Per gli aerei la guerra di Europa e Usa alla concorrenza cinese non conviene (per ora)
Al salone di Zhuhai Comac annuncia nuovi velivoli e una pioggia di ordini. Ma agli occidentali la guerra commerciale non conviene, la Repubblica Popolare è ancora un cliente troppo prezioso per Airbus e Boeing, ma anche per l'Italia che fa parte dell'indotto.
Un tempo quelle della Cina erano soltanto ambizioni aerospaziali, spesso seguite da qualche pasticcio tecnico o dalla sparizione repentina dei progetti appena svelati. Ma con il salone di Zhuhai di quest’anno, che si chiude domenica con il grande Airshow dedicato al pubblico, al mondo è stato dimostrato che in questo settore la Repubblica Popolare è il vero e unico antagonista tecnologico degli Stati Uniti sul piano militare, mentre per l’Europa potrebbe diventarlo anche in quello civile, a meno di non approfittarne e stringere accordi che portino vantaggi reciproci.
Nell’articolo di qualche giorno fa abbiamo descritto i progressi in campo militare e spaziale, mentre ora è il momento di rivelare quelli civili e commerciali. La Cina sta già cercando di certificare in occidente il suo velivolo per trasporto di linea prodotto da Comac, il C929, bimotore a lungo raggio con un massimo di 320 posti, potenziale concorrente dello Airbus 330 e del Boeing 787 Dreamliner, e dopo alcune interazioni con le autorità aeronautiche occidentali (l’americana Faa e l’europea Easa, dalle quali, imitandone le strutture è stata creata la Caac cinese), l’azienda ha annunciato che sarà la compagnia Air China il primo cliente dell’aeroplano che, inizialmente, veniva sviluppato con una partecipazione russa.
Significa che, almeno per ora, all’estero non lo riescono a vendere; tuttavia, Comac ha anche affermato che il suo jet “regionale”, precedentemente noto come ARJ21, è stato modificato in varie parti e rinominato C909 per uniformità della gamma (si parla di “famiglia” con C909, 919 e 929), e quello ha una certificazione in stato avanzato. Zhang Xiaoguang, direttore marketing dell’azienda, ha dichiarato ai giornalisti presenti a Zhuhai: “Dopo un'attenta riflessione, una lunga gestazione e aver chiesto il parere di molte parti interessate, abbiamo scelto di usare C909 come nuovo nome commerciale per costruire il marchio.” Le modifiche riguardano una riduzione del peso e della resistenza, un contenimento del rumore e anche la possibilità di gestirlo con minori costi dal punto di vista della manutenzione.
Tra gli annunci fatti a Zhuhai, anche quello che Hainan Airlines, compagnia aerea con sede a Haikou e considerata tra le migliori in Cina, che avrebbe firmato un ordine per sessanta esemplari di jet C919 e per quaranta C909. Lo stesso ha fatto Guizhou Airlines, firmando un accordo per trenta aerei C909, venti dei quali già finanziati. In pratica tutti ordini che non vedono ricadute occidentali, ma che servono a Pechino per dimostrare l’efficienza dei suoi prodotti e proporli anche all’estero. In Cina è presente anche l’europea Airbus con una società appositamente costituita (Airbus China), il cui Ceo, George Xu, ha affermato di non temere la concorrenza dei jet cinesi – senza certificazione Easa non possono operare nel Vecchio Continente – e che, al contrario, desidera “Concentrare le risorse per sviluppare progetti con i partner cinesi, anche perché la certificazione cinese del modello Airbus 330neo è in fase di conseguimento senza intoppi, con la prima consegna di un esemplare che potrebbe avvenire nel 2025”. Ha anche aggiunto che Airbus è favorevole al libero scambio con Comac nonostante la disputa tra l'Unione Europea e la Cina sui veicoli elettrici e il potenziale nuovo fronte di attrito che potrebbe nascere con la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, dopo che quest’ultimo ha dichiarato di voler imporre nuovi dazi. Almeno a breve termine, non c’è motivo, se non politico, perché Usa ed Eu tentino di fermare l’esportazione di Comac creando problemi con il processo di certificazione occidentale, poiché tale pratica, qualora applicata anche dalla Cina, costerebbe finanziariamente molto di più alle nazioni coinvolte in Airbus e all’indotto europeo, come a Boeing, che di questi tempi d’altri intoppi proprio non ha bisogno.
Per essere chiari: con le compagnie cinesi volano circa 2.300 velivoli Airbus e oltre 10.000 Boeing; la produzione cinese non riuscirà a sostituirli ancora per decenni, ma una decisione politica costerebbe a noi occidentali miliardi di mancate vendite e assistenze. Pensando all’Italia, pur non essendo direttamente parte societaria di Airbus, fornisce componenti partecipando massivamente alla filiera produttiva ed è con essa socio del costruttore di velivoli ATR – potenziale concorrenza di Comac - come della multinazionale dei missili Mbda. E non è tutto: uscendo dall’atmosfera terrestre, il modello del primo aereo spaziale commerciale senza equipaggio costruito dalla Cina è stato esposto dalla principale società aerospaziale statale Avic, la quale ha affermato che la navetta è in fase di sviluppo per consegnare merci alla stazione spaziale cinese. Secondo il quotidiano ufficiale China Daily – del tutto controllato dal governo di Pechino - il velivolo “porta una soluzione di navetta cargo riutilizzabile a basso costo”.