Una foto di repertorio  del 2010 mostra Khaled Mashaal , mentre incontra l'allora ministro degli Esteri del Qatar, Sheikh Hamad bin Jasem Bin Jaber Al Thani ( Ansa)
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Quattordici senatori repubblicani  chiedono l'estradizione di Khaled Meshal negli Stati Uniti

Khaled Meshal che vanta un patrimonio di circa quattro miliardi dollari e che vive a Doha, ha ricoperto la carica di capo dell'ufficio politico del movimento terroristico palestinese dal 1996 al 2017. I senatori Usa vogliono che sia processato per il suo coinvolgimento nell'uccisione di cittadini americani il 7 ottobre 2023

Quattordici senatori repubblicani statunitensi hanno esortato il Segretario di Stato Antony Blinken e il Procuratore generale Merrick Brian Garland a spingere il Qatar a estradare l’alto esponente di Hamas Khaled Meshal negli Stati Uniti per processarlo per il suo coinvolgimento nell'uccisione di cittadini americani il 7 ottobre 2023. Meshal che vanta un patrimonio di circa quattro miliardi dollari e che vive a Doha, ha ricoperto la carica di capo dell'ufficio politico del movimento terroristico palestinese dal 1996 al 2017. Nel 2021 è stato scelto per dirigere l'ufficio di Hamas per i rifugiati e gli esuli palestinesi e dopo l' assassinio nel 2024 di Ismail Haniyeh, che lo aveva sostituito come capo dell'ufficio politico, Khaled Meshaal è diventato il funzionario più anziano di Hamas che è il braccio armato della Fratellanza musulmana, al di fuori della Striscia di Gaza. L’operazione messa in atto dai senatori americani mostra che l’obbiettivo degli Stati Uniti è quello di far espellere dall’emirato gli ultimi dirigenti di Hamas e per il Qatar è quindi arrivato il momento delle scelte che non sono certi semplici perché se si schiera contro Hamas rinnega tutto quanto fatto e speso fino a oggi (decine di miliardi di dollari che sono andati ad Hamas e nelle tasche dei suoi capi), e creerebbe una frattura con i Fratelli musulmani che in Qatar hanno da tempo trovato casa e persino un emittente televisiva come Al Jazeera nata e modellata sul pensiero della confraternita.

Ma qualcosa nel rapporto tra il Qatar e Hamas sta rapidamente mutando tanto che il Qatarha deciso di ritirarsi dalla sua mediazione tra Israele e Hamas dopo mesi di sforzi inutili per porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza. La notizia che è stata anticipata alle agenzie di stampa internazionali da una fonte diplomatica, è stata successivamente confermata dal ministero degli Esteri dello Stato del Golfo. Il portavoce Majed Al Ansari ha spiegato che il suo Paese riprenderà gli sforzi da mediatore «solo quando le parti mostreranno la loro disponibilità e serietà». Altro tema sul tavolo è la presenza dei capi di Hamas in Qatar e in tal senso la scorsa settimana si sono diffuse alcune indiscrezioni secondo le quali per i dirigenti qatarini il tempo a Doha sarebbe ormai scaduto e per questo «l’ufficio politico di Hamas a Doha non ha più ragion d’essere». La notizia è stata successivamente smentita tuttavia, non è ancora chiaro se la sede sarà chiusa. Un funzionario di Hamas ha dichiarato all’AFP che «non è stata ricevuta alcuna richiesta di lasciare il Qatar» ma da tempo gli uomini di Hamas hanno avviato colloqui con una serie di governi quali, la Tunisia, l’Algeria, la Turchia e ovviamente l’Iran dove trasferirsi.

Dal novembre 2023, con il supporto di Stati Uniti ed Egitto, il Qatar che finanzia da decenni Hamas e che per questo è corresponsabile delle stragi del 7 ottobre 2023, ha svolto un ruolo di mediazione tra le parti in conflitto, facilitando una tregua di una settimana che ha permesso il rilascio di ostaggi a Gaza in cambio di prigionieri palestinesi detenuti da Israele. Da allora, vari tentativi negoziali non hanno prodotto alcun risultato per l’opposizione di Hamas a ogni ipotesi di accordo. Stando a quanto riferito venerdì scorso da un funzionario statunitense, Washington ha detto al Qatar che la presenza di Hamas a Doha non è più accettabile da quando il gruppo militante palestinese ha rifiutato l’ultima proposta di cessate il fuoco e un accordo sugli ostaggi.

Difficile che il Qatar possa dire di no agli Stati Uniti dato che la base aerea di Al Udeid, situata nel deserto a sud-ovest di Doha, è la più grande installazione militare statunitense in Medio Oriente che può ospitare circa 10mila militari Usa. Da anni Al Udeid è centro delle operazioni del Comando centrale delle Forze armate statunitensi in Afghanistan, in prossimità dell’Iran e più in generale in Medio Oriente e la sua presenza di fatto protegge il Qatar. Evidente che il Mossad segua tutto questo con grande interesse dato che Benjamin Netanyahu ha piu’ volte annunciato «di voler eliminare i propri nemici ovunque siano» cosa puntualmente avvenuta con Ismail Haniyeh ucciso a Teheran il 31 luglio 2024, con Mohammad Deif vicecapo militare di Hamas nella Striscia di Gaza ridotto in polvere da un drone il 13 luglio 2024 a Kahn Youns, e piu’ recentemente (il 16 ottore 2024) con la morte di Yahya Sinwar (che aveva preso il posto di Ismail Haniyeh), ucciso dalle truppe dell’Idf a Tal as Sultan mentre cercava di fuggire in Egitto. A loro vanno aggiunti decine di comandanti militari e migliaia di terroristi.

Stessa sorte è toccata agli Hebollah con l’uccisione del leader Hassan Nasrallah (+ 27 settembre 2024), e a diversi leader di spicco del gruppo sciita filo iraniano che sono stati uccisi dall'esercito israeliano nell'ultimo anno. Nelle scorse settimane oltre al leader storico, sono stati eliminati anche Nabil Kawak, Muhammad Ismail, Hussein Ismail, Muhammad Qabisi, Abbas Ibrahim Sharaf Ad-Din, Hussein Hany, Ali Karaki e Muhammad Hussein Srour, tutti coinvolti negli attacchi a Israele dal Libano. In precedenza, durante l'estate, è stato ucciso Fuad Shukr, consigliere senior di Nasrallah per gli affari militari e considerato il numero due dell'organizzazione. Evidente che per i capi di Hamas che passano la loro vita ad accumulare milioni di dollari rubati al popolo palestinese e che vivono come nababbi a Doha, lasciare l’emirato del gas che li protegge e li finanzia da decenni equivalga a una condanna a morte ma l’impressione è che la clessidra che segna il tempo non sia più’ dalla loro parte.




La lettera dei senatori americani

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Stefano Piazza