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Missili su Israele dall'Iran e dal Libano. È guerra

Poco prima dell'attacco missilistico a Jaffa i terroristi di Hamas hanno ucciso otto civili israeliani. L'esperta americana Irina Tsukerman: «Le relazioni dell'Iran con il mondo arabo sono state a lungo precarie e complesse, ma i recenti avvenimenti hanno reso Teheran uno zimbello nelle strade arabe e dietro le quinte del governo»

Questa sera, intorno alle 18.30 ora italiana, su Israele sono arrivati più di 200 tra missili balistici, missili da crociera e droni che avevano come obiettivi tre basi dell'aeronautica e un quartier generale dell'intelligence a nord di Tel Aviv, che nel frattempo il personale ha abbandonato. L’attacco è stato lanciato in coordinazione tra l’Iran e Hezbollah, che mirava a intasare il sistema di intercettazione Iron Dome (Cupola di Ferro), che fino a oggi ha protetto Israele dai suoi nemici. Anche Hamas ha avuto il suo ruolo, perché poco prima degli attacchi almeno due terroristi, uno dei quali è stato visto armato di fucile d'assalto, hanno compiuto un vile attacco terroristico a colpi di arma da fuoco a Giaffa (Israele). Le immagini mostrano i terroristi che escono dalla metropolitana, e uno di loro si vede mentre apre il fuoco sul corpo di un uomo che è a terra. Secondo le prime notizie diffuse dai media israeliani, nell'attacco sono morte almeno otto persone e ci sono 10 feriti, di cui due in gravi condizioni. L’Iran ha quindi fatto la sua mossa, pur sapendo che Usa e Israele hanno avvisato che «in caso di attacco diretto a Israele da parte dell’Iran ci saranno conseguenze gravissime». È evidente che la morte del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, è stata un colpo durissimo, al quale la Repubblica islamica vuole rispondere anche per mostrare al mondo arabo che è ancora in grado di attaccare l’odiato nemico rappresentato dallo Stato di Israele. Non c’è dubbio che i continui rovesci militari e gli omicidi dei capi di Hamas e Hezbollah hanno minato la reputazione dell’Iran anche nel mondo arabo. Di questo parliamo con l’analista americana Irina Tsukerman: «Le relazioni dell'Iran con il mondo arabo sono state a lungo precarie e complesse, ma i recenti avvenimenti hanno reso Teheran uno zimbello nelle strade arabe e dietro le quinte del governo. Non solo l'Iran ha oppresso la propria popolazione araba ad Ahwaz - un ex emirato che è diventato noto come provincia del Khuzestan dopo l'annessione forzata nel 1925, quando la dinastia Pahlavi, con l'appoggio britannico, salì al trono - ma i suoi miliziani hanno sfruttato le risorse naturali e razziato i tesori di diversi Paesi arabi, tra cui il Libano, un tempo noto come la Parigi del Medio Oriente, la Siria, dove il brutale regime di Assad ha ricevuto l'appoggio iraniano e ha portato al massacro di oltre mezzo milione di civili nella guerra civile, lo Yemen, balcanizzato dalla rivolta del partito radicalizzato Ansar Allah guidato dalla famiglia Houthi e dalle sue reti, e naturalmente l'Iraq, dove le milizie sciite hanno creato uno Stato di sicurezza parallelo, riducendo il governo di Baghdad a un fantoccio. La devastante, ideologicamente estrema ed economicamente punitiva conquista del Medio Oriente da parte dell'Iran ha un fine religioso: l'obiettivo è affermare l'autorità della Repubblica islamica in tutto il mondo musulmano, assumendo il controllo delle Due Sante Moschee in Arabia Saudita e soppiantando il Regno come sede dell'autorità religiosa nella regione e oltre».

Fino a dove si è estesa l’ingerenza dell’Iran negli affari arabi?

«Si è estesa oltre i diversi Stati che ha essenzialmente colonizzato ed è proseguita con un tentativo di colpo di Stato legato a Hezbollah contro la monarchia del Bahrein durante la Primavera araba e con i continui sforzi per coltivare i disordini da allora, nonché con un'ingerenza simile nelle province orientali dell'Arabia Saudita, dominate dagli sciiti, e con l'attività di lobby politica negli Emirati Arabi Uniti. Basti pensare che il regime di Teheran, che guarda con disprezzo alla cultura araba ed è noto per le conversioni forzate e le discriminazioni nei confronti dei sunniti, non è ben visto dagli Stati arabi e si è persino attirato l'avversione di alcuni segmenti sciiti in Libano e altrove, man mano che la corruzione di Hezbollah e delle milizie irachene diventava sempre più evidente, impoverendo e destabilizzando anche la base apparente di questi movimenti. La fragilità di Hezbollah, la penetrazione dell'Iran da parte dell'intelligence israeliana, l'assassinio sfacciato del defunto capo dell'Ufficio politico di Hamas, Haniyeh, e le vuote vanterie degli ayatollah di una forte risposta a Israele sono accolte con disprezzo e scherno sui social media arabi, senza dubbio riflettendo lo stato d'animo popolare dei cittadini colpiti dalla brutale povertà dell'Asse della Resistenza, e senza dubbio con il tacito sostegno di almeno alcuni governi e fazioni governative dei Paesi arabi. Gli abusi dell'Iran nei confronti di vari segmenti della popolazione di questi Paesi gli hanno fatto guadagnare molti nemici; le violazioni dei diritti umani, i furti veri e propri e l'oppressione diffusa hanno contribuito al crescente risentimento. L'Iran non ha amici. Anche se il mondo arabo ha problemi con Israele per la questione palestinese e grazie a decenni di capri espiatori di cui sarà difficile disfarsi rapidamente, la posizione egemonica della Repubblica islamica non le ha portato alcun sostegno valido nel momento del bisogno. L'Iran viene giustamente incolpato e deriso per i suoi fallimenti e per la sua debolezza, che è l'unico peccato imperdonabile in Medio Oriente».

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Stefano Piazza