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(Ansa)
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Rima Hassan e l'antisemitismo in Europa

Alla vigilia del ballottaggio parlamentare in Francia, Jean-Luc Mélenchon di La France Insoumise ha polarizzato lo scontro politico con la retorica "noi o loro"

Quando un leader divide il futuro politico di un Paese in «noi o loro», dietro si nasconde sempre un pericolo: quello della radicalizzazione dello scontro. In questo caso – siamo in Francia alla vigilia del ballottaggio per il rinnovo del Parlamento – il «noi o loro» lo ha pronunciato Jean-Luc Mélenchon, leader di La France Insoumise, partito emerso come punto di riferimento della gauche francese, in seguito alla profonda e prolungata crisi dei socialisti e, più in generale, delle sinistre europee.

Ebbene, quando lo stesso presidente Emmanuel Macron ha sciolto il parlamento dopo il deludente (per lui) voto europeo, pur di scongiurare una vittoria a valanga delle destre riunite nel Rassemblement National, Macron ha siglato (anche) con Mélenchon quel «patto di desistenza» o «patto repubblicano» volto a impedire ai sovranisti/populisti che si riconoscono in Marine Le Pen di ottenere la maggioranza assoluta.

Il problema è che poi il presidente francese ha esclusoun’alleanza con la sinistra radicale di Mélenchon: «Desistenza non significa coalizione». Concetto rincarato dal suo giovane e quasi ex premier, Gabriel Attal: «Tutto mi separa da La France Insoumise. Non farò mai un’alleanza con loro». Dunque, l’Eliseo vuole sì bloccare Marine Le Pen e la sua «pericolosa» coalizione di estrema destra, perché insufflata di ideologie pericolose come la fascinazione per il fascismo, il nazismo e il putinismo russo; però al tempo stesso deve guardarsi anche dagli altri radicali, quelli cioè di sinistra. Il motivo? Non sono meno insufflati di pericolose ideologie.

Anzi, destra e sinistra radicale convergono verso un grave, gravissimo punto d’incontro: l’odio per Israele e per gli ebrei.Omicidi di rappresentanti delle comunità ebraiche, violenze (anche sessuali) contro uomini e donne ebree, sinagoghe attaccate con le armi, tombe profanate e croci uncinate nei cimiteri ebraici,sfregi ai reduci della Shoah e stelle di David sui negozi, sono ormai la normalità in questo Paese.

Un’avversione, quella per gli ebrei, che in Francia sin dall’illuminismo ha pervaso anche il pensiero degli intellettuali e dei filosofi: «Non solo la destra nazionalista e fascistoide del caso Dreyfus, non solo i vigliacchi collaborazionisti del regime Vichy. Ad alimentare la fame della belva hanno contribuito anche figure della gauche socialista e repubblicana, con il benestare o addirittura con il sostegno attivo della popolazione» ha sintetizzato Daniele Beccaria dalle colonne del Dubbio, quotidiano d’informazione politico-giudiziaria del Consiglio Nazionale Forense.

Di certo, a destra come a sinistra, di esempi che confermano questa tesi ve ne sono fin troppi. Ci limiteremo qui a un casoesemplificativo: quello di Rima Hassan, al settimo posto nella lista mélenchonista per le europee. Mélenchon ha imbarcato lei e altri discutibili soggetti al fine di qualificare La France Insoumise come «il partito francese che offre sostegno incondizionato ai palestinesi». Una mossa che puntava e punta ad allargare il suo bacino di elettori, andando a pescare soprattutto tra l’elettorato musulmano, particolarmente numeroso e battagliero in Francia.

Ebbene, chi è Rima Hassan? Se su di lei Wikipedia fino a una settimana fa non aveva ancora una voce con questo nome, dopo che è stata eletta europarlamentare ha prontamente aggiornato la sua pagina. Intanto, è Panorama ad anticipare di chi si tratta: 31 anni, cresciuta nel campo di Neirab in Siria come profuga palestinese di una famiglia fuggita durante la Nakba del 1948, vive dall’età di 9 anni in Francia, dove ha studiato legge. Ha ottenuto la cittadinanza all’età di 18 anni e nel 2019 ha fondato il Refugee Camp Observatory, una Ong che censisce e studia i campi profughi in tutto il mondo, con particolare attenzione per quelli palestinesi, come ovvio.

Perché ci interessa? Perché già nel 2023, dopo i fatti del 7 ottobre, Rima Hassan è diventata un caso in Francia, in seguito a uno scandalo dovuto alle sue posizioni politiche contro gli ebrei: entrata a far parte del Consiglio consultivo su diversità, equità e inclusione del celebre marchio francese L’Oréal, era stata per questo selezionata da Forbes tra le «40 donne straordinarie che hanno segnato l’anno». Tuttavia, con l’avvicinarsi della cerimonia annuale, diverse personalità hanno iniziato a montare dubbi e a far circolare critiche severe su questa scelta, accusando Rima Hassandi essere un’antisemita e di sostenere apertamente il terrorismo di Hamas. In effetti, è stata la stessa Rima a confermare di ritenere «legittima l’azione che Hamas sta portando avanti», come ha dichiarato lei stessa durante una conferenza stampa dell’associazione Le Crayon. E a ribadire che a Gaza è in corso un «genocidio» (sic!). Tanto è bastato perché L’Oréal fosse costretta a licenziarla, lo scorso novembre.

A peggiorare la sua posizione è stato anche il fatto di accompagnarsi a personaggi controversi, come il deputato mélenchonista David Guiraud. Uno che, in relazione al massacro del 7 ottobre di Hamas, ha dichiarato cose del tipo: «Il bambino nel forno? È stato messo da Israele. La madre sventrata? È vero, ma è una cosa fatta da Israele». E pur tuttavia la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon non solo non ha censurato il deputatoGuiraud, ma ha premiato Hassan spedendola all’europarlamento, dove potrà continuare a sostenere le sue tesi su Israele e Hamas. È la prima europarlamentare francese di origine palestinese.

Secondo il presidente del Consiglio di rappresentanza delle istituzioni ebraiche di Francia (CRIF), Yonathan Arfi, Rima Hassan segue «l’agenda dei fondamentalisti di Hamas e ha giustificato gli abusi del 7 ottobre». Al contrario, per i suoi colleghi di partito lei «soffre una vera implacabilità da parte di organizzazioni e personalità filo-israeliane. Ciascuna delle sue posizioni scatena un torrente d’insulti e minacce. I soldati delle forze di occupazione coloniali sono arrivati al punto di iscrivere, in diverse occasioni, il suo cognome sulle bombe israeliane», dicono. A dimostrazione di ciò lo scorso 18 aprile, Rima Hassan e lo stesso segretario della France Insoumise Jean-Luc Mélenchon hanno ricevuto un’ordinanza prefettizia che vietava loro di partecipare a una conferenza prevista all’Università di Lille. Il che ha determinato una ancora maggiore esposizione mediatica della ragazza franco-palestinese, con il partito che ha dichiarato: «Crediamo ci sia una volontà da parte del governo di criminalizzare l’opposizione», denunciando «una deriva sempre più autoritaria» da parte dell’Eliseo.

Per quanto la riguarda, Rima non ritiene di avere «nulla da rimproverarmi, avendo sempre parlato in modo critico sia contro Hamas e il suo modus operandi terroristico sia contro Israele. A queste accuse diffamatorie rispondo affermando di volere semplicemente che tutti i palestinesi siano liberati da questa oppressione. Mi sento ancora bisognosa della mia identità palestinese, proprio perché sono nata in un luogo che mi ha impedito di esserlo: un campo profughi, Neirab in Siria. Il tutto per la semplice ragione: che Israele rifiuta e si oppone al diritto al ritorno dei palestinesi. Ritengo che in Palestina ci troviamo in un regime di apartheid».

Dunque, mentre i primi sondaggi dopo le desistenze in funzione anti-estrema destra vedono il Rassemblement National lontano dall’ottenere la maggioranza assoluta al ballottaggio di domenica prossima, è certo che la nuova assemblea parlamentare si riempirà di figure – tanto a destra come a sinistra – che hanno in odio Israele e gli ebrei, e non lo nascondono. Il che preoccupa ragionevolmente la comunità ebraica di Francia, considerata anche la quota crescente di immigrati di origine arabo-musulmana. Al punto che il rabbino capo di Parigi Moshe Sebbag si domanda: «C’è ancora futuro per gli ebrei in Francia?».

Una domanda che, in Italia, ha sollevato anche la Senatrice a vita e testimone dell’olocausto Liliana Segre: «Io l'ho inteso tutta la vita questo antisemitismo: celato, nascosto, non era il momento. Ma l’antisemitismo c'è sempre stato. E questa [riferito ai fatti del 7 ottobre, ndr] è stata l’occasione perfetta per spararlo a tutti gli effetti e in tutti gli ambienti».

Ecco il clima politico che si respira in Francia e in Italia oggi, ovvero nei due Paesi centrali per le sorti dell’Unione Europea. Omettiamo la Germania perché, per ragioni e colpe storiche, approccia la questione in maniera necessariamente diversa. Basteranno, dunque, i distinguo di Giorgia Meloni in Italia e le coalizioni anti-lepeniste a evitare una deriva antisemita nel cuore d’Europa nel prossimo futuro? Il dubbio è lecito, la preoccupazione reale.

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Luciano Tirinnanzi