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(Getty Images)
Dal Mondo

Il terrorismo islamico guarda alle Maldive, paradiso delle vacanze

La polizia dello stato amato per i suoi atolli unici al mondo ha scoperto una rete di 14 persone pronta ad agire

Proprio mentre inizia la stagione migliore per andare a visitare le Maldive, paradiso delle vacanze, amatissime anche dai turisti italiani, torna il pericolo del terrorismo islamico. Nelle prime ore di lunedi scorso si è conclusa l'operazione antiterrorismo nella quale sono stati impegnati il servizio di polizia delle Maldive (MPS) e la forza di difesa nazionale delle Maldive (MNDF) che sono intervenuti nei confronti di un gruppo di estremisti basati nell’atollo di Addu. L’MPS ha rivelato che tra le 14 persone arrestate, tutte legate all’Isis, nove di loro erano già state fermate in passato in relazione a casi di terrorismo e secondo quanto dichiarato dalla polizia il gruppo di estremisti stava pianificando un grosso attentato nel quale era previsto un numero ingente di esplosivi. I media maldiviani hanno riferito che nove persone sono state arrestate ad Addu City, due nella capitale Male e due sull’isola di Guradhoo. Tutti gli arrestati sono cittadini maldiviani. L'arcipelago nell'Oceano Indiano sta affrontando da tempo l’emergenza legata al fondamentalismo religioso islamico che si è diffuso in maniera impressionante in questa meta del turismo globale. L'arcipelago che conta appena mezzo milione di persone ha il maggior numero di militanti pro capite che hanno combattuto per l'Isis e altri gruppi terroristici in varie parti del mondo. Con l'aiuto delle Nazioni Unite, il paese sta anche cercando di riportare indietro e de-radicalizzare donne e bambini maldiviani che vivono nei campi di Al Hol e Roj in Siria e in altre aree di conflitto. Molti di questi bambini sono nati in zone di guerra straniere. Si è però scoperto che alcuni dei rimpatriati stanno radicalizzando la popolazione locale dopo il loro ritorno.

Le Maldive sono una repubblica islamica fuori dal sub-continente indiano composta da 1.200 isole in gran parte disabitate, che hanno conosciuto una vorticosa crescita economica grazie al turismo che è la più grande industria delle Maldive. Il turismo rappresenta oltre il 28% del prodotto interno lordo nel piccolo arcipelago e porta circa il 60% delle entrate in valuta estera, secondo la Michigan State University. Un benessere che ha arricchito solo i pochissimi uomini politici che si combattono da decenni per una sola ragione: i miliardi di dollari che il business del turismo porta nelle casse delle Maldive, quindi anche nelle loro, e in quelle della casta imprenditoriale che li appoggia. Le Maldive da qualche anno si confrontano anche con il diffondersi dell’eroina tra i giovani e la delinquenza comune.

Nel dicembre 2019, il commissario di polizia delle Maldive Mohamed Hameed aveva reso noto che 423 maldiviani avevano tentato di unirsi a organizzazioni terroristiche in Siria e in Iraq, di cui 173 erano riusciti a entrare nelle zone di guerra. Ha aggiunto che prima della guerra civile siriana, centinaia di estremisti locali si erano recati in Pakistan e in Afghanistan per combattere. Il capo della polizia ha anche menzionato gli attacchi terroristici che erano stati sventati, affermando che il precedente governo aveva minimizzato la questione della radicalizzazione e dei maldiviani che si recavano in terre straniere per il jihad. Tra gli attacchi organizzati dagli estremisti il più conosciuto è quello contro l'ex presidente Mohamed Nasheed, che è stato preso di mira con una bomba nel maggio 2021. L’ordigno era stato piazzato su una bicicletta parcheggiata vicino alla sua auto nei pressi della sua abitazione. Gravemente ferito Nasheed ha dovuto essere portato d'urgenza in Germania per essere curato, e ha impiegato quasi cinque mesi per riprendersi anche se ha subito gravissimi danni alla sua salute. Nasheed è noto per le sue opinioni liberali e filo-democratiche che lo hanno reso un bersaglio dei fondamentalisti. Mentre lo scorso agosto il ministro maldiviano di Stato per l'ambiente, i cambiamenti climatici e la tecnologia, Ali Solih, è stato accoltellato da un individuo armato di coltello vicino alla capitale Male. Ha riportato ferite al braccio sinistro ma è riuscito a fuggire.

Le origini di questo fenomeno

Dopo lo tsunami dello Sri Lanka del 2004, varie organizzazioni non governative salafite saudite sono arrivate nelle isole con il pretesto di aiutare la popolazione locale a ricostruire le aree gravemente colpite. I membri di queste organizzazioni hanno però gradualmente fatto il lavaggio del cervello ai giovani maldiviani che vivevano al di sotto della soglia di povertà facendogli credere che lo tsunami fosse «una punizione per non aver seguito i veri insegnamenti dell'Islam». Nei successivi 15 anni l'ideologia islamista radicale si è infiltrata in maniera massicia nel tessuto sociale delle Maldive. L’ideologia salafita non ha conquistato cuori e menti dei giovani maldiviani, ma anche di forze di sicurezza delle isole che hanno svolto, e continuano a farlo, un ruolo nel reclutamento di giovani nell'Isis. Nonostante l’emergenza i predicatori estremisti provenienti dal Golfo Persico e dai Paesi asiatici sono autorizzati dal Ministero degli affari islamici a predicare nell'arcipelago, liberi da qualsiasi controllo del governo sulla loro attività.

Ciò consente alle opinioni estremiste di essere liberamente espresse e comunicate in tutte le Maldive. Senza alcun controllo, gli imam radicali continueranno a predicare le loro opinioni e a facilitare la radicalizzazione. Il governo deve lavorare per un processo di controllo più approfondito per gli imam e gli sceicchi che predicano alle Maldive. Il pericolo è che prima o poi qualcuno tra i numerosi resort frequentati dai turisti di tutto il mondo venga preso di mira dai jihadisti maldiviani. Nessuno potrebbe intervenire se non dopo ore e questo i jihadisti lo sanno molto bene.

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Stefano Piazza