I nuovi paradisi degli oligarchi russi
In Arabia Saudita, Emirati Arabi, Maldive e a Kaliningrad i beni dei miliardari russi non sono congelati o soggetti a sanzioni. Ecco perché
Il 60% dei beni degli oligarchi russi si trova fuori dalla Russia. A spanne si parla di un trilione di dollari e capire dove questi beni fisicamente siano e se sia possibile congelarli o renderli inutilizzabili è la sfida delle potenze internazionali per chiudere i rubinetti alla guerra di Putin.
Se Europa, Inghilterra e Stati Uniti hanno prima mappato e poi congelato gli asset russi in territorio nazionale bloccando dimore, yacht e auto di lusso intestate a uomini d’affari, imprenditori e industriali di Mosca esistono nel mondo una serie di luoghi dove i rubli fanno ancora gola e i russi sono i benvenuti. Si tratta di quei paradisi fiscali che – grazie a all’intensa attività economico diplomatica portata avanti dal Cremlino – hanno tutti gli interessi ad accogliere i russi a braccia aperte.
Emirati Arabi e Arabia Saudita
In cima all’elenco si trovano Emirati Arabi e Arabia Saudita, paradisi fiscali e bancari per antonomasia, ma anche Paesi con cui Mosca, negli anni, ha coltivato relazioni economiche e diplomatiche importanti proprio al fine di avere una cassaforte sicura per la pioggia di denaro che – prima o poi – l’Occidente avrebbe braccato. La Russia, infatti, è rispettata grazie al ruolo militare svolto nell’area anche se la partita più importante si gioca sul campo del petrolio a dimostrazione che il ruolo dei Paesi Arabi in questa guerra è più importante di quanto si pensi.
Sia Mosca sia Abu Dhabi sia Dubai sono membri dell’Opec (i 14 maggiori paesi per esportazione di petrolio) e finché, quindi, il costo del greggio resta al di sopra dei 110 dollari al barile, Putin avrà ancora abbastanza incassi da riuscire a finanziare la guerra.
Perché gli arabi proteggono la Russia
Basterebbe che Emirati e Arabia Saudita aumentassero la produzione di petrolio per farne diminuire il prezzo (facendo danno alla Russia che così vedrebbe calare i suoi introiti derivati dall’esportazione di oro nero), ma non lo fanno a dimostrazione dello scudo difensivo che stanno costruendo intorno a Mosca. Il tutto proprio grazie agli ottimi rapporti che la Russia ha saputo costruire negli anni con l’Opec. Ben vengano, quindi, gli oligarchi russi a Dubai e Abu Dhabi.
Pare che Dubai, in particolare, in queste settimane sia presa d’assalto. Ogni giorno arrivano nuovi jet privati e yacht battenti bandiera russa che portano con sé gli uomini più potenti di Russia che cercano un approdo sicuro. Piovono prenotazioni per appartamenti da 15.000 dollari al mese e le banche ricevono fiumi di capitale che viene messo sotto chiave, al sicuro dalla minaccia delle sanzioni internazionali.
I “poveri” miliardari infatti dalla sera alla mattina si sono visti azzerare il potere economico con conti bloccati, asset congelati e capitali immobilizzati e hanno cercato la via della fuga nei pochi angoli del pianeta dove li aspettano a braccia aperte.
Espropriati dei loro immobili a Londra, New York, Saint Tropez, Parigi e Porto Cervo, e cacciati dalle banche inglesi, svizzere e lussemburghesi, l’unico porto sicuro è diventato Dubai dove trovano ancora un paradiso fiscale e bancario accogliente e dove i loro soldi sono molto graditi.
La guerra ha velocizzato un percorso in atto
Certo, lo spostamento di miliardi di dollari non si improvvisa in poche settimane. La guerra in Ucraina, infatti, non ha fatto che accellerare un processo che era in corso da anni ovvero quello dello spostamento di capitali russe a Dubai. Il contesto geopolitico ha fatto precipitare le cose e le ditte di criptovalute a Dubai sono prese d’assalto dalle innumerevoli richieste di liquidazioni miliardarie da parte dei russi che cercano un rifugio finanziario per le loro risorse. I miliardari stanno prendendo residenza in massa a Dubai.
Il Center for Advanced Defense Studies - un'organizzazione no-profit Usa che raccoglie dati sui conflitti globali - ha scoperto che gli oligarchi a Dubai possiedono circa 76 proprietà a Dubai per un valore di 341 milioni di dollari. I nomi degli intestatari fanno parte delle black list interazionali dei nemici della pace. Figurano, tra gli altri, Aleksandr Borodai, membro della Duma che ha agito come primo ministro di una provincia ucraina nel 2014 quando è stata rilevata dai separatisti sostenuti dalla Russia; Bekkhan Agaev, imprenditore petrolifera e Aliaksey Aleksin, il gigante del tabacco bielorusso. Una manciata di oligarchi sulla lista possiede case del valore di oltre 25 milioni di dollari ciascuna. A Dubai è ormeggiato anche lo yacht di Andrei Skoch, magnate dell'acciaio e membro della Duma che compare nella lista nera.
Al sicuro alle Maldive
Oltre a Emirati Arabi e Arabia Saudita capitali e asset finanziari di Mosca stanno virando verso le Maldive. Qui non vige l’estradizione verso gli Stati Uniti e al momento dell’attracco con un super yacht in uno di questi atolli nel cuore dell’Oceano Indiano non ci si trovano le forze dell’ordine con un mandato di congelamento, ma (ancora) porte aperte e luoghi accoglienti dove attendere che le acque si calmino.
La polveriera Kaliningrad
Discorso a parte è quello che va fatto per Kaliningrad, piccolo stato che – secondo gli osservatori internazioni - rappresenta il tallone d’Achille della Nato e che è il paradiso fiscale russo dei russi. La nazione è incastonata tra Polonia e Lituania; conta meno di 500 mila abitanti ed è un’exclave di Mosca: la Russia fuori dalla Russia.
Soprannominata l’isola degli oligarchi, è la Mecca costruita da Putin per riportare in Russia i soldi degli oligarchi. Ex capitale della Prussia orientale da Kaliningrad si estrae il 90% dell’ambra mondiale e fa parte della federazione russa dal 1945 quando è stata ceduta dai tedeschi ai sovietici alla fine della seconda guerra mondiale.
Una piccola “perla” fiore all’occhiello della marina sovietica visto che il golfo di Kaliningrad è l’unico tratto di Baltico dove il mare non ghiaccia mai.
Proprio a tutela di questo angolo di Russia fuori dalla Russia e per evitare eventuali tensioni o spinte secessioniste già Boris Eltsin proclamò il territorio Zona Economica Libera. L’isola di Oktyabrsky nel centro di Kaliningrad nel 2018 è, poi, diventata una delle due regioni amministrative speciali che Putin ha istituito per offrire uno scudo fiscale protettivo agli oligarchi colpiti dalle sanzioni statunitensi e da allora una buona fetta del Pil russo arriva proprio da lì. Finora sono 63 le società che hanno lasciato i paradisi fiscali occidentali per trasferirsi a Kaliningrad e lo scoppio della guerra non ha fatto che accelerare questo corso.
Per la sua collocazione strategica Kaliningrad potrebbe presto, però, diventare un nuovo fronte bellico. Alla Russia basterebbe chiudere questo minuscolo corridoio che dà sul Baltico per impedire alle truppe Nato di Estonia, Polonia a Lituania di intervenire in soccorso degli alleati.
Le forze Nato dell’est quindi si troverebbero sole nell’affrontare la minaccia russa all’alleanza atlantica che si fa sempre più concreta col passare del tempo.