Il paradosso delle sanzioni: l’Occidente arma la Russia?
Da Orešnik a fucili e chip: come le tecnologie occidentali potenziano l’arsenale di Mosca aggirando i divieti grazie alle triangolazioni
La guerra in Ucraina ha messo in evidenza le contraddizioni e le vulnerabilità dell’industria militare russa. Nonostante le sanzioni internazionali imposte dal 2014 e rafforzate dopo l’invasione del 2022, Mosca continua a produrre armamenti avanzati grazie a tecnologie occidentali, sfruttando mercati paralleli e triangolazioni per aggirare i controlli.
Un caso esemplare è il missile balistico Orešnik, utilizzato per la prima volta contro Dnipro il 21 novembre 2024. Questa sofisticata arma è realizzata con il supporto di macchinari tedeschi e giapponesi, come rivelato da un’indagine del Financial Times. Aziende come Siemens, Fanuc e Heidenhain hanno fornito tecnologie critiche per la sua produzione, evidenziando la dipendenza della Russia da strumenti occidentali. Un video del 2024, pubblicato dalla compagnia russa Titan Barricades, mostra un tecnico al lavoro su un macchinario CNC (Computer Numerical Control) Fanuc, confermando l’impiego di tali tecnologie nei processi produttivi russi. Indagini condotte da Meduzae The Insider hanno ulteriormente verificato questo utilizzo.
Gli istituti coinvolti nello sviluppo dell’Orešnik, come il MoscowInstitute of Thermal Technology (MITT) e il consorzio Sozvezdie, hanno pubblicato annunci di lavoro nel 2024 esplicitamente richiedenti competenze su sistemi CNC forniti da aziende occidentali. Anche il consorzio Stan, ufficialmente incaricato di promuovere tecnologie nazionali, ha ammesso l’utilizzo di macchinari importati. Alla fiera Metalloobrabotka2024, è stato inoltre confermato che molti macchinari cinesi integrano componenti occidentali, come i sistemi TNC640 di Heidenhain, fondamentali per la produzione di missili.
Cofactr, azienda specializzata nella gestione delle catene di approvvigionamento, ha mappato una rete globale complessa che consente alla Russia di accedere a semiconduttori e componenti tecnologici attraverso triangolazioni con Paesi come Cina e Hong Kong. Le analisi mostrano come Mosca utilizzi canali sia ufficiali che non ufficiali per bypassare le sanzioni, rivelando una dipendenza strutturale della Russia da tecnologie avanzate straniere.
I registri doganali analizzati dal Financial Timesrivelano che, dall’inizio del 2024, la Russia ha importato componenti CNC per un valore di oltre 3 milioni di dollari, spesso tramite intermediari cinesi. Tra queste importazioni spicca una macchina CNC da 345.000 dollari consegnata alla BalticIndustrial Company, soggetta a sanzioni dagli Stati Uniti. Parallelamente, un’analisi della Scuola di Economia di Kiev ha evidenziato che, nel 2023, la Russia ha acquistato chip americani ed europei per un miliardo di dollari, con il 60% di alcuni componenti fornito dalla società cinese SunnyTechnology. Tuttavia, un’inchiesta di Bloomberg ha rivelato che Sunny Technology utilizza indirizzi falsi a Hong Kong, rendendo difficile la tracciabilità delle sue operazioni.
Sebbene le aziende cinesi rappresentino i principali fornitori, le indagini sul campo hanno dimostrato che le munizioni russe contengono chip avanzati di produttori americani, come Analog Devices (21% dei 3.871 componenti analizzati) e Texas Instruments (14%). Nel 2022, la Russia ha acquistato chip Analog per un valore di 326 milioni di dollari, aggirando le restrizioni. Anche le armi leggere occidentali continuano a essere utilizzate dai militari russi: il gruppo Beretta, per esempio, è stato indirettamente coinvolto nella distribuzione di fucili in Russia. Secondo IrpiMedia, dal 2022, oltre 6.254 fucili e 1.107.600 cartucce, prodotti da aziende italiane o controllate da Beretta, sono giunti in Russia tramite triangolazioni con Paesi come Armenia, Kazakistan e Kirghizistan.
Questo traffico indiretto, ufficialmente destinato a Paesi limitrofi, è supportato dai dati di UN Comtrade, che evidenziano un aumento significativo delle esportazioni italiane di fucili verso l’Armenia nel periodo 2020-2024. Un’indagine congiunta condotta da The Insider eInvestigace.cz ha rilevato che molte di queste armi sono state utilizzate in competizioni militari russe, come quella svoltasi lo scorso settembre al poligono di Angarsk, in Crimea, dove i cecchini russi hanno impiegato fucili Beretta per le loro superiori prestazioni rispetto alle alternative domestiche.
Stando a quanto è riportato dal Financial Times, le sanzioni internazionali hanno avuto un’efficacia limitata. Sebbene riducano i rapporti commerciali diretti, non riescono a bloccare i flussi di tecnologia e armamenti, consentendo a Mosca di aggirare i divieti attraverso reti globali di intermediari. Questa strategia, pur garantendo approvvigionamenti, aumenta i costi e allunga i tempi di produzione, mettendo in evidenza la vulnerabilità strutturale dell’economia russa.
Come si può dunque ostacolare il riarmo russo? Ovviamente, contrastare questa dinamica richiederebbe un coordinamento internazionale più efficace, l’implementazione di controlli stringenti e un’intensificazione della pressione diplomatica sui Paesi che, indirettamente, agevolano Mosca. Solo attraverso un’azione concertata si potrà limitare l’efficienza della macchina bellica russa e proteggere l’integrità del regime sanzionatorio globale.
Il punto è che, nonostante la capacità della Russia di adattarsi alle sanzioni occidentali, la sua economia evidenzia una crescente dipendenza dai mercati paralleli per sostenere l’industria tecnologica e militare. Dati di agosto 2024 rivelano che i distributori ufficiali disponevano di circa 86.000 componenti elettronici, mentre i fornitori non autorizzati offrivano oltre 4 milioni di unità. Questo squilibrio dimostra l’importanza cruciale dei mercati paralleli nel superare le limitazioni imposte dalle sanzioni.
In un panorama geopolitico già fragile, questa situazione rende ancora più urgente un intervento coordinato a livello internazionale per rafforzare i controlli e combattere queste pratiche elusive. Ogni ritardo nell’azione non solo rischia di esacerbare le tensioni globali, ma potrebbe anche compromettere la credibilità dell’intero sistema di sicurezza internazionale.