Il viaggio di Papa Francesco in Congo tra guerra e le ombre sull'omicidio Attanasio
Il Pontefice andrà in Africa, in terre dove la guerra è riesplosa e la verità sulla morte del nostro ambasciatore ancora lontana
Nelle scorse ore la Sala Stampa vaticana ha comunicato le date della trentasettesima visita apostolica del Pontefice che si svolgerà in Congo e nel Sud Sudan «su invito delle autorità politiche e religiose». Il viaggio che durerà dal 2 al 7 luglio 2022 «realizza un desiderio espresso da anni di raggiungere terre segnate da violenze e attentati terroristici, per le quali Francesco celebrò una veglia nel 2017, chiedendo alla comunità internazionale di aiutare donne e bambini». Il programma della visita prevede che il 4 luglio 2022, il Papa da Kinshasa si trasferirà nel Nord-Kiwu, provincia all’estremo est del Paese, dove -si legge nella nota stampa- «Francesco celebrerà in mattinata (alle 12.00) la Messa presso il Campo di Kibumba, villaggio dove il 22 febbraio 2021 furono assassinati l'ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo.
Poi, sempre secondo quanto riferito, «Papa Francesco nel pomeriggio incontrerà le vittime della violenza a Beni. Si tratta della seconda città per importanza del Nord-Kivu, già piagata dalla epidemia di Ebola e da calamità naturali, ma soprattutto nota per i numerosi episodi di massacri di civili e altre atrocità, come rapimenti, saccheggi, esecuzioni sommarie, commesse da milizie e dall’esercito. Papa Francesco resterà per oltre un’ora con le vittime nel Centro di Accoglienza della Diocesi di Goma, poi alle 18.30 si recherà in aeroporto per far ritorno a Kinshasa».
Il giorno successivo il Papa volerà verso il Sud Sudan, in direzione di Giuba, la capitale. Una visita dal forte valore simbolico, tuttavia, i pericoli per l’incolumità del Santo Padre sono molti; oltre alle milizie locali delle Stato islamico ADF (Forze Democratiche Alleate) che colpiscono ogni giorno, vi sono episodi di violenza di ogni tipo che vedono spesso coinvolti militari e poliziotti corrotti tanto che nel 2021 secondo il Kivu Security Tracker, vi sono state 273 morti violente. Un viaggio quello del Papa pieno di incognite visto che da qualche giorno nella Repubblica Democratica del Congo è riesplosa la violenza come ci conferma Matteo Giusti giornalista e africanista che tra qualche giorno sarà nelle librerie con il suo nuovo libro La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa (Castelvecchi editore): «Sia il Sud Sudan che la Repubblica Democratica del Congo sono due Stati nei quali la violenza e la guerra sono due malattie ormai endemiche.
La Repubblica Democratica del Congo ha visto scivolare ancora una volta le province orientale di questo enorme Paese in un nuovo scontro militare dove milizie ed eserciti regolari degli Stati vicini terrorizzano, uccidono e violentano. Da una parte il Ruanda, il piccolo, ma pericolosissimo Stato guidato dal Presidente Paul Kagame, l’Uganda guidata da 36 anni dallo scaltro Yoweri Museveni e le sanguinarie milizie del movimento M23, tagliagole addestrati e armati proprio dai ruandesi. Dall’altra il barcollante gigante congolese che non riesce a difendere il suo territorio ed il suo popolo e che è arrivato a chiedere ai cittadini di armarsi per difendere le case». In questa situazione esplosiva dove la più longeva e costosa operazione delle Nazioni Unite si barcamena per evitare la guerra, il Pontefice, dopo aver visitato la capitale Kinshasa, lontana migliaia di chilometri dagli scontri, ha in programma una celebrazione nel cuore del Nord Kivu, la regione dove si stanno scontrando eserciti e miliziani costringendo i cittadini ad abbandonare le proprie case e dove sono stati assassinati i nostri connazionali Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci. Anche nel Sud Sudan la situazione resta tesa come ci conferma Matteo Giusti: «Sì, è meno grave, ma comunque complessa la situazione in Sud Sudan, dove le due etnie maggioritarie dei Dinka e dei Nuer periodicamente si scontrano con ferocia. Una tregua fragile quella del più giovane Stato africano dove è stata protratta di un anno la missione ONU e che solo un anno fa aveva visto il ferimento di un vescovo italiano nella diocesi di Rumbek». Vero che il 2 luglio è ancora lontano ma vista la situazione se fossimo nella Santa Sede ci penseremmo due volte prima di mandare Papa Francesco da quelle parti.