Ecco da dove arrivano i soldi di Hamas per l'attacco ad Israele
I terroristi finanziati da un complesso giro di decine di milioni di euro, persino criptovalute, transitate dalla Malesia, come accadde per le Torri Gemelle l'11 settembre 2001
Azioni come quella compiuta da Hamas sabato contro Israele richiedono mesi e mesi di preparativi, rifornimento di armi, gestione degli uomini, strategie, intelligence e soldi, tanti soldi. Più è grande l'attacco e più costa. Pensate solo al prezzo degli oltre 5 mila missili di Hamas partiti da Gaza verso Tel Aviv e altre città israeliane, avrete una cifra notevole. Che lascia tracce.
A quasi una settimana dalla guerra scatenata dall’Iran contro Israele, stanno emergendo numerosi dettagli su come Hamas abbia finanziato l’intera operazione.
Secondo il The Wall Street Journal, durante il 2022 gruppi militanti come Hamas, Jihad Islamica e Hezbollah hanno ricevuto considerevoli finanziamenti attraverso criptovalute, secondo analisi condotte dal governo israeliano e da esperti di blockchain. Le autorità israeliane hanno individuato portafogli digitali collegati alla Jihad islamica che hanno ricevuto fino a 93 milioni di dollari in criptovalute tra agosto 2021 e giugno dell'anno successivo, secondo l'analisi condotta dal principale ricercatore di criptovalute Elliptic. Inoltre, i portafogli associati ad Hamas hanno ricevuto circa 41 milioni di dollari nello stesso periodo, come riportato da BitOK, una società di analisi crittografica con sede a Tel Aviv.
Le autorità israeliane hanno annunciato di aver congelato ulteriori conti crittografici utilizzati da Hamas per richiedere donazioni attraverso i social network, come parte degli sforzi per individuare l'infrastruttura finanziaria in criptovalute utilizzata dalle entità terroristiche per finanziare le loro attività. Le criptovalute consentono alle persone di eludere le banche, trasferendo istantaneamente token tra portafogli digitali conservati sugli scambi di criptovalute. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, in un rapporto dello scorso anno, ha evidenziato che le falle nei controlli sulla criminalità finanziaria in tali scambi possono consentire ai gruppi terroristici di abusarne, citando casi simili con lo Stato Islamico e Al Qaeda che hanno ricevuto donazioni in criptovalute. A Londra un conto bancario presso la banca britannica Barclays collegato alla raccolta fondi per il gruppo militante palestinese Hamas è stato congelato. I dettagli del conto bancario come scrive la Reuters «sono stati pubblicati da Hamas allo scopo di depositare i fondi delle donazioni» La polizia israeliana ha affermato che la sua unità informatica ha collaborato con la polizia britannica per congelare il conto Barclays collegato ad Hamas. Un portavoce della Barclays ha rifiutato di commentare il congelamento del conto, o di confermare i dettagli contenuti nella dichiarazione della polizia.
Hamas raccoglie fondi in criptovalute almeno dal 2019, quando le Brigate al-Qassam hanno iniziato a chiedere ai sostenitori sul suo canale Telegram di donare bitcoin. Come ricorda il WSJ in un post pubblicato su un gruppo Telegram si legge che «la realtà della jihad è il dispendio di sforzi ed energia, e il denaro è la spina dorsale della guerra». Un vorticoso giro di denaro che si somma ai finanziamenti che arrivano da decenni ad Hamas e alle altre organizzazioni terroristiche dall’Iran e dal Qatar che ha fin qui speso più di un miliardo di dollari in «aiuti». Inoltre, fiumi di denaro da decenni arrivano nella Striscia di Gaza dai paesi del Golfo, dal Sudan, dall’Algeria e la Tunisia e da privati cittadini sauditi.
A loro vanno aggiunti i fondi che arrivano dalle sulfuree attività delle ONG islamiche sparse in giro per il mondo che incassano anche soldi dalle istituzioni europee. Poco conosciuto è il ruolo nei finanziamenti ad Hamas della Malesia Paese islamico sunnita dove vivono da decenni centinaia di estremisti sunniti e sciiti. La Malesia con il beneplacito delle autorità governative è da sempre il crocevia degli affari dei terroristi islamici e a questo proposito bisogna tornare alla primavera del 2001 quando a Kuala, Lampur capitale della Malesia, si svolse un vertice al quale parteciparono anche Nawaf al-Hazmi e Khaled al-Mihdhar che saranno poi tra i dirottatori dell’11 settembre 2001, e Tawfiq bin Attash, noto come Khallad che fu colui che organizzò l’attentato alla Uss Cole avvenuto nel porto di Aden, nello Yemen il 12 ottobre 2000. L'esplosione creò un buco largo 12 metri vicino alla linea di galleggiamento del Cole, uccidendo 17 marinai statunitensi e ferendo quasi altri 40 membri dell'equipaggio. Stavolta al centro delle indagini c’è il dottor Maan Khatib, un agente di Hamas che vive in Malesia. Ha la cittadinanza giordana e negli ultimi anni l’organizzazione di Hamas lo ha utilizzato come docente presso la facoltà di ingegneria dell'Università islamica della Malesia. È stato anche nominato secondo lo Shin Bet, responsabile della Malaysian Arena (struttura sportiva) «allo scopo di reclutare e addestrare gli agenti di Hamas, compreso l'addestramento dei membri delle unità Nakba dell'ala militare di Hamas al volo con parapendii a motore». Mai come ora è imperativo rivedere dalle sue fondamenta il contrasto ai finanziamenti al terrorismo perché come scrive Hamas «la realtà della jihad è il dispendio di sforzi ed energia, e il denaro è la spina dorsale della guerra». Almeno l’Occidente si vegli dal torpore se vuole evitare di essere travolto dalla jihad globale lanciata dall’Iran.
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