Niger
(Ansa)
Dal Mondo

La Francia lascia il Niger ed è un problema per l'Italia

Macron toglie i soldati dal paese dando via lbera ad una nuova ondata migratoria che finirà sulle nostre coste

Il presidente francese Emmanuel Macronha annunciato negli scorsi giorni il ritiro dell'esercito francese dal Niger entro la fine del 2023. Il governo di Parigi prevede di prendere contatto al più presto con i membri della giunta militare nigerina per garantire un ritiro pacifico e coordinato dei 1.500 soldati francesi presenti in Niger, in modo che non ci siano soldati francesi rimasti sul territorio nigerino entro il 1° gennaio 2024. Macron ha anche annunciato che l'ambasciatore francese Sylvain Itte, che viveva ormai barricato all’interno della sede diplomatica, avrebbe lasciato la capitale Niamey e così è stato. È finito così il braccio di ferro della Francia con la nuova giunta golpista arrivata al potere a fine luglio. Non poteva che andare diversamente visto che Parigi anche all’interno dell’Ue è rimasta praticamente da sola a difendere ad oltranza il deposto presidente Mohamed Bazoum che si trova ancora agli arresti. Per circa due mesi i francesi hanno appoggiato la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas) che ha più volte paventato l’intervento militare in Niger con tanto di ultimatum -mai avvenuto a causa di divisioni interne- anche sulla ripartizione dei costi e dalla paura che una guerra avrebbe travolto i Paesi vicini già alle prese con enormi problemi di sicurezza causati dai gruppi locali legati ad al-Qaeda e allo Stato Islamico. A proposito di queste due organizzazioni terroristiche potrebbero non essere estranee all’esplosione dell’aereo del Wagner Group avvenuta sabato scorso mentre stava per decollare dall'aeroporto di Gao ( Mali)

Determinante poi il veto all’intervento militare in Niger da parte degli Stati Uniti che almeno per il momento non vedono minacciati i loro interessi: nessuno, infatti, ha chiesto agli Usa di fare rientrare il loro ambasciatore o il ritiro del loro contingente militare. Si direbbe che i golpisti sappiano bene con chi conviene litigare e con chi no. «Non c'è più la Françafrique e quando ci sono colpi di Stato, noi non interveniamo», ha affermato il leader francese che ha poi ha spiegato di non voler far restare i militari francesi in Niger come «ostaggi dei putschisti». Poi ha detto che la Francia continuerà ad aiutare il continente africano a combattere il terrorismo, «ma solo se proviene da governi democraticamente eletti. I putschisti sono amici del disordine». Macronha anche tracciato il suo personale bilancio dei dieci anni di operazione militare antiterrorismo «Barkane» nel Sahel (oggi la Francia è presente solo in Ciad con 1.000 soldati), che ha definito «un successo». Vero che Parigi è intervenuta su richiesta dei passati governi del Mali, del Burkina Faso e del Niger, tuttavia, i risultati sono stati modesti se confrontati con l’impegno militare profuso e la perdita di vite umane. In meno di un decennio, 58 soldati dell'esercito francese hanno perso la vita nel Sahel nell'ambito delle operazioni Serval prima e Barkhane poi mentre sono migliaia i civili ammazzati dai jihadisti senza dimenticare le centinaia di soldati e poliziotti morti per mano dei terroristi islamici. Per Macron «senza il nostro intervento, la maggior parte di questi Paesi sarebbero già diventati dei califfati territoriali gestiti dai jihadisti». Tutto vero ma di sicuro si poteva fare di più e meglio.

La giunta militare al potere in Niger ha subito accolto con grande enfasi l’annuncio del presidente francese: «Celebriamo la nuova tappa verso la sovranità del Niger», hanno scritto in un comunicato letto alla tv nazionale. La disinformazione è fondamentale per influenzare l’opinione pubblica e in Niger le campagne di disinformazione mirate si sono concentrate su tre principali assi geopolitici: Francia, ECOWAS e Russia. Eliud Akwei, analista di dati senior presso Code for Africa, che ricerca campagne di disinformazione e influenza in tutta l'Africa, ha spiegato che la disinformazione che l'organizzazione ha monitorato intorno al Niger alimenta «narrazioni antifrancesi, narrazioni anti-ECOWAS, e poi la terza è un’amplificazione coordinata di alcune narrazioni filo-russe».

Una componente importante delle narrazioni antifrancesi è stata la relazione dell'ex colonizzatore con il Niger. Ad esempio, circolava una voce secondo cui la Francia avrebbe ottenuto il suo uranio in Niger per 0,8 euro/kg rispetto ai 200 euro/kg di altri paesi. Attualmente, il prezzo globale dell’uranio – compreso quello del Niger – è di 56,25 dollari per libbra, leggermente in aumento rispetto ai 56,15 dollari prima del colpo di stato. Un’altra falsa narrativa sui social media affermava che il Niger aveva vietato le esportazioni di uranio verso la Francia e altri paesi dell’UE – ma non è così. Ad agosto, dopo la minaccia dell'ECOWAS che aveva paventato l’intervento militare se il Niger non avesse fermato il colpo di stato, su TikTok hanno iniziato a circolare video disinformanti che affermavano che i soldati nigeriani erano stati arrestati in Niger da Wagner e che un «elicottero spia nigeriano era stato abbattuto». I video mettevano in risalto la tensione politica tra Nigeria, ECOWAS e la giunta militare in Niger, e si sono rivelati una notevole fonte di paura per i nigeriani che stavano già combattendo con le voci secondo cui i giovani sarebbero stati consegnati per prestare servizio militare.

Dopo il ritiro obbligato dal Mali e dal Burkina Faso, la presenza dei militari francesi nella zona strategica del Sahel e nell'Africa occidentale diminuisce ancora. Anche se Parigi dislocherà i militari che erano in Niger nel vicino Ciad, che ospita il quartier generale delle forze francesi nel Sahel, o verso altre zone di combattimento contro i jihadisti, come il Medio Oriente come si è visto negli scorsi giorni in Siria. Quindi la giunta golpista è soddisfatta e può gridare alla vittoria, cosa che potrebbe ispirare anche altri generali nel continente africano a fare lo stesso visto che «tanto basta tenere un po’ duro e poi gli occidentali non intervengono e se ne vanno», e anche Parigi tira un sospiro di sollievo visto che i timori di un assalto all’ambasciata francese da parte della folla fomentata dai golpisti era sempre più probabile. A questo proposito in Burkina Faso da giorni la tensione è altissima visto che tra i golpisti ci sarebbero degli scontenti che potrebbero rivoltarsi contro il capitano Ibrahim Traore salito al potere con un colpo di stato, il secondo in otto mesi nel paese ex colonia francese. La notizia è stata dal quotidiano francese Jeune Afrique che ha mandato su tutte le furie la giunta golpista che ha sospeso le attività della testata accusandola di cercare di screditare le autorità burkinabè. «Il governo di Ouagadougou ha sospeso fino a nuovo ordine tutti i mezzi di distribuzione di Jeune Afrique in Burkina Faso», ha dichiarato in un comunicato il suo portavoce e ministro delle Comunicazioni, Rimtalba Jean-Emmanuel Ouedraogo. Il casus belli è l’articolo pubblicato l’altro ieri mattina dove si parla di tensioni all’interno dell’esercito del Burkina Faso. «Questa pubblicazione fa seguito ad un precedente articolo dello stesso giornale sullo stesso sito pubblicato giovedì, in cui Jeune Afrique affermava che ‘il malcontento sta crescendo nelle caserme del Burkina Faso. Queste affermazioni deliberate, fatte senza il minimo accenno di prova, non hanno altro scopo che screditare le forze armate nazionali e, per estensione, tutte le forze combattenti in modo inaccettabile».

Chi non festeggia e ha motivo di preoccuparsi (e molto) è il nostro Paese che vede aumentare esponenzialmente il pericolo con il Sahel in fiamme grazie ai jihadisti, che il Mediterraneo venga preso d’assalto come mai prima d’ora. È bene ricordare che il Mali, il Burkina Faso e il Niger non sono assolutamente in grado di reggere l’urto delle organizzazioni terroristiche e non saranno certo le milizie paramilitari russe alle quali i terroristi danno la caccia, a salvarli.

Tutto accade mentre Macron tende la mano a Giorgia Meloni: «Voglio lavorare con il presidente del Consiglio italiano, perché lei ha fatto una scelta, forte, che non era quella di qualche mese fa, seguita dall'Italia. Noto che nella sua maggioranza ci sono quelli che danno risposte semplicistiche e nazionaliste, laddove c'era un'Italia che diceva non prendiamo più barconi, li mandiamo altrove, l'Italia ora si prende le sue responsabilità per quello che chiamiamo il primo porto sicuro. Noi dobbiamo svolgere il nostro ruolo in quanto europei e non lasciare soli gli italiani». Belle parole ma i barconi arrivano a Lampedusa e non certo a Parigi.

TUTTE LE NEWS DAL MONDO

I più letti

avatar-icon

Stefano Piazza