La Francia delle Olimpiadi si piega all'Islam
Il comitato organizzatore dei Giochi Olimpici di Parigi ha preso la decisione di vietare le bevande alcoliche nella sua offerta di ristorazione per tutelare la salute degli spettatori
Il comitato organizzatore dei Giochi Olimpici di Parigi del 2024 ha deciso di vietare le bevande alcoliche nella sua offerta di ristorazione, in conformità con la Legge Evin che prende il nome da Claude Evin, avvocato, ex senatore (1997-2007) e ministro della Solidarietà, della Salute e della Protezione sociale tra il 1988 e il 1991 diventato molto noto per la lotta al tabagismo, alla pubblicità e la vendita dell'alcol. Come scrive il quotidiano Le Parisien la legge entrata in vigore nel 1992 vieta la pubblicità e la vendita di alcolici in determinati luoghi, in particolare negli stadi.
Chi vorrà bersi una birra, un bicchiere di vino, una coppa di champagne o un buon bicchiere di cognac francese durante le gare dovrà consultare il sito www.paris2024.org e acquistare un pacchetto gold (le hospitality lounge più esclusive in loco e accompagnate da un'esclusiva consegna del servizio), argento (servizio raffinato nelle lounge delle sedi di gara) e bronzo (ambiente rilassato nelle lounge delle sedi di gare) che non sono certo alla portata di tutte le tasche.
In alternativa c’è sempre il divano di casa con annessa tv e libero accesso a tutti gli alcolici sempre che nel frattempo non arrivi una nuova legge di ispirazione talebana che li vieti anche tra le mura di casa con relativa pattuglia della “alcool police” a far rispettare il divieto.
Il comitato organizzatore dei Giochi Olimpici ha sicuramente preso la decisione per tutelare la salute degli spettatori, tuttavia, a chi si recherà ai prossimi Giochi Olimpici di Parigi del 2024 sembrerà di essere ai mondiali di calcio in Qatar, dove gli emiri in osservanza della sharia vietarono il consumo di alcolici: una decisione che mandò su tutte le furie gli sponsor che sui mondiali in Qatar avevano investito centinaia di milioni di dollari.
Chi esulta oggi è certamente l’influente (per usare un eufemismo), comunità musulmana ed in particolare quella che fa riferimento alla Fratellanza musulmana che ogni giorno piccona la laicità dello Stato francese in tutte le maniere ed in ogni campo sociale e professionale. Ad esempio, l’annosa questione del velo islamico nei luoghi di lavoro e nelle scuole, il burkini sulle spiagge e nelle piscine, il menu halal nelle scuole decine di altre richieste. Senza dimenticare l’incessante richiesta di sempre più spazi per pregare nelle aziende pubbliche e private.
A proposito della scuola francese: oggi fare l’insegnante è uno dei mestieri più pericolosi che ci siano, visto che ogni volta che viene toccato il tema della laicità dello Stato i familiari degli alunni musulmani si recano nelle scuole per protestare e talvolta aggredire verbalmente gli insegnanti che vengono poi messi alla gogna sui social network con tanto di riferimenti personali (indirizzo e numero telefonico). A questo proposito non si può non citare la drammatica vicenda di Samuel Paty insegnante decapitato il 16 ottobre 2020 a Éragny, una cittadina francese della Val-d'Oise (Île-de-France) da Abdoullakh Abouyedovich Anzorov, diciottenne salafita ceceno, fomentato dai genitori degli allievi musulmani della scuola dove insegnava. La sua tragedia è raccontata da Stéphane Simon nel libro “Les derniers jours de Samuel Paty” (Ed. Plon).
La Francia che indipendentemente da chi l’ha governata negli ultimi trenta anni ha adottato la politica “della fermezza nel cedimento” in virtù delle «tre D» -Debolezza, Dottrina e Denaro- non ha fatto altro che consentire che l’Esagono diventasse sempre piu’ un paese nel quali i francesi non si riconoscono più e la continua edificazione di gigantesche moschee ovunque non fa altro che spaccare sempre di più la Francia. Quando non sono i politici a fare danni ci pensano i magistrati di provata fede progressista, vedi quelli del Consiglio di Stato ad abbattere gli ultimi bastioni di laicità della Francia.
Ora la Fratellanza musulmana ha messo nel mirino il calcio femminile tanto che il collettivo «Hijabeuses» ha intentato una causa affinché venga annullato l'Art. 1 della Federcalcio francese, oggetto del ricorso, che vieta di «indossare un segno qualsiasi o un abbigliamento apparentemente manifestando un'appartenenza religiosa».
Come riferisce questa mattina Le Figaro il ministro degli Interni Gérald Darmanin intervistato da RTL ha denunciato il rischio di «un fortissimo colpo di temperino contro il patto repubblicano se il giudice amministrativo riconsiderasse questo divieto. I campi sportivi sono senza dubbio gli ultimi luoghi dove la neutralità religiosa, politica e sindacale è quasi perfetta. Non devi indossare abiti religiosi quando fai sport». Poi ha proseguito affermando che «autorizzando l'uso dell'hijab, il Consiglio di Stato non manderebbe neanche un buon segnale per la libertà delle donne». Gérald Darmanin, tra i pochissimi politici francesi che hanno sempre combattuto senza ambiguità contro l’islam politico, ha ricordato che quando era deputato del Nord (UMP), nel lontano 2012, aveva anche presentato un disegno di legge «affinché ci sia neutralità sui campi sportivi».
Tra due tre settimane il verdetto del Consiglio di Stato ma comunque andrà a finire le «tre D» in Francia come in altri Paesi europei hanno già avuto il sopravvento. Proviamo almeno noi a non fare la stessa fine.