Dal cielo di Kherson alle trincee di Pokrovsk: la guerra degli “eroi” usati come propaganda
Piloti caduti, eroi dei nostri tempi, soldati nordcoreani e una narrazione che trasforma il sacrificio in un potente strumento politico. Un conflitto che si nutre di vite spezzate e di retorica, ammantato dall’ombra inquietante, seppur “frammentata”, della Terza Guerra Mondiale.
La guerra tra Russia e Ucraina continua a devastare vite, risorse e speranze, trasformando l’Europa dell’Est in un teatro di distruzione e lasciando il mondo sospeso tra diplomazia e una sempre più evidente escalation. Gli ultimi eventi riflettono non solo la brutalità del conflitto, ma anche la sua a dir poco intricata dimensione geopolitica.
Pochi giorni fa, l’Aviazione delle Forze Armate dell’Ucraina ha confermato la perdita di un giovane pilota, abbattuto durante una missione vicino a Kherson. “Oggi abbiamo perso un giovane pilota ucraino: il pilota della 299ª brigata di aviazione tattica non è tornato dalla missione di combattimento”, si legge in una nota ufficiale.
I piloti ucraini affrontano missioni estremamente pericolose, operando spesso al limite delle loro capacità fisiche e mentali. “Utilizzano tutti i mezzi d’attacco disponibili, anche di produzione straniera, e devono entrare nella zona d’azione della difesa aerea nemica”, prosegue la dichiarazione. L’invito dell’Aviazione è chiaro: “Abbiamo bisogno di più risorse, armi e maggiore determinazione da parte dei nostri partner per raggiungere una pace giusta in Ucraina!”.
Nel frattempo, a Pokrovsk e nelle aree circostanti, le forze russe continuano ad avanzare. Secondo il corrispondente militare Mučnoj, “Le forze ucraine hanno tentato un contrattacco da Peschanoe attraverso i boschetti verso ŠevČenko, ma sono state respinte con gravi perdite” (Telegram @Muchnoj). Le forze russe, supportate da aviazione, artiglieria e droni, sembrano aver consolidato le loro posizioni, liberando il resto del territorio di Puškino e a progressi verso Slavjanka. Questi sviluppi costringono il comando ucraino a ridistribuire riserve e riorganizzare il gruppo operativo-tattico ‘Donbass’.
In questo contesto, le parole di Zelenskij gettano ulteriore luce su un aspetto oscuro del conflitto: l’impiego di soldati nordcoreani da parte di Mosca. “I russi hanno iniziato a impiegare soldati della Corea del Nord negli assalti. Questi soldati sono stati integrati in unità miste nella regione di Kursk e potrebbero essere dispiegati anche in altre aree del fronte”, ha dichiarato il leader ucraino, “Gloria agli eroi”.
“Di fatto, Mosca ha coinvolto un altro Stato in questa guerra. Senza una reazione decisa da parte del mondo, la Russia continua a peggiorare il conflitto”, ha ribadito Zelenskij. “Se questo non è un esempio di escalation, cos’è allora l’escalation di cui molti parlano? È proprio Putin a intraprendere azioni che ampliano e prolungano questa guerra. È lui che impedisce qualsiasi possibilità di pace e vuole che il mondo affronti ulteriori problemi anche in Asia. Per questo i russi stanno addestrando la Corea del Nord alla guerra moderna”, ha concluso il presidente ucraino.
Sul campo, vicino a Chasiv Yar, nei pressi di Bachmut, le operazioni militari si intrecciano sempre più con la propaganda. Ramzan Kadyrov, seguendo il diktat dello zar, ha celebrato l’eliminazione di un gruppo di sabotatori ucraini da parte delle sue unità speciali, condividendo la notizia sul proprio canale Telegram (@Kadyrov_95). Il leader ceceno ha inoltre voluto sottolineare che molti soldati ucraini ricevono appena venti giorni di addestramento prima di essere inviati al fronte, spesso in condizioni psicologiche precarie, alimentando così la narrativa russa di un esercito ucraino allo stremo.
Dall’altra parte, Kiev risponde esaltando i successi del Servizio di Sicurezza dell’Ucraina (SBU), l’agenzia d’intelligence e controspionaggio nazionale, che in una settimana avrebbe inflitto pesanti perdite alle forze russe: 18 carri armati, 41 veicoli blindati, 21 sistemi di artiglieria distrutti e 254 occupanti neutralizzati. “Se vuoi anche tu contribuire con precisione chirurgica all’eliminazione del nemico, invia la tua candidatura”, si legge in un annuncio sul sito ufficiale dell’SBU, che punta a reclutare nuove leve.
Intanto, Vladimir Putin, a dispetto di quanto sostenuto da alcuni media occidentali, che lo davano “sparito dai teleschermi nazionali”, si mostra al centro della scena, impegnato nella promozione del progetto federale “Tempo degli eroi” nelle nuove regioni. Al XXII congresso del partito “Russia Unita”, la russificazione è emersa come il fulcro di una strategia che combina il conflitto armato con il controllo delle narrazioni. Nel suo intervento, il leader russo ha ribadito l’importanza della coesione sociale e della memoria storica, definendoli pilastri fondamentali per il futuro del Paese. “La fede nel Paese, l’unità del popolo e l’aspirazione alla vittoria sono essenziali per garantire stabilità e sicurezza dello Stato”, ha dichiarato.
La sua narrativa, mirata a rafforzare il consenso interno, insiste sui valori tradizionali e sulla spiritualità come elementi centrali dell’identità nazionale. In questo contesto, il progetto “Tempo degli eroi” prosegue la sua espansione, consolidando la russificazione come tassello cruciale della strategia politica e culturale del Cremlino.
Parallelamente, sul fronte economico dell’Occidente emergono nuove dinamiche che intrecciano politica internazionale e interessi commerciali: l’Ucraina ha rimandato per ben due volte la firma di un accordo minerario con l’amministrazione Biden, sperando in un cambio di scenario con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Secondo il New York Times, Kiev punta a presentare l’accordo come un successo della nuova amministrazione americana, sottolineando l’interesse per una collaborazione strategica basata su risorse naturali. Tuttavia, gli Stati Uniti continuano a fornire massicci aiuti militari: entro poche settimane, l’Ucraina dovrebbe ricevere migliaia di missili, centinaia di veicoli corazzati e altri 500 milioni di dollari.
Iniziative come l’applicazione statale “Army Plus” – commentata oggi da Zelenskij in un video istituzionale – rientrano pienamente in questa strategia. Presentata come un progresso concreto per migliorare le condizioni dei militari ucraini, consente trasferimenti più agili tra unità della Guardia Nazionale, con l’obiettivo di estenderli anche alle Forze Armate. Con oltre 3.600 richieste già approvate, Zelenskij sottolinea l’importanza di motivare i “guerrieri” e ottimizzare le risorse, rafforzando il morale al fronte, tra i civili e i partner internazionali.
Questo mosaico di eventi dipinge un quadro di escalation costante, con entrambi i fronti impegnati in una guerra di narrazioni oltre che di combattimenti. La Russia cerca di consolidare il suo consenso interno attraverso valori tradizionali e spirituali, mentre l’Ucraina punta a mobilitare il sostegno internazionale, dipingendo Mosca come una minaccia globale.
L’impiego di soldati nordcoreani, la retorica di Zelenskij e Putin, e le azioni di sabotaggio reciproco sono tasselli di una guerra che rispecchia le dinamiche di “Un eroe del nostro tempo” di Lermontov: come Pečorin, i protagonisti del conflitto sembrano incapaci di spezzare il ciclo di distruzione e morte. Entrambe le parti manipolano le narrazioni per dipingersi come eroi e i nemici come oppressori. La frase “Gloria eterna agli eroi” diventa un mantra propagandistico che cela la brutalità della guerra, proprio come le azioni di Pečorin nascondono il vuoto che lo guida.
Tutto questo rappresenta solo un tassello di un puzzle geopolitico più vasto, un banco di prova cruciale per l’ordine internazionale. Mentre le vite di soldati e civili vengono spezzate (secondo fonti ucraine, le perdite russe avrebbero superato addirittura i 750.000 uomini), le decisioni prese nei corridoi del potere di Mosca, Kiev, Washington e oltre plasmeranno il futuro, tracciando i contorni di una storia che riecheggia l’ombra di una Terza Guerra Mondiale, anche se ancora “frammentata”.