Le mille incognite del tentato colpo di stato militare in Russia
La resa dei conti è cominciata: o finisce Putin o finisce Prigozhin, o finiscono (male) tutti e due
La situazione in Russia è grave, gravissima. Inutile addolcire la pillola: non si tratta di semplice insubordinazione, è in atto un golpe ordito dalla milizia privata Wagner e dal suo capo carismatico Yevgeny Prigozhin contro i vertici delle forze armate russe. Niente di meno, forse qualcosa in più. All'orizzonte, infatti, ci sono tutti i segnali di una guerra civile imminente, specie dopo che il Cremlino ha inviato i ceceni a Rostov sul Don, dove sono asserragliati i Wagner, con l'intenzione di «strappare il cuore a Prigozhin», come ha riferito lo stesso comandante ceceno Ramzan Kadyrov. Vale la pena ribadirlo: il Cremlino non ha inviato le truppe regolari ma piuttosto un altro gruppo di paramilitari teoricamente fedeli a Putin (ma lo era anche Prigozhin fino a pochi mesi fa). Il che potrebbe anche significare che le stesse forze armate russe sono divise e incerte sul da farsi o da che parte schierarsi.Dopo le prime incertezze sul reale significato dell'occupazione da parte della Wagner della sede delle operazioni militari ucraine a Rostov, con il passare delle ore si fa sempre più chiaro il significato della sua azione di forza: Prigozhin si sente fiducioso dei propri mezzi. Del resto, non ha più niente da perdere e vede ormai se stesso come un «dead man walking».
Che il capo della Wagner si percepisse isolato e assediato lo si era capito da mesi: l'origine più recente di questo convincimento va senz'altro ricercata nella censura rigorosa nei suoi confronti da parte dei media di Stato russi, che sono stati istruiti a non citare più le sue dichiarazioni neanche «su argomenti neutrali». Ma, all'epoca dei social, la censura è stata facilmente aggirata.In effetti, il martellante e continuo discredito nei confronti dei vertici militari di Mosca riguardo alla conduzione della guerra in Ucraina da parte di Prigozhin è da tempo fonte di grave imbarazzo per il Cremlino. Il leader della Wagner ha più volte passato il segno, minacciando direttamente il capo delle forze armate Valery Gerasimov e il ministro della difesa Sergej Shoigu che, se non lo avessero sostenuto e rifornito di armi, avrebbe abbandonato le prime linee della guerra e si sarebbe diretto a Mosca per prenderli a «a calci in culo». Il gruppo di mercenari russi, inoltre, aveva pubblicato già a febbraio un manifesto contro il ministero della Difesa, in cui elencava le differenze di trattamento della Wagner rispetto all'esercito regolare. E accusava esplicitamente di corruzione e incapacità i vertici militari. Quando infine Putin, probabilmente tirato per la giacca dai suoi generali, ha firmato l'ordine che prevede e obbliga i paramilitari al giuramento di fedeltà nei confronti delle forze armate - una mossa tardiva, che puntava evidentemente a frenare lo strapotere della Wagner e delle altre soldataglie mercenarie di cui si alimenta l'offensiva russa -; e dopo che gli accampamenti della Wagner a Bakhmut sono stati attaccati da missili russi (secondo quanto affermato da Prigozhin, però smentito da Shoigu), il «cuoco di Putin» ha rotto gli indugi e, detto fatto, è passato all'azione. Ha prima lanciato un appello per fermare il comando militare invitando i soldati russi a unirsi al gruppo Wagner, poi ha occupato militarmente il quartier generale di Rostov con «25 mila uomini», sempre secondo quanto afferma il golpista. Dunque, si è sbagliato chi credeva che il suo recente video in cui lo si vedeva camminare sopra i cadaveri a Bakhmut mentre minacciava i vertici militari di Mosca, fosse parte della Maskirovka («mascheramento») ovvero la pratica sovietica volta a mettere in piedi strategie di occultamento, camuffamento e inganno al fine di confondere il nemico. La realtà è ben peggiore, e rivela molto anche della incapacità del Cremlino di tenere sotto controllo il Paese.
I segnali che preludevano a uno scenario da guerra civile comunque c'erano già tutti: «Molto probabilmente dopo questa guerra ce ne sarà un’altra, ancora più pesante» aveva detto pochi giorni fa Prigozhin. «La Federazione russa dovrà mettersi in assetto difensivo, almeno a giudicare da come stanno ora le cose». Come se non bastasse, nel frattempo l'Fsb, i servizi segreti interni russi, avevano iniziato a perquisire sedi, succursali, case private e persino bar e cantine collegate a Prigozhin e ai suoi. Il che la dice lunga sulla preoccupazione di Mosca nei confronti della Wagner. C'è, in queste ore concitate, anche chi ipotizza che la mossa di Prigozhin sia in qualche modo collegata alla controffensiva ucraina e che, anzi, ne sia parte integrante. Come a dire che lo stesso si è venduto a Kiev, e dunque all'Occidente, o quantomeno ha approfittato del momento per creare ulteriore scompiglio al fine di prendere il potere. Di certo, la ribellione dei wagneriti è una manna dal cielo per la controffensiva ucraina, che ancora non ha inciso in maniera importante nel tentativo di respingere le forze russe. Ora, con Prigozhin che minaccia di marciare su Mosca e che nel frattempo si è attestato a Rostov, la situazione per il Cremlino si fa molto più difficile da gestire: si è infatti verificato proprio ciò che speravano gli ucraini, e cioè che i russi venissero impegnati anche in un fronte interno oltre che esterno. Del resto, le incursioni a Belgorod da parte di milizie russe anti-putiniane (sostenute da Kiev) lo avevano già ampiamente dimostrato. «Porteremo la guerra in casa vostra» avevano promesso. E così è accaduto.Si aggiunga che Rostov non è una città qualsiasi: qui era inizialmente posizionato il comando del Fronte Sud, che è poi divenuta la sede operativa dell’intera campagna di guerra nel teatro ucraino. La città è così diventata il centro nodale russo per l’intera campagna contro Kiev. Inoltre, nonché il centro logistico principale per rifornire tutte le forze a sud del Donetks (quelle a nord dipendono invece da Belgorod, non a caso l'altra città nel mirino di Kiev e dei russi anti-putiniani). Il controllo di Rostov da parte della Wagner blocca dunque i rifornimenti alle unità in prima linea e, teoricamente, in questo modo diventa tecnicamente impossibile per il Cremlino assicurare i rifornimenti necessari.
La mossa di Prigozhin ha incontrato apparentemente molte adesioni in città, secondo fonti russe ascoltate da Panorama.it, specie tra i giovani. Mentre pare che né l'esercito russo né le forze di sicurezza interne abbiano opposto resistenza all'operazione della Wagner. Dietro, secondo alcuni, ci potrebbe essere addirittura la mano di Sergei Surovikin, il vicecomandante delle forze armate russe, che era stato retrocesso lo scorso gennaio da Putin e che non aveva gradito l'accusa di cattiva gestione dell'invasione. Al suo posto era subentrato proprio il «nemico» di Prigozhin, Valery Gerasimov. Un supporto di Surovikin a Prigozhin nella presa di Rostov (dove si sarebbe trovato in questi giorni) sancirebbe la natura di colpo di stato militare all'operazione. Ad avvalorare questa ipotesi vi sarebbe il video comparso oggi sul social Telegram che immortala il leader della Wagner a colloquio con il viceministro della Difesa Yunus-Bek Yevkurov e il vice capo di Stato maggiore Vladimir Alexeyev: i tre si troverebbero insieme a Rostov-sul-Don.