Hamas starebbe perdendo il controllo su alcuni gruppi terroristici minori presenti a Gaza.
Questi gruppi sono responsabili della detenzione di un numero non specificato di ostaggi sia vivi che morti.
Secondo il Jewish Chronicle, citando fonti militari israeliane, Hamas starebbe perdendo il controllo su alcuni gruppi terroristici minori presenti a Gaza. Il rapporto indica che alcune organizzazioni più piccole, come il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), le Brigate Mujahideen, le Brigate al-Nasser Salah al-Deen e le Brigate dei Martiri di al-Aqsa, si sono dissociate e non seguono più le direttive del leader di Hamas, Yahya Sinwar. Questi gruppi sono responsabili della detenzione di un numero non specificato di ostaggi sia vivi che morti. Secondo il Chronicle, si stima che 22 ostaggi ammanettati siano ancora vivi su un totale di 108 ancora presenti a Gaza, e siano utilizzati come scudi umani per proteggere Yahya Sinwar, il leader di Hamas. Israele avrebbe avuto diverse opportunità per eliminare il leader di Hamas , ma l'ordine non è mai stato dato per evitare rischi agli ostaggi che si trovano vicino a lui.
Secondo alcune fonti di sicurezza, i gruppi minori hanno pianificato per mesi un colpo di stato per assumere la leadership, a causa di forti disaccordi con Sinwar riguardo l'identità e il numero di prigionieri palestinesi da liberare in un possibile accordo sugli ostaggi. Mentre Sinwar insiste sul rilascio prioritario dei prigionieri di Hamas, questi gruppi chiedono che anche i loro prigionieri siano inclusi nella lista. Inoltre, affermano che non si debba fare concessioni a Israele, sostenendo che qualsiasi accordo debba includere la liberazione di tutti i terroristi dalle prigioni israeliane, inclusi i 1.236 condannati all'ergastolo per omicidio.
Si oppongono anche alla proposta di Israele di deportare i prigionieri che saranno liberati da Israele come parte dell'accordo dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania. Questo requisito è inaccettabile per Israele e sembra non essere ben visto nemmeno da Egitto e Qatar. L'atteggiamento rigido di questi gruppi minori, che si trovano nascosti all'interno di tunnel che vanno dal campo di al-Shati nel nord di Gaza fino ad ampie aree tra Khan Yunis e Rafah, ha irritato Sinwar, soprattutto dopo che i gruppi hanno seguito i suoi ordini il 7 ottobre, peggiorando ulteriormente i rapporti. Queste tensioni interne, seppur raramente riconosciute, hanno rappresentato un ostacolo significativo verso un accordo sugli ostaggi. A complicare la situazione c’è il fatto che Sinwar dipende dai prigionieri per la sua sicurezza personale.
Cosa vuole Yahya Sinwar
Le principali richieste di Sinwar sono la fine della guerra e il ritiro dell'IDF dall'intera Striscia di Gaza. Sta anche cercando garanzie americane che Israele non continuerà la guerra dopo che l'accordo sugli ostaggi sarà completato.Questa è una risposta ai ripetuti annunci pubblici del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, secondo cui la guerra sarà conclusa solo dopo la distruzione di Hamas e la liberazione degli ostaggi. Inoltre, Sinwar insiste affinché Israele gli prometta, con il sostegno della garanzia americana, di non ucciderlo una volta che avrà accettato di liberare gli ostaggi in suo possesso anche se sa benissimo che Israele non rinuncerà mai alla sua eliminazione.
Il Corridodio Filadelfia
Un altro punto critico nei recenti colloqui è la questione del corridoio di Filadelfia, una stretta striscia di terra tra Gaza e l'Egitto, attraversata dai tunnel utilizzati per il contrabbando. Per ripristinare il suo potere militare, Hamas ha urgente bisogno di riottenere il controllo di questo corridoio, che le permette di riprendere il contrabbando di armi, come avvenuto nei due decenni precedenti al 7 ottobre, con significative responsabilità da parte degli israeliani. Netanyahu si oppone fermamente, pur consapevole che questa posizione potrebbe compromettere l'accordo. Ciò avviene nonostante l'Egitto abbia promesso di installare strutture di sorveglianza sotterranee e costruire un muro di ferro per fermare il contrabbando, ma Israele rimane scettico riguardo alle promesse egiziane. Il corridoio di Filadelfia è stato istituito dopo il ritiro di Israele dal Sinai nel 1982, in seguito agli accordi di pace con l'Egitto. Si tratta di una striscia di terra lunga circa 15 chilometri e larga otto, che corre lungo il confine meridionale della Striscia di Gaza, dall'Israele fino al Mar Mediterraneo. Quando Hamas si consolidò come movimento di resistenza e poi come gruppo terroristico, riuscì a prendere il controllo della Striscia di Gaza nel 2007, dominando anche il contrabbando attraverso il corridoio di Filadelfia. La rotta del contrabbando andava dall'Iran, attraversando il Golfo Persico e il Mar Rosso, fino al Sinai, e da lì a Gaza, trasformando il corridoio in un canale ben organizzato per il traffico di armi, denaro e persone. Questo includeva razzi a lungo raggio, missili anticarro e antiaerei, e il trasferimento di esperti iraniani per addestrare i militanti di Hamas o inviare combattenti locali di Gaza all'estero per l'addestramento.
Yaya Sinwar vuol fare esplodere la Cisgiordania
Oggi, Israele controlla l'area per prevenire il passaggio di armi e altri materiali di contrabbando. I colloqui al Cairo sono ripresi, ma un accordo definitivo sembra ancora molto lontano. Fonti israeliane sostengono che Sinwar stia guadagnando tempo, ritardando le sue risposte nella speranza di una guerra regionale più ampia che potrebbe distogliere l'attenzione dell'Idf da Gaza. Nel frattempo, Hamas incoraggia l'attività terroristica in Cisgiordania per mettere ulteriormente sotto pressione l'esercito israeliano. Secondo l'intelligence israeliana, Sinwar ha incaricato Zaher Jabarin, liberato nel 2011 nell'ambito dello scambio di prigionieri per Gilad Shalit, di attivare i terroristi per distrarre ulteriormente l'Idf. Jabarin, che attualmente opera dalla Turchia, è considerato il principale finanziatore di Hamas e, secondo fonti israeliane, ha recentemente trasferito ingenti somme di denaro provenienti dall'Iran per alimentare il terrorismo in Cisgiordania e da qui l’operazione militare dell’Idf di mercoledi 28 agosto. Il tema dei finanziamenti ad Hamas è centrale; Non esistono garanzie che il Qatar che oggi si è calato nella parte del mediatore anche se continua a sostenere il gruppo jihadista, smetterà di finanziare l’organizzazione una volta terminato il conflitto. Cosi’ come resta un gigantesco punto interrogativo l’Iran che sua volta arma e finanzia Hamas, la Jihad islamica, gli Hezbollah, gli Huthi e le milizie filo iraniane in Siria e in Iraq.