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Migranti: la rotta balcanica risveglia la sinistra

Via terra l’arrivo dei migranti non conosce tregua. Passando da Friuli, Veneto e Lombardia, l’impatto sulle città è devastante. E adesso anche gli amministratori (dem) chiedono di fermarli.

Rashid è in ciabatte e Abdallah ha in mano un paio di stivali per la pioggia appena consegnati dal personale del campo di accoglienza di Lipa, in Bosnia, finanziato dall’Unione europea e circondato dalla neve. «Siamo partiti due anni fa dal Marocco e abbiamo percorso la rotta balcanica» spiegano i giovanotti che sono venuti a godersi il sole al di fuori del campo. Poi aggiungono con un sorriso radioso: «Se Allah vuole arriveremo in Italia, a Venezia», che indicano sul cellulare grazie a Google Maps.

A Lipa si rifocillano e hanno un giaciglio assicurato con tre pasti al giorno oltre a indumenti pesanti e scarpe per l’inverno. Così possono tentare «the game», il «gioco», come lo chiamano, l’ultima tappa della rotta balcanica fino a Trieste attraversando illegalmente il confine croato e sloveno. Dal campo recintato di container abitativi bianchi, che si trova in mezzo ai boschi nel nord ovest della Bosnia, possono entrare e uscire quando vogliono salendo su uno dei taxi, autorizzati, che attendono i migranti per portarli verso il confine.

Da gennaio a metà novembre sono stati rintracciati dalle forze dell’ordine in Friuli-Venezia Giulia 8.800 irregolari provenienti dalla Bosnia, metà rispetto allo scorso anno. Una fonte di Panorama che monitora il traffico nel cantone di Bihac spiega che «gli illegali fuori dai radar possono essere anche il 50 per cento in più». I «fantasmi» rispuntano lungo l’asse dell’autostrada A4 da Trieste fino al capoluogo lombardo. Per questo gli assessori competenti di Milano, Brescia, Bergamo, Monza, Verona, Vicenza, Padova, Venezia e Udine hanno firmato una lettera-appello inviata a tutti i parlamentari. «La rotta balcanica non ha un suo porto e non è caratterizzata dalle immagini sconvolgenti di centinaia di persone appese al destino di una nave, ma non per questo è meno tragica e meno impattante sul territorio nazionale» scrivono gli amministratori. La novità è che a parte il capoluogo veneto sono tutte città guidate dal centrosinistra.

«Da anni assistiamo a un aumento delle persone che, attraversando il confine triestino, si riversano poi nelle nostre città» scrivono. «Ci preme dunque sollevare l’attenzione sulla necessità di rafforzare la presa in carico della rotta balcanica, unendo le forze istituzionali e offrendo una risposta strutturata per questo tipo di richiedenti asilo che attualmente affollano i nostri uffici e - purtroppo - le nostre strade».

L’idea è partita da Padova, con una giunta comunale che ha sempre difeso le porte aperte. «L’appello bipartisan è positivo in un Paese che ha scelto l’approccio ideologico anziché pragmatico: da una parte accogliamoli tutti e dall’altra fuori tutti» spiega a Panorama l’assessore alla coesione sociale del Comune di Venezia, Simone Venturini. «Siamo tutti concentrati sul fronte del mare dimenticando che esiste un’altra via d’accesso irregolare, la rotta balcanica». Quei migranti «sembrano dei fantasmi per lo Stato, salvo quando si avvicinano alle amministrazione locali - fa notare l’assessore. «Le città del Nord, però, sono direttamente toccate con quell’humus “borderline” attorno a stazioni o quartieri trasformati in bivacchi, che rappresenta un aspetto importante di illegalità». A Udine, il sindaco di centrosinistra Alberto Felice De Toni solleva il problema dei minori stranieri non accompagnati in arrivo dalla rotta o da Albania e Kosovo. «La maggioranza ha 17 anni e mezzo» spiega. «La prassi della radiografia del polso per accertare l’età risulta complicata e spesso si lascia perdere. Il risultato è che sono in aumento i casi di minori che magari sono già maggiorenni. Bisognerebbe mettere mano alla normativa». La legge, molto dibattuta, porta il nome della senatrice Sandra Zampa, ex vicepresidente del Pd.

L’appello dei sindaci dell’A4 sulla rotta balcanica è stato citato dalla deputata dem Rachele Scarpa, che rivolgendosi al governo ha dichiarato: «Il loro grido d’aiuto sia ascoltato, sono numeri che si fatica a intercettare e censire perché manca una regia nazionale. Fingere di non vedere non riduce il fenomeno». Scarpa è un’estremista dell’accoglienza, che il 10 dicembre ha aderito al convegno organizzato dalla Cgil a Roma per presentare un rapporto sui Centri di permanenza per i rimpatri. L’obiettivo è sollecitare le forze di opposizione «della necessità di chiudere l’infinita e fallimentare stagione della detenzione amministrativa (nei Cpr, ndr) e del diritto speciale per gli stranieri». Scarpa, come membro del Gruppo di Contatto sull’immigrazione dei parlamentari, il 17 ottobre era in delegazione in Albania per visitare e chiedere a gran voce la chiusura dei centri di Shëngjin e Gjadër. L’ex prima cittadina di Monfalcone, europarlamentare leghista, la pensa all’opposto. Dopo una missione in Bosnia ha indirizzato, il 5 dicembre, una lettera di denuncia al Commissario europeo austriaco, Magnus Brunner, per gli Affari interni e le migrazioni.

«Le scrivo per portare alla Sua attenzione una situazione gravissima che riguarda la gestione dei flussi migratori sulla rotta balcanica» recita la missiva. «Per toccare con mano la realtà, mi sono recata a Bihac e ho visitato il campo di Lipa, una struttura finanziata con fondi dei contribuenti europei. Quello che ho visto è inaccettabile: un centro che, invece di arginare e scoraggiare il fenomeno, si è trasformato in una base logistica per chi intende attraversare illegalmente le nostre frontiere esterne».

Alì, un ragazzino che viene dall’Afghanistan, svela il prezzo per l’ultimo tratto della rotta balcanica dal cantone Una Sana di Bihac: «Mio fratello che ha tre ristoranti a Londra paga i trafficanti tremila euro per farmi passare il confine con la Croazia, prima a piedi e poi ci saranno delle macchine». Dal campo di Lipa escono con zaini e giubbotti pesanti quattro congolesi: «Il gioco, il gioco... stiamo partendo adesso per l’Italia».

Uno di loro -ammette di averci già provato quattro volte, ma i croati lo hanno rispedito indietro in malo modo. Ben attrezzati, grazie al punto d’appoggio di Lipa, finanziato dalla Ue, hanno i tragitti, indicati dai trafficanti via Google map, sui telefonini. Il gruppetto sale su un taxi e il più grosso alza il pollice verso l’alto per ribadire che questa volta arriveranno a Trieste.

I dati ufficiali indicano che dall’inizio dell’anno sono stati registrati in Bosnia 22.363 migranti e a Lipa risultano passati 11.920. Negli ultimi sei anni sono stati 169.749, quasi tutti giunti illegalmente in Europa attraverso la rotta balcanica. Alla sera, nel centro desolato di Bihac, spuntano i «facilitatori», ognuno per etnia. Il maghrebino, il pachistano e l’africano incollati al telefonino per coordinare movimenti e passaggi dei migranti. L’Osa, l’Agenzia d’intelligence e sicurezza della Bosnia-Erzegovina, ha monitorato il traffico di esseri umani. Grazie ai cellulari dei migranti e al tracciamento dei soldi è stata individuata una «rete di cittadini italiani e anche tedeschi in Germania, con origini straniere, che gestiscono il traffico lungo la rotta balcanica». Frontex, fino ad ottobre, aveva segnalato solo 17 mila migranti, un crollo del 79 per cento rispetto al 2023. Dato confortante, ma i «fantasmi» della rotta balcanica poi arrivano fino alle città dell’A4.

«Il tema è complesso e va risolto mettendosi tutti attorno a un tavolo con il ministero dell’Interno» osserva il primo cittadino di Udine. «Ci vuole collaborazione e professionalità. È molto difficile per chi si trova a gestirlo direttamente come noi sindaci in prima linea». n © riproduzione riservata

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Fausto Biloslavo