Usa 2024: chi piange e chi sorride dopo le primarie del Michigan
Biden e Trump trionfano alle rispettive primarie. Ma se il secondo ha motivi per festeggiare, il primo ne ha di più per preoccuparsi
Martedì è stata una giornata di primarie negli Stati Uniti. E se c’è qualcuno che sorride (Donald Trump), qualcun altro è invece preoccupato (Joe Biden). Cominciamo col dire che entrambi hanno vinto le primarie presidenziali che si tenevano in Michigan: uno Stato cruciale in vista delle elezioni del prossimo novembre. Tuttavia le due vittorie non hanno affatto lo stesso peso.
Biden ha vinto con l’81% per un totale di 618.000 voti. A prima vista, sembrerebbe un buon risultato, ma le cose non stanno esattamente così. Innanzitutto, alle primarie del Michigan del 2020 l’attuale presidente aveva preso 840.000 voti. In secondo luogo, l’81% per un presidente uscente in cerca di riconferma non è un risultato così rassicurante. Eh sì, perché martedì circa il 13% dei voti è andato all’opzione “uncommitted”. Come si spiega questa bizzarria? È presto detto. Nelle scorse settimane, gli arabi americani, che sono particolarmente numerosi in Michigan e generalmente legati all'ala sinistra del Partito democratico, hanno avviato una campagna di boicottaggio contro Biden per le sue posizioni sulla crisi mediorientale in corso. Ebbene, il boicottaggio consisteva proprio nell’esortare gli elettori a votare per l’opzione “uncommitted” anziché per il presidente. Non solo. A seguito del voto in Michigan, la scrittrice Marianne Williamson ha deciso di riprendere la campagna elettorale per la nomination presidenziale dem, dopo che l’aveva sospesa a inizio febbraio. Sia chiaro: la Williamson ha un seguito modesto e non ha alcuna speranza di vincere. Tuttavia, pur nel suo piccolo, rappresenta una delle sempre più numerose spine nel fianco di Biden.
Per Trump, martedì è stata invece una giornata migliore. L’ex presidente ha conquistato in Michigan il 68,2% contro il 26,5% della rivale, Nikki Haley. In totale, Trump ha ottenuto quasi 756.000 voti: un notevole incremento rispetto al 2016, quando, a fronte di un numero maggiore di avversari in corsa, vinse le locali primarie repubblicane con 483.000 voti. Differentemente da Biden, Trump non è un presidente uscente in cerca di riconferma ma un ex presidente che punta a un secondo mandato. Inoltre, differentemente da Biden, deve fronteggiare un’avversaria che, nonostante sia ormai in notevole difficoltà, è comunque più solida dei candidati presidenziali minori attualmente presenti nel campo dem (il deputato Dean Phillips e la stessa Williamson). Infine, come abbiamo visto, in termini di voti assoluti, Trump martedì in Michigan ha preso circa 138.000 voti in più dell’attuale inquilino della Casa Bianca.
L’ex presidente ha, insomma, compiuto un passo ulteriore verso la nomination presidenziale repubblicana. E sta già scaldando i motori in vista del Super Tuesday che si terrà il prossimo 5 marzo. Biden, dal canto suo, vince ma non convince, visto che, per essere un presidente in carica in cerca di riconferma, si ritrova con delle rilevanti spaccature in seno al suo stesso partito. Ricordiamo ancora una volta che il Michigan è uno degli Stati chiave per le prossime presidenziali. E che in loco Biden non può quindi permettersi delle defezioni a sinistra. Qualora ciò si verificasse in occasione delle presidenziali, l’attuale inquilino della Casa Bianca rischierebbe di ritrovarsi seriamente azzoppato. “Se gli elettori democratici del Michigan – e una manciata di altri Stati indecisi – si sentiranno disinteressati a novembre, Joe Biden potrebbe perdere la rielezione”, ha sentenziato la Cnn. E non ha tutti i torti.