hamas israele gaza
(Ansa)
Dal Mondo

Chi vuole (e chi no) la tregua a Gaza

Hamas continua a rinviare la sua decisione, irritando Israele e l'occidente ponendo come condizione che ci sia anche la Turchia a fare da garante oltre agli altri paesi

Una delegazione di Hamas è arrivata al Cairo per partecipare a nuovi colloqui riguardanti il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, ma il tempo che rimane per fermare l'offensiva su Rafah è pochissimo, con Israele che ieri sera ha convocato il suo gabinetto di guerra. La notizia arriva dopo che il gruppo jihadista ha sostanzialmente respinto l’ultima proposta mediata dall’Egitto, anche se il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, durante una conversazione telefonica con il capo dell'intelligence egiziana Abbas Kamel, ha manifestato «interesse alla proposta di tregua».

Ma qui va detto che è praticamente impossibile fare una sintesi di quanto accade, dato che Hamas, attraverso i suoi funzionari, continua a rilasciare dichiarazioni che vengono smentite qualche ora dopo. Per dovere di cronaca va registrato il fatto che una fonte egiziana a conoscenza dei negoziati ha affermato: «Diversi punti controversi sono stati risolti, ma rimane il nodo sul cessate il fuoco permanente. Inoltre, sono state trovate soluzioni soddisfacenti riguardo al ritiro di Israele da Gaza e al rientro degli sfollati nel Nord della Striscia. Tuttavia, la risposta definitiva di Hamas potrebbe subire ritardi rispetto ai tempi previsti da Israele». Sullo sfondo c’è lo scontro interno ad Hamas, con i dirigenti “politici” del gruppo che vivono in Qatar che sono per trovare l’intesa e il capo militare del gruppo terroristico palestinese Yahya Sinwar, che è nascosto nei tunnel di Rafah o Khan Yunis e sta proteggendo sé stesso e la sua famiglia utilizzando gli ostaggi israeliani come scudi umani.

A questo proposito, parlando a Sky News, l'ex vice capo di stato maggiore dell'esercito americano, generale Jack Keane, ha citato fonti secondo cui Sinwar ha un numero significativo di ostaggi – circa 20 - che circondano sia lui che la sua famiglia. «Le mie fonti mi dicono che Sinwar, che è il leader numero uno a Gaza dell'organizzazione Hamas, ha 15-20 ostaggi che proteggono lui e la sua famiglia. Ecco perché tengono questi ostaggi per garantire la loro sopravvivenza». Come abbiamo scritto più volte in questi mesi, Yahya Sinwar ha sabotato ogni ipotesi di accordo, perché gli israeliani si sono sempre rifiutati di concedergli di lasciare la Striscia di Gaza per andare in Algeria o Tunisia, due paesi che si sono mostrati disponibili ad accoglierlo, e lo stesso vale per il suo vice Mohammed Deif, a sua volta nascosto nel sottosuolo. I due non intendono arrendersi e sono disposti a morire portandosi dietro gli ultimi ostaggi ancora in vita, che sono l’unica arma ancora nelle mani di Sinwar e Deif. Perché quindi dovrebbero acconsentire al loro rilascio, ben sapendo che l’IDF entrerà comunque a Rafah?

Altro aspetto non certo secondario è che non è affatto scontato che il governo israeliano, in caso di assenso di Hamas, darà il via libera all'intesa, dato che alcuni partiti della coalizione di estrema destra hanno criticato l'accordo come una sorta di resa alle richieste del gruppo terroristico, minacciando di far cadere il governo. Mentre scriviamo si apprende che gli Stati Uniti continuano ad opporsi a un'eventuale invasione a Rafah, sottolineando la necessità che venga predisposto un piano che protegga i civili. Altro aspetto del quale Israele deve guardarsi è che, secondo il New York Times, Stati Uniti e Arabia Saudita «avrebbero quasi completato il trattato di mutua difesa al 90%», ma resta incerta una parte cruciale per ottenere il sostegno del Congresso: la normalizzazione dei rapporti tra Riad e Israele. Secondo quanto riportato dal NYT, questo passaggio potrebbe avvenire solo se Israele accetta le condizioni proposte dai sauditi, ovvero il ritiro da Gaza, il congelamento della costruzione degli insediamenti in Cisgiordania e l'avvio di un processo della durata di tre a cinque anni per istituire uno Stato palestinese nei territori occupati.

Allo stesso tempo, Washington e Riad stanno valutando la possibilità di finalizzare l'accordo e presentarlo al Congresso con la condizione esplicita che l'Arabia Saudita normalizzerà i rapporti con Israele non appena lo Stato ebraico avrà un governo disposto a soddisfare i requisiti stabiliti da sauditi e americani. Mentre scriviamo si apprende che ora complicare il quadro c’è il fatto che ora Hamas chiede che la Turchia sia garante dell'accordo, insieme a Stati Uniti, Egitto e Qatar dopo che gli USA hanno rifiutato di permettere alla Russia di fare da garante. In ogni caso secondo fonti israeliane, Gerusalemme ha dato ad Hamas un'ultima settimana per accettare l'attuale proposta di accordo o l'IDF invaderà Rafah.

I più letti

avatar-icon

Stefano Piazza