La «folle» proposta di Trump per la pace in Ucraina è l'unica possibile
Convincere Putin e Zelensky alla fine della guerra lasciando a Mosca i territori del Donbass e Lugansk. E non ci sono alternative
E se Donald Trump una volta tanto avesse ragione? Certo, l’ex presidente è noto per le sue «sparate» sui più svariati argomenti. Ma, comunque lo si giudichi, va quantomeno riconosciuta l’indole pragmatica che ha caratterizzato la politica estera della sua Amministrazione, che è valsa un quadriennio durante cui l’America non ha combattuto guerre e ha semmai consolidato la strategia del suo predecessore Barack Obama: colpisci e distruggi chirurgicamente, senza però mettere i boots on the ground, cioè gli scarponi dei soldati su un terreno ostile.
Oggi viviamo tempi in cui le relazioni internazionali sono molto instabili e parimenti i nemici dell’Occidente si moltiplicano come per gemmazione. Ed è pertanto necessario interrogarsi su come spegnere l’incendio che divampa dall’Ucraina fino in Israele, e finisce nel Mar Rosso. L’ex presidente Trump non offre una speranza, ma fa una promessa.
Ha affermato in privato di avere in tasca una soluzione che potrebbe porre fine all’invasione russa dell’Ucraina. Come? Semplicemente facendo pressione su Kiev – vedremo poi i dettagli – affinché ceda alcuni territori, secondo quanto riferito da fonti che hanno molta familiarità con Trump e hanno discusso con lui il piano di pace. In questo modo, a suo dire, si riuscirebbe ad arginare il rischio che la Nato debba prima o poi essere costretta a prestare soccorso militare attivo agli aggrediti, ormai incapaci di arrestare la macchina bellica che Vladimir Putin gli ha scatenato contro per «de-nazificare» l’Est Europa, qualsiasi cosa significhi.
Ovviamente, per i detrattori del candidato repubblicano alle presidenziali di quest’anno, l’idea da lui concepita sarebbe troppo sbilanciata in favore del presidente russo Vladimir Putin, che si vedrebbe «condonate» la violazione dei confini riconosciuti a livello internazionale, le barbarie cui ha costretto la popolazione ucraina e la condanna del Tribunale Internazionale dell’Aja per crimini di guerra.
Il piano di pace secondo Donald Trump
In soldoni, la proposta di Trump consiste nel riconoscere lo status quo: siccome Kiev non può riconquistare il territorio perduto, tanto vale cederlo definitivamente a patto che Mosca smetta di polverizzare le città ucraine martellando a suon di missili ipersonici la popolazione civile. «Ci stanno spazzando via» ha confessato non più di due giorni fa Dmytro Kuleba, ministro degli affari esteri ucraino, che si è anche detto certo della sconfitta se i comandi militari non riceveranno per tempo nuovi rifornimenti. E a ben vedere, se non siamo già oltre il punto di non ritorno, il ritardo con cui giungeranno queste armi a Kiev costerà comunque decine di migliaia di vittime, che potrebbero esser morte inutilmente se non sarà resa alcuna decisione entro aprile.
Trump vuole convincere l’Ucraina a cedere alla Russia il controllo non soltanto della penisola di Crimea – da questi ultimi occupata nel 2014 – ma anche le regioni che costituiscono il Donbass, cioè Luhansk e Donetsk, e così anche le regioni di Zaporizhia e Kherson, direttamente connesse alla Crimea. In questo modo, Mosca potrebbe salvare le apparenze affermando di aver «guadagnato territori all’Impero russo» e non di aver sostanzialmente fallito nell’occupare l’intera Ucraina. Per quanto riguarda Kharkiv e le altre regioni che lambiscono il fiume Dnipro – lo spartiacque naturale tra l’Est e l’Ovest del Paese – esse costituirebbero quella zona cuscinetto tanto cara ai generali, che avrebbe anche il vantaggio di togliere argomenti a Putin quando afferma di sentirsi accerchiato dalla Nato.
Questo approccio pragmatico non è stato riportato in precedenza durante alcuna delle inutili conferenze di pace che hanno preso corpo in passato. Ma soprattutto è una piena e drastica sconfessione della politica sin qui tenuta dal presidente Joe Biden, che sostiene la necessità di contenere - e semmai sconfiggere - l’aggressore russo, continuando fornire aiuti militari all'Ucraina «finché ce ne sarà bisogno». Ed è anche il motivo per cui Trump si compiace del suo piano: in un colpo solo, otterrebbe la pace e umilierebbe il partito democratico.
Ma in tutto ciò, l’Ucraina cosa otterrebbe in cambio? Trump privatamente si è detto convinto che tanto la Russia quanto l’Ucraina «vogliano salvare la faccia, vogliano una via d’uscita» e che, dopotutto, alla popolazione russofona d’Ucraina rientrare sotto il Cremlino non sarebbe poi un dramma. Dunque, basterebbe promettere a Kiev una montagna di soldi per la ricostruzione dell’Ovest e, ovviamente, la pace garantita dai cannoni americani.
Certo, finché saremo in campagna elettorale sarà facile per Trump sminuire l’operato di Biden e tracciare sulle mappe geografiche nuove aree di influenza e schemi preconfezionati per un cessate il fuoco duraturo. Si tratterà di vedere cosa farà poi davvero l’ex presidente, se rieletto, e in quali condizioni erediterà il conflitto. E così anche se Putin e/o Zelensky acconsentiranno anche solo a sedersi l’uno di fronte all’altro per negoziare la fine delle ostilità.
Per adesso, anche solo immaginare di poter tracciare una linea di armistizio lungo mille e più chilometri dove corrono le prime linee della guerra, potrebbe non è così semplice. «Nel settembre 2022 il Cremlino aveva dichiarato di voler annettere quattro province ucraine meridionali e orientali, tra cui la regione del Donbass, ma che si estendevano ben oltre. Poiché Kiev controlla ancora gran parte del territorio, qualsiasi tentativo di risolvere la guerra con concessioni territoriali comporterà probabilmente un lungo mercanteggiamento, a meno che entrambe le parti non accettino semplicemente di congelare le linee del fronte in vigore al momento dell’accordo» scrive in proposito la Cnn, citando esperti di geopolitica.
I quali dubitano che gli sforzi di pace di Donald Trump possano avere successo. Tra loro c’è Fiona Hill, senior fellow della Brookings Institution, che è stata anche il principale consigliere di Trump per la Russia e da allora è emersa come un critico di spicco. Secondo lei «la situazione ricorda il 2017, quando stranieri e dirigenti d’azienda non verificati si sono avvicinati a Trump con vari piani di pace, e lui pensava di potersi sedere con la Russia e l’Ucraina e mediare grazie al suo carisma personale». Sappiamo com’è andata a finire.
I nodi della pace
Trump si è spesso vantato di poter negoziare «un accordo di pace tra Russia e Ucraina entro 24 ore». E, per molti versi, il suo approccio è coerente con la sua visione presidenziale: preferisce i colpi di scena rispetto ai dettagli politici, ripone una fiducia eccessiva nelle proprie capacità negoziali ed è insofferente verso le lungaggini leguleie e i protocolli diplomatici convenzionali. Sicuramente, pur col suo fare sbrigativo, è riuscito a trasformare il Gop da partito repubblicano bellicista dei tempi di Bush in uno più scettico nei confronti degli interventi all’estero, come il mancato accordo sugli aiuti militari all’Ucraina dimostra.
Tuttavia, il fatto che Trump si sia sempre complimentato con Putin e che abbia fatto acrobazie per evitare di criticarlo, ha fatto storcere il naso anche ai più trumpiani del Gop. Perché, in fondo, per gli americani la Russia è pur sempre l’ex Unione Sovietica, e ai comunisti non vanno fatte concessioni. Inoltre, la squadra di Trump «sta pensando a questo problema in modo molto limitato, cioè che si tratti solo di una questione Ucraina-Russia», riflette ancora Fiona Hill. «La considerano una disputa territoriale, piuttosto che una questione che riguarda l'intero futuro della sicurezza europea e, per estensione, dell’ordine mondiale».
Non solo. Vista dalla Polonia e dai Paesi Baltici, la situazione non è così semplice. E ancor prima dei repubblicani Usa, bisogna convincere gli europei tutti che Putin non intende davvero marciare verso l’Europa per ricostituire l’Impero che fu. Così come è improbabile che gli Stati Uniti «riescano a costringere la leadership ucraina a impegnarsi in politiche che costituirebbero un suicidio politico interno», come ha dichiarato Michael Kofman, analista presso il Carnegie Endowment for International Peace. «Nessuna leva di cui dispongono gli Stati Uniti può costringere l’Ucraina a cedere il territorio o a fare questo tipo di concessioni. Questa è una situazione in cui se si è disposti a dare una mano, l’altra parte vorrà molto rapidamente il resto del braccio».
Dunque, seppure animato dalle migliori intenzioni, Trump offre una soluzione destinata a scontrarsi con molte incertezze e troppi ostacoli. Primo, Volodymyr Zelensky non accetterebbe mai di cedere alcun territorio. Secondo, lo scambio di territori e un conseguente cessate il fuoco sconfesserebbe le politiche sin qui espresse da Bruxelles e metterebbe l’Europa intera nella scomoda e ambigua posizione di dover ammettere una sostanziale sconfitta, peraltro senza alcuna garanzia che la Russia non si riarmerebbe e non riprenderebbe le ostilità in futuro. Terzo e più importante, Donald Trump non è ancora stato rieletto, e tutto questo per adesso è solo un vago desiderio di pace.