L'ipocrisia della «Verde» Germania che spegne il nucleare ed abbraccia il carbone
La “verde” Germania stacca le centrali nucleari dalla rete, ma il suo atomo ormai fornisce soltanto il 5% dell'energia nazionale. Il carbone, almeno fino a fine decennio, o si dovrà comprare energia da Belgio e Francia
Sabato 15 aprile i tedeschi staccheranno dalla rete di distribuzione dell'energia elettrica l'ultima delle loro centrali nucleari. In tempi incerti come questi si potrebbe pensare a una cecità idealista, ma è bene ricordare che in Germania il nucleare ormai costituisce meno del 5% delle fonti energetiche, e dunque almeno per il momento neppure se ne accorgeranno. Durante il fine settimana avverrà quindi quanto deciso dal governo di Angela Merkel nel 2011 dopo l'incidente di Fukushima. Una decisione certamente di pancia come fu quella sciagurata dell'Italia nel 1986 all'indomani della tragedia di Chernobyl, ma si sa che certe decisioni sono figlie di sentimenti e opportunità più che del raziocinio, e questo ultimamente vale per l'atomo quanto per i motori endotermici e per gli orsi.
La scadenza fissata dalla Merkel era quella del 31 dicembre 2022 e dopo il rinvio ottenuto lo scorso anno a causa dello scoppio della guerra in Ucraina, nei giorni scorsi il governo di Olaf Scholz aveva negato un ulteriore allungamento del servizio e così i reattori Isar II di Essenbach, Emsland e Neckarwestheim verranno disconnessi dalla rete. Rimangono invece attivi i generatori che funzionano a carbone, e questo dimostra che il Paese che ci ha costretti a rinunciare ai motori diesel, che ora spinge per i carburanti sintetici, che rinuncia al nucleare ma annerisce di fuliggine l'Europa ha un po' le idee confuse. Vero è che alle fonti rinnovabili in Germania si pensa da decenni, ma è anche vero che è impossibile fare paragoni con l'Italia, stante che il loro mare non è certo quello della Sardegna né hanno le Alpi a fermare i venti atlantici, oltre che essere posizionati qualche decina di gradi di latitudine più a nord di noi (Berlino è poco oltre 52° Nord mentre Milano poco oltre i 45°, praticamente a metà strada tra l'equatore, 0°, e il polo Nord, 84°). Tutte cose che i nostrani paladini dei generatori eolici guarda caso dimenticano.
Certo, dalle loro parti intendono usare più l'idrogeno, cosa che in parte possiamo fare anche noi, che però non stiamo ampliando la rete autostradale e le linee ferroviarie al ritmo deciso da Berlino, insieme con il traguardo di alimentare ogni impianti di riscaldamento con almeno il 65% di energia ricavata da fonti pulite entro il prossimo anno. Ma i tedeschi hanno molta fiducia nei risultati dello stress test che il loro governo aveva commissionato ai gestori energetici nell'estate 2022, che aveva mostrato una buona tenuta della rete nazionale anche senza quel 5% di gigawattora che proveniva dall'atomo. Così il ministero dell'ambiente germanico (Bmuv), responsabile anche della sicurezza nucleare, ha confermato a fine marzo che “la produzione di energia nucleare sarebbe terminata alla data prevista, garantendo che ciò non influirà sulla sicurezza dell'approvvigionamento energetico del Paese anche nell'inverno 2023/2024. Tuttavia, ha aggiunto che lo smantellamento dei reattori e la decisione su un deposito finale per i rifiuti radioattivi sono compiti impegnativi che probabilmente richiederanno diversi decenni per essere completati, mentre i numerosi reattori obsoleti in funzione nei paesi vicini continuano a rappresentare un grave rischio per la sicurezza della Germania e per l'Europa nel suo insieme.” Come al solito mostrando che a comandare in Europa devono essere loro, a quale titolo ovviamente ci sfugge, ma basti dire che in Germania il movimento antinucleare non ha portato alla costruzione di nuovi reattori commerciali dopo il 1989. Ovvero, la Germania chiude i suoi impianti perché oggettivamente sono vecchi, mentre riguardo al carbone, dalla decisione del 2000 di eliminare gradualmente il nucleare, la quota di energia elettrica prodotta con il fossile è scesa dal 43% nel 2011, quando 7 centrali nucleari sono state disattivate, fino al 23,4%. E dal 2007 in poi non sono state pianificate né costruiti nuove centrali a carbone. Ma resta l'unico modo non dipendente dalle rinnovabili che consente a Berlino una minima autonomia energetica, e il governo vuole porre fine al carbone entro il 2030 vincendo un radicato sistema culturale che vede la sua estrazione presente sul territorio da oltre duecento anni. Ora Scholz riconosce che saranno necessarie diverse centrali a gas naturale definite “flessibili” e predisposte per l'idrogeno per far funzionare un sistema energetico stabile, poiché entro il 2030 perderà 21 gigawatt dalla lignite e altri 25 dal carbon fossile, come ha calcolato l'istituto di ricerca Ewi. La Germania dovrà quindi essere più interconnessa con i paesi vicini per rifornirsi di energia in tempi di bonaccia o meteo nuvoloso, comprando da fonti nucleari in Francia e Belgio. E bisognerà vedere se sulle bollette tedesca non finiscano i 2,2 miliardi di euro previsti per i costi di smantellamento dei reattori e delle infrastrutture che domani saranno messe su “Off”.