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(Ansa)
Dal Mondo

Biden attacca la Cina sul Covid, come Trump (che però veniva massacrato dalla stampa)

Joe Biden non esclude oggi che il Covid-19 possa aver avuto un'origine in laboratorio. Ma quando era Trump a ipotizzarlo le accuse di complottismo di sprecavano

Ricordate quando, l'anno scorso, Donald Trump venne mediaticamente e politicamente massacrato per le sue posizioni sulla questione del Covid-19? La sua amministrazione si ritrovò duramente criticata sia per aver sostenuto che il coronavirus potesse aver avuto origine da un laboratorio di Wuhan sia per aver avviato il processo di abbandono dell'Organizzazione mondiale della sanità. Senza poi dimenticare la bufera esplosa sulla sua definizione del Covid-19 come "virus cinese": un'affermazione tacciata sostanzialmente di razzismo. Eppure adesso qualcosa inizia a cambiare.

Pochi giorni fa, il dottor Anthony Fauci ha detto di non essere convinto che il virus si sia sviluppato in modo naturale e ha invocato un'inchiesta in tal senso. "Non sono convinto [di uno sviluppo naturale del virus], penso che dovremmo continuare a indagare su cosa è successo in Cina fino a quando non continueremo a scoprire al meglio delle nostre capacità cosa è successo", ha dichiarato. Una posizione ben diversa da quella del maggio 2020, quando – in un'intervista rilasciata al National Geographic – ebbe a dire: "Tutto ciò che riguarda l'evoluzione graduale nel tempo con forza indica che [questo virus] si è evoluto in natura e poi ha saltato le specie". In tutto questo, domenica scorsa il Wall Street Journal ha rivelato che "secondo un rapporto dell'intelligence statunitense precedentemente non divulgato, tre ricercatori dell'Istituto cinese di virologia di Wuhan si sono ammalati nel novembre 2019 tanto da cercare cure ospedaliere".

Anche in conseguenza di ciò, il presidente americano, Joe Biden, ha annunciato ieri di aver ordinato all'intelligence un esame più accurato sulle origini del Covid-19. "Ecco la loro posizione attuale", ha dichiarato l'inquilino della Casa Bianca, "mentre due elementi nella comunità di intelligence propendono per lo scenario [contatto umano] e uno si spinge maggiormente verso lo [scenario di fuga dal laboratorio] - ciascuno con una confidenza bassa o moderata - la maggior parte degli elementi non ritiene che ci siano informazioni sufficienti per valutare che uno sia più probabile dell'altro". Insomma, certezze assolute per ora non ce ne sono: non sappiamo ancora se questo virus abbia avuto un sviluppo completamente naturale o se sia legato a un laboratorio. Così come non sappiamo se, in quest'ultimo caso, sia soltanto fuoriuscito da una struttura di ricerca o se sia stato addirittura creato al suo stesso interno. Ma, da tutto questo, appare evidente quanto fosse superficiale bollare la posizione di Trump come una mera teoria del complotto.

Del resto, anche sulla questione dell'Organizzazione mondiale della sanità l'amministrazione Biden si sta sempre più avvicinando alle valutazioni che furono di Trump. A marzo scorso, il segretario di Stato americano, Tony Blinken, ha detto di temere che il rapporto dell'Oms sulle origini del Covid-19 possa essere stato redatto con il contributo del governo cinese. Sempre Blinken, ad aprile, accusò Pechino in materia di gestione pandemica. "Penso che la Cina sappia che nelle prime fasi del Covid, non ha fatto ciò che doveva fare, ovvero dare accesso a esperti internazionali, in tempo reale per condividere informazioni, in tempo reale per fornire vera trasparenza", dichiarò. Ricordiamo, a tal proposito, che tra le varie ragioni che portarono Trump a uscire dall'Oms figurava proprio l'eccessiva influenza politica di Pechino all'interno dell'agenzia Onu: una questione, questa, resa più acuta dalla pandemia in atto, ma di cui si parlava almeno dal 2017 (da quando, cioè, Tedros Adhanom Ghebreyesus era diventato direttore generale anche grazie al fondamentale appoggio della Cina).

Insomma, è abbastanza chiaro che l'amministrazione Biden stia in sostanza confermando i dubbi e le critiche che vennero mossi da Trump non solo sulle origini del virus, ma anche sulla governance dell'Oms e sull'opacità del comportamento cinese. Sì, perché anche la definizione di "virus cinese" non aveva una connotazione etnica, ma politica: si trattava infatti di una critica nei confronti di come il Partito comunista cinese avesse gestito l'epidemia nelle sue prime fasi (a tal proposito non si ricordano invece significative levate di scudi, quando – ad agosto – il governatore democratico di New York, Andrew Cuomo, definì il Covid-19 un "virus europeo"). Oggi Trump canta vittoria e, in un recente comunicato, ha rivendicato le sue posizioni in materia. Del resto, il valore veritativo di un'affermazione dovrebbe essere indipendente da chi pronuncia quella stessa affermazione: un principio che un certo circuito mediatico sembra aver, per così dire, nascosto sotto il tappeto.

Il problema va tuttavia oltre l'ex presidente repubblicano. E chiama in causa l'avvelenamento di un dibattito politico e mediatico più interessato alla partigianeria che a comprendere la realtà nel suo complesso. Il punto veramente grave è che (quasi) nessuno si sia preso la briga di valutare con onestà e a mente fredda le posizioni di Trump sull'Oms e sulle origini del virus, preferendo derubricare il tutto – come dicevamo – a meri atteggiamenti sconsiderati e populistici. Un conto è infatti dire che l'amministrazione Trump non avesse fornito sufficienti prove per dimostrare inequivocabilmente che il virus avesse avuto origine in un laboratorio; altro conto è invece bollare quell'ipotesi ipso facto come teoria del complotto o fake news (cosa che fecero, per esempio, sia il New York Times che il Washington Post nel febbraio del 2020, quando quella teoria fu fatta propria dal senatore repubblicano Tom Cotton).

Perché è sempre stato chiaro che il contenuto di quella tesi non fosse impossibile. Lo vediamo nello stesso approccio oggi di Biden: l'attuale presidente non sa quale sia la verità, ma ha incaricato l'intelligence di far luce sull'eventualità che ci sia stata un'origine in laboratorio. Qualcuno obietterà che la scienza si evolva e che magari sarebbero spuntate adesso evidenze che all'epoca di Trump non c'erano. Tuttavia, pur ammettendo una simile (e un po' comoda) spiegazione, resta il fatto che lo scenario di una origine in laboratorio (vuoi per fuoriuscita vuoi per creazione) sia sempre stato dato come possibile o, comunque, come non del tutto escludibile. La differenza è che un certo mondo mediatico-politico tendeva allora a bollare il tutto come complottismo, mentre adesso quest'ipotesi è improvvisamente diventata degna di essere presa sul serio. Guarda caso, giusto ieri, Facebook ha reso noto che i post che definiscono il Covid-19 come "creato dall'uomo" non verranno più rimossi.

Stesso discorso vale per l'Oms. Anche in questo caso la posizione critica di Trump fu assai spesso derubricata ad atteggiamento isolazionista e anti-scientifico. Oggi però veniamo a sapere che anche l'amministrazione Biden nutre serie preoccupazioni sull'influenza politica cinese in seno a questa organizzazione. La domanda che sarebbe quindi il caso di farsi è duplice. Dove sono oggi quei commentatori che attaccarono ferocemente Trump per aver lasciato l'Oms? Ma soprattutto: per quale ragione il nuovo inquilino della Casa Bianca ha immediatamente fatto rientrare gli Stati Uniti nella stessa Oms, senza prima sincerarsi di risolvere un problema come quello della pericolosa influenza di Pechino al suo interno? Stranamente una simile (e ovvia) domanda quei media, che sono stati solitamente tanto occhiuti con Trump, oggi non sembrano farsela. Per quale ragione?

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Stefano Graziosi