Gli svizzeri dicono si per nuovi caccia e missili
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Gli svizzeri dicono si per nuovi caccia e missili

Con il 51% passa il Si per i nuovi finanziamenti in campo di difesa

In Svizzera ha vinto il SI al programma Air 2030 per acquisizione di nuovi armamenti, decisione ottenuta dopo il referendum del 27 settembre (vedi l'articolo) con il 50,1% dei voti. Intanto il Dipartimento di Stato degli Usa ha autorizzato preventivamente la Confederazione all'acquisto del caccia congiunto F-35A e del Super Hornet F/A-18E/F. Tuttavia questo non è automaticamente segno che la Svizzera abbia deciso di acquistare il Lockheed Martin F-35 o il Boeing F/A-18, piuttosto l'annuncio suona come una mossa per assicurarsi che, se i jet venissero selezionati, non ci saranno ritardi nel consegnare i nuovi aeroplani. Il pacchetto F-35 ha un prezzo stimato di 6,58 miliardi di dollari, mentre gli F/A-18 sarebbero più costosi, 7,452 miliardi, ma entrambi supererebbero il budget stabilito e approvato da Berna di 6,5 miliardi. Inoltre gli Usa hanno preventivamente autorizzato la Svizzera all'acquisto del sistema di difesa aerea Patriot, del quale cinque batterie hanno un prezzo stimato di 2,2 miliardi di dollari. Oltre ai prodotti americani, e nel caso dello F-35 si tratterebbe di un aeroplano assemblato in Italia presso la Faco di Cameri, sono in fase di valutazione anche l'Eurofighter Typhoon e il Dassault Rafale, mentre è stata ritirata la candidatura del Saab Gripen. Ora tutti i fornitori devono rispettare la scadenza del 18 novembre prossimo per consegnare le proposte finali, mentre il governo elvetico si è riservato di valutarle fino al giugno 2021, quando prenderà la sua decisione.


Chissà che cosa sceglieranno di fare gli svizzeri in tema di difesa aerea domenica prossima, quando torneranno alle urne per un voto referendario popolare necessario per confermare o sospendere il programma Air 2030 approvato nel dicembre 2019 dalle Camere Federali.

La decisione sarà se sostituire o meno una trentina di vecchi caccia F-5E/F Tiger II e venticinque F/A-18A/B Hornet con un nuovo aeroplano e dotarsi anche di nuovi sistemi missilistici per la Difesa aerea, ovvero ordigni terra-aria. Se passerà il SI, i candidati a rimpiazzare le ormai vecchie glorie del cielo elvetico sarebbero lo Eurofighter Typhoon, il Rafale, gli F-35A oppure la nuova versione degli F/A-18E/F Super Hornet. Tra i missili la scelta sarà tra l'italo-francese Eurosam (Mbda e Thales) Samp-T, oppure per l'americano Patriot. Ci sono in gioco circa otto miliardi di franchi (circa 7,5 miliardi di euro), dei quali 2,3 per i missili, e quindi in caso passasse la linea degli F-35A e dei Samp-T per l'Italia sarebbe un evento positivo stante che facciamo parte di Mbda e che la Faco di Cameri (Novara) sarebbe la fabbrica di assemblaggio dei nuovi Lightning II svizzeri. Perché proprio quei due tipi di missili è presto detto: sono in grado di abbattere un aeroplano da guerra ma anche un altro missile, e questo ne estende le capacità rendendoli più flessibili nei confronti di un tipo di minaccia che si sta rivelando sempre più concreta. Quanto agli aeroplani invece, il territorio svizzero è tale per cui servono velivoli con alte capacità di manovra in poco spazio, e questo di fatto sfavorisce lo F-35A, concepito per attaccare senza essere visto penetrando le difese nemiche.

Ma il movimento che ha organizzato il referendum, capeggiato da Verdi, Socialisti e dal Gruppo per una Svizzera senza Esercito, vorrebbe l'annullamento del programma e quindi la rinuncia agli acquisti per la Difesa come accadde nel 2014, quando fu azzerata la commessa per una ventina di Saab Jas-39 Gripen, fornitura che sulla carta sarebbe la migliore per caratteristiche tecniche e prestazioni ma che difficilmente potrà tornare a essere considerata.

Ovviamente una scelta orientata alla produzione europea avrebbe ricadute positive in seno ai rapporti tra Svizzera e Unione Europea, mentre la preferenza per prodotti made in Usa porterebbe a una presa di posizione netta e indipendentista della Confederazione, anche se di sponda farebbe il gioco italiano. Ma proprio noi italiani da questa volontà elvetica possiamo trarre un'importante conferma: oggi è essenziale poter contare su una sistema di difesa aerea aggiornato, competitivo ed efficiente perché le minacce diventano sempre più numerose per tipologia e per probabilità. Si pensi soltanto alla presenza di armi russe in Libia, territorio che non impensierisce certo chi sta a Berna ma che invece dovrebbe preoccupare un po' di più Roma. La scelta svizzera sarà comunque un messaggio di indipendenza e un metro di credibilità nella possibile Difesa europea, che al momento non possiede ancora una sua identità, né una credibilità, ma neppure una dimensione, così come il risultato del referendum sarà anche importante per capire come la Confederazione vede l'attuale situazione della Nato, mai così debole come oggi. Posto che in caso di stop al programma Air 2030 i vecchi aeroplani e missili dovrebbero comunque essere aggiornati e tenuti in funzione, sostenere - come fanno i promotori del referendum per il no alle nuove armi – che acquistare nuovi velivoli e sistemi sia uno spreco di denaro è anacronistico, quando rappresenta invece un vero investimento per la sicurezza nazionale.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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