Cavi web subacquei sabotati, sospetti sull’Iran in aiuto agli Houthi
I ribelli hanno messo in atto il sabotaggio annunciato, forse non da soli. Ecco quali rischi corre l'Italia e l'Europa se la guerra si estende ai fondali marini
I ribelli Houthi lo avevano annunciato mesi fa, come già avevamo riportato su Panorama, ma ora pare proprio che abbiano agito, probabilmente non da soli. Almeno 15 cavi sottomarini per la distribuzione dei segnali web che attraversano lo stretto di Bab al-Mandeb, all’estremità meridionale del Mar Rosso, sarebbero stati danneggiati tra domenica e lunedì scorsi. Lo specchio d’acqua in questione è largo soltanto 26 km in alcuni punti, il fondale è relativamente basso e lo Yemen si affaccia sulla sponda settentrionale dello stretto.
Le prime segnalazioni sono emerse ieri mattina, con la notizia riportata dalla testata israeliana Globes che ha affermato che quattro cavi (chiamati EIG, AAE-1, Seacom e TGN-EA) avevano subito danni. Secondo quanto riferito, la società Seacom che li gestisce ha confermato il danno a un cavo che opera su un tratto tra Kenya ed Egitto. “La posizione della rottura del cavo è significativa a causa della sua sensibilità geopolitica e delle tensioni in corso, che lo rendono un ambiente difficile per le operazioni di manutenzione e riparazione”, ha dichiarato il portavoce della compagnia, specificando: “Il team sta attualmente lavorando sulle tempistiche di ripristino e comunicherà questi piani ai nostri clienti.”
La società di monitoraggio Internet NetBlocks ha affermato lunedì 26 febbraio che l'accesso a Internet presso Gibuti, la nazione africana sulla sponda meridionale dello stretto di Bab al-Mandeb, ha subito un'interruzione domenica e lunedì. Anche i membri di una mailing list che copre le interruzioni di Internet hanno affermato di aver riscontrato problemi con i cavi che attraversano il Mar Rosso, ma i rapporti sulla lista contestano anche la tempistica dell'incidente, sottolineando che uno dei cavi menzionati nella copertura delle interruzioni, lo EIG, sarebbe però inattivo già da alcune settimane.
La domanda da porsi è però un’altra, ovvero se gli Houthi hanno veramente i mezzi per poter eseguire operazioni così complesse. Secondo il contrammiraglio britannico John Gower, ex comandante di sottomarini della Royal Navy, i ribelli yemeniti devono essere aiutati da un complice che disponga almeno di sommergibili o di unità addestrate per operare sott’acqua. Non a caso all’inizio di febbraio l’alto ufficiale inglese aveva dichiarato all’emittente Bbc che per localizzare i cavi con precisione ci sarebbe voluta la complicità di una forza militare, come per esempio quella iraniana. Ma aveva anche detto che, secondo lui e altri militari, la minaccia degli Houthi ai cavidotti era un bluff. Tuttavia, per ora Globes ha affermato che il danno sarebbe “significativo, ma non critico”, perché molti altri cavi sottomarini servono la stessa regione garantendo i collegamenti. Seacom ha invece già rassicurato i clienti di aver dirottato il traffico su altre direttrici.
Ora sarà necessario predisporre un’azione di ripristino, ma sebbene le navi equipaggiate per la riparazione di questi cavi siano presenti nell’area in un buon numero, esse vengono prenotate con largo anticipo, quindi trovarne una pronta per l’operazione in tempi brevi non è sempre possibile. Né brevi sono queste riparazioni, poiché ci vuole tempo per trovare e recuperare un segmento danneggiato e ricollegarlo. Inoltre, le operazioni potrebbero essere complicate dalle tensioni esistenti nella zona, poiché gli Houthi continuano ad attaccare le navi in transito nel Mar Rosso e dunque chi interverrà dovrà essere protetto da forze militari.
Per l’Italia quanto accade deve suonare come un campanello d’allarme, poiché il fondale del Mediterraneo è percorso da centinaia di cavidotti per le telecomunicazioni e le infrastrutture sottomarine sono spesso minacciate durante i conflitti e le tensioni internazionali. Proprio la scorsa settimana la Commissione Europea ha affermato che la sicurezza dei cavi sottomarini deve essere migliorata, affermando che queste infrastrutture sono vulnerabili e preziose, chiedendo pertanto alle nazioni appartenenti all'Unione di considerarne lo status di strutture dalla massima importanza possibile”. La fragilità delle reti subacquee è particolarmente evidente: delle condutture si conosce pubblicamente ogni posizione per ragioni di sicurezza della navigazione, ovvero ne viene segnalata la presenza senza restrizioni per evitare che le navi posino le ancore in corrispondenza dei cavi, agganciandoli e quindi creando danni. Ma le stesse informazioni, evidentemente, vengono utilizzate da chi vuole sabotarli.