Le scelte green trascinano a fondo la Germania
Lo stop al gas russo con le conseguenti crisi industriali e le bollette alle stelle. E poi i costi per l’elettrico. Sulla sconfitta di Sdp e Grünen hanno pesato le scelte impopolari sulla sostenibilità. Si apre un’altra stagione
Hanno perso a causa di Robert Habeck. No, grazie al vice cancelliere e ministro dell’Economia grünen hanno limitato i danni. Alle elezioni di fine febbraio in Germania i Verdi tedeschi sono calati di tre punti a quota 11,6 per cento. Una bella botta ma nulla in confronto agli alleati di governo: la Spd del cancelliere Olaf Scholz da primo partito tedesco si è inabissata al 16,4 per cento, mentre i Liberali non sono neppure riusciti a superare la soglia di sbarramento del cinque, restando fuori dal Bundestag. I Verdi si chiedono oggi cosa faranno da grandi: intanto Habeck - già ministro-poeta, già beniamino di tante elettrici infatuate del suo look stropicciato - ha annunciato che uscirà dalla stanza del potere. Largo ai giovani o a chi saprà riportare al governo le battaglie degli ecologisti, oggi in crisi di consensi: nel 2021 i Grünen avevano intercettato il voto dei giovani ma a questo giro i tedeschi con meno di 25 anni hanno scelto i socialcomunisti della Linke e i sovranisti dell’Alternative für Deutschland (AfD), preferendo alla Germania a emissioni zero la sicurezza sociale e la difesa delle frontiere.
È dunque la fine dei Verdi tedeschi, storici alfieri della battaglia antinucleare? «No», ha spiegato il politologo dell’Università di Kassel, Wolfgang Schröder, «ma si tratta di un partito giovane, ancora scarsamente ancorato al tessuto sociale». In sostanza, «i Verdi hanno pochi sindaci: ne sarebbe bastato qualcuno in più per spiegare a Habeck che il progetto di dotare per legge ogni nuovo impianto di riscaldamento con una pompa di calore non era realistico». E quel progetto è costato tanti voti.
Se oggi il verde non «si porta» la ragione è soprattutto economica: le auto elettriche costano care e la sostenibilità pure. Nel 2023 la percentuale di energia rinnovabile consumata in Germania era già pari al 22 per cento del totale ma la bolletta elettrica tedesca è una delle più care d’Europa e la grande industria è molto energivora. Ai nuovi deputati, il numero uno della Confindustria tedesca (Bdi), Peter Leibinger, ha già ricordato che «i prezzi dell’energia sono troppo elevati rispetto ad altri Paesi» e che servono «decisioni rapide sulla strategia delle centrali elettriche e un alleggerimento delle tariffe di rete e delle imposte sull’elettricità».
C’è chi parla di un ritorno al nucleare, dal quale la Germania è uscita nel bel mezzo della peggiore crisi energetica da mezzo secolo per rispettare un calendario pensato dai Verdi ma poi implementato, con uno «scippo» politico clamoroso, dall’ex cancelliera Angela Merkel. Per Veronika Grimm, docente di Sistemi energetici all’Università di Norimberga ed esponente del Consiglio degli esperti economici della Germania consultato dal governo, il ritorno all’atomo è difficile. Ha detto rivolta alla stampa estera a Berlino: «È un tema che divide i tedeschi a metà, politicamente molto rischioso». Con buona pace dei Verdi antirussi e anti-idrocarburi (al contrario dei partiti di estrema destra e sinistra come AfD e Linke) più verosimile sarebbe un ritorno in grande stile del gas russo in Germania. A inizio marzo il Financial Times scriveva che se Donald Trump porterà russi e ucraini all’armistizio, il Nord Stream 2, il secondo gasdotto diretto che collega il Nord-est tedesco con i giacimenti di gas naturale nella Russia europea, ultimato ma mai entrato in funzione, potrebbe iniziare a operare. In un ribaltamento di ruoli, a riportare l’oro blu russo in Germania contribuirebbe Richard Grenell, ex ambasciatore degli Usa a Berlino sotto il primo governo Trump e già fustigatore della dipendenza tedesca dagli idrocarburi russi. Nel nuovo schema ciascuna delle due parti firmerebbe un contratto di intermediazione con gli americani: se il gas di Mosca tornerà a scorrere nelle vene dell’economia tedesca che almeno gli Stati Uniti ci guadagnino qualcosa, ha pensato il pragmatico Trump.
E se l’accordo va in porto e funziona si potrà anche pensare a riparare il Nord Stream 1, il primo dei gasdotti russo-tedeschi sabotato a settembre 2022 forse da mani ucraine. Intanto la Cdu del cancelliere in pectore Friedrich Merz spinge per «usare in modo coerente le energie rinnovabili, tutte», dove per «tutte» si intende anche il biometano da materie agricole, un altro tabù dei Verdi secondo i quali ciò che si coltiva si mangia ma non si brucia per creare energia. Nelle stesse ore la Commissione Ue annunciava che l’automotive avrà tre anni anziché uno per adeguarsi agli standard di conformità sulla riduzione di emissioni di anidride carbonica. E niente multe da 15 miliardi di euro. Anche Bruxelles, insomma, prende atto che la Germania ha virato a destra cominciando a tirare il freno sugli obiettivi climatici. Con questi chiari di luna ai Verdi tedeschi non resta che buttarsi a sinistra e cercare di recuperare quelle centinaia di migliaia di voti fagocitati dai socialcomunisti della Linke alle ultime elezioni. Diventando un po’ meno verdi e un po’ più rossi per sopravvivere.