Lo Zar ha perso. Putin è un presidente solo, senza l'appoggio dell'esercito, senza l'amore dei russi
In una giornata è cambiato tutto; soprattutto è stata messa la parola fine di un romanzo cominciato vent'anni fa
Sono bastate 14 ore per mettere fine ad una storia, e forse addirittura ad una leggenda. Lo Zar non c’è più, Putin non è più il leader che voleva far credere di essere; non è più la guida assoluta ed onnipotente. Lo Zar è stato sconfitto dalla testardaggine di un uomo solo, che ha sempre avuto al suo fianco come uno «chef» come veniva chiamato Prigozhin.
14 ore drammatiche per Vladimir Putin quindi che esce come unico vero sconfitto di questa guerra tutta interna alla Russia. Perché l’uomo che dal Cremlino al mattino dichiarava che «il traditore che ci ha pugnalato alla schiena sarà punito» è dovuto tornare sulle sue parole. Non ci saranno puniti e processati; nessuno pagherà per aver «tradito» semplicemente perché quello che doveva essere il castigatore si è trovato debole e soprattutto solo. Si, solo.
Nelle 10 ore dell’avanzata da Rostov fino alla periferia di Mosca non solo l’esercito non si è opposto, non ha difeso il Cremlino ed il suo Zar, anzi: hanno lasciato fare, città dopo città, chilometro dopo chilometro. Ma non sono stati solo gli uomini in divisa a tradire il loro Comandante in Capo. I russi, la gente, ha assistito da spettatore quasi disinteressato quella che poteva essere la fine di una storia di potere andata avanti indisturbata, andata avanti anche grazie ad una narrazione secondo cui Putin fosse adorato, amato, considerato più di un presidente. Nulla di tutto questo. La gente avrebbe lasciato fare, avrebbe abbandonato Vladimir Putin al suo destino, allo scontro faccia a faccia con l’ex alleato ed amico fidato.
Senza potere, senza il controllo dell’esercito, senza l’appoggio della gente. Il passare delle ore e dell’avanzata indeboliva il Cremlino in maniera ormai irreparabile. Recuperare ora sarà impossibile anche perché, ed è stato uno dei dubbi più profondi della giornata di ieri, nessuno sa davvero dove fosse lo Zar. Il percorso dell’aereo presidenziale, captato dai radar, con il decollo da Mosca e l’atterraggio a San Pietroburgo è il tragitto perfetto di un uomo in fuga, impaurito, al punto da abbandonare il suo castello, la sua fortezza.
Il portavoce, Peskov, ha provato più volte a tranquillizzare i russi raccontando al mondo che l’aereo fosse vuoto ed il comandante nel suo ufficio a lavorare per risolvere la situazione. Prove di tutto questo nessuno le ha e le avrà mai, ma il dubbio, visto poi l’accordo trovato con il «traditore», resta concreto, molto concreto.
C’è poi un altro sogno che oggi è finito. L’Esercito Russo non è per nulla quella superpotenza militare che viene raccontata da anni. Non è il secondo esercito del mondo. Certo, ha milioni di soldati ma si tratta di uomini di fatto poco utili: carcerati, giovani obbligati ad indossare la divisa ed imbracciare un fucile che non sanno e non vogliono utilizzare. Questo esercito che abbiamo visto per anni sfilare sulla Piazza Rossa in pompa magna in 16 mesi non è riuscita ad arrivare a Kiev, non è riuscita a conquistare l’Ucraina ed oggi retrocede. Mentre oggi una colonna composta da poche migliaia di mercenari era pronta a prendersi Mosca, prima dell’ordine di ritirata.
Lo Zar è nudo, lo Zar è solo, lo Zar è di fatto disarmato. La situazione a Mosca è quanto mai caotica e confusa. E non c’è niente di peggio di uno Presidente debole. Tutto può succedere da oggi, soprattutto quello che fino a 14 ore fa sembrava impossibile.
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