portata dell’evento meneghino. “Rifiorirà la città” tuonava la politica. Spenti i riflettori, però, lo show è stato dimenticato. I suoni e i colori dell’Albero della Vita hanno provato a illuminare per qualche serata extra il cielo di Milano. Senza successo. L’area, ora parzialmente recuperata, ha provato a rinascere e reinventarsi più e più volte per sfuggire a un primo stadio di degrado. Padiglioni abbandonati, mezzi abbattuti, alcuni - come il meraviglio padiglione Zero - addirittura quasi marciti. L’acqua dei canali, le famose vie d’acqua, imputridita e diventata casa di un sottobosco indesiderato. Zanzare e prati incolti. Insomma, un vero disastro. E l'effetto degli Expottimisti? Svanito. Dimenticato. Sbiadito. Come quei timbri che si raccoglievano tra i padiglioni su un finto passaporto. L'effetto esplosivo sul capoluogo lombardo è durato il tempo di un acquazzone. E poco più.
E Milano, si sa, l'è un gran Milan. Roma, con le sue peripezie e criticità è davvero pronta a esplodere? Il progetto, focalizzato sulla rigenerazione e innovazione, che punta a trasformare Tor Vergata con un "parco scolare" energetico e un percorso di 20 km attraverso luoghi storici ha una visione per il futuro? Già. Il futuro. Perché il tempo inganna e corre veloce. Con oltre 23 milioni di visitatori previsti, l'Expo potrebbe portare a significativi cambiamenti e opportunità economiche per Roma. Ma la domanda che nessuno si è posto è cruciale: Roma è davvero disposta a cambiare?