Dalla Banda della Magliana al Campidoglio
Storia della più potente organizzazione criminale romana i cui ex affiliati arrivano a riciclarsi anche dentro l'amministrazione della città
Nuvole nere tornano ad addensarsi sulla testa del sindaco di Roma Gianni Alemanno. Nere come la fede politica dei numerosi ex esponenti dell'estremismo di destra che il primo cittadino della Capitale ha imbarcato in questi anni nella sua amministrazione.
Questa volta a ottenere un contratto a termine, scaduto nel 2010 e non rinnovato, come consulente per le Politiche Sociali è stato l'ex affiliato alla Banda della Magliana e membro dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari) Maurizio Lattarulo, 52 anni, detto Provolino, oggi gestore di un ristorante di cui non vuole svelare il nome, “altrimenti – spiega in un'intervista - poi scrivete che è il nuovo covo della banda della Magliana".
Ma se non è la prima volta che per indagati e condannati per reati di terrorismo e partecipazione a banda armata, in questi anni, si sono aperti i portoni del Campidoglio e delle più importanti municipalizzate romane, è la prima volta che, nonostante il conto saldato con la giustizia, un'ex della più potente e sanguinaria organizzazione criminale che imperversò a Roma per vent'anni, condannato in via definitiva con l'accusa di aver gestito giri di racket, usura e gioco d'azzardo, ottiene una contratto addirittura presso l'assessorato alle Politiche Sociali affidato al vice sindaco Sveva Belviso che conobbe Lattarulo nel 2005 e lo arruolò tre anni dopo.
La notorietà della Banda della Magliana, soprattutto fuori dai confini della città eterna, è cresciuta negli ultimi anni a colpi di Romanzo criminale: il libro di Giancarlo De Cataldo, il film di Michele Placido, la serie televisiva che ha appassionato e affascinato soprattutto i giovanissimi.
Un'immagine quasi eroica, quella dei componenti dell'organizzazione, resa sul piccolo schermo. Mentre nella realtà, dagli anni '70 e fino agli anni '90 il Libano, il Freddo, il Dandi, insanguinarono Roma con i loro crimini: rapimenti, rapine, omicidi, traffici di armi e droga, riciclaggio di denaro sporco.
All'inizio degli anni '70 la mala romana era organizzata in piccole gang di quartiere, le cosiddette “batterie”, specializzate in un solo e specifico reato: c'era chi rapinava, chi si occupava dell'usura, chi delle estorsioni.
Il salto di qualità arriva con l'incontro tra Franco Giuseppucci, un giovane fornaio di Trastevere con una vocazione per la malavita, Enrico De Pedis, anche lui trasteverino e Maurizio Abbatino, che guidava un gruppo di rapinatori che si era appena costituito nel quartiere della Magliana.
I tre si intendono subito e capiscono che dall'alleanza tra “batterie” sarebbe potuta nascere una “banda”, sul modello di quella dei Marsigliesi appena sgominata, in grado di estendere le sue attività a ogni settore criminale e diventare in poco tempo la più potente organizzazione malavitosa.
Nel giro di pochi anni la Banda riesce a controllare ogni traffico illecito che passa per la Capitale, imponendo la sua forza a colpi di kalashnikov e calibro 9. Diventa un punto di riferimento anche per la criminalità organizzata: mafia, camorra e 'ndrangheta si fidano di questi giovani spregiudicati e spietati e affidano loro diversi incarchi, ingenti quantitativi di droga e armi, oltre a fiumi di denaro da riciclare.
Stretto il legame con l'eversione nera. Della Banda della Magliana entra a far parte anche un terrorista dei Nar Massimo Carminati che contribuisce a creare un rapporto con i capi dell'organizzazione eversiva di destra: Giuseppe Valerio Fioravanti, detto Giusva, suo fratello Cristiano Fioravanti, Alessandro Alibrandi e Francesca Mambro.
Ma la storia della Banda della Magliana è fatta anche di legami, in molti casi ancora da chiarire, con la P2, la politica, i servizi segreti deviati. I magistrati che li hanno messi sotto accusa hanno ipotizzando un loro coinvolgimento in molti misteri italiani, dal sequestro Moro alla strage di Bologna del 2 agosto 1980, alla scomparsa di Emanuela Orlandi.
Il declino della Banda della Magliana inizia verso la fine egli anni '80 per l'opera della magistratura e delle forze dell'ordine, ma anche per le faide interne scoppiate tra i componenti dell'organizzazione.
I capi vengono assassinati uno dopo l'altro e la guida della banda passa di mano in mano, fino al 2 febbraio del 1990, quando viene ucciso colui che oggi è considerato l'ultimo vero boss dell'organizzazione, Enrico De Pedis, detto Renatino, le cui spoglie sono state conservate, fino a poco più di un mese fa, nella cripta della basilica di Sant'Apollinare.
Altri componenti della banda sono stati assassinati negli ultimi anni, qualcuno ha deciso di collaborare con la giustizia, altri continuanoa entrare e uscire dal carcere per reati di vario tipo. Altri ancora ottengono consulenze dall'amministrazione capitolina come Murizio Lattarulo.
Ma chi è Provolino? E che ruolo ha avuto dentro la banda? “Lattarulo venne rinviato a giudizio – ricorda il giudice che firmò la richiesta Otello Lupacchini - come partecipe all'associazione denominata Banda della Magliana”. Con quale ruolo in particolare? “Lavorava al fianco dell'ex Nar Massimo Carminati, braccio destro di Enrico De Pedis”. Che attività svolgeva nella malavita romana? “Spalleggiava lo stesso Carminati nell'attività di esattore per conto di De Pedis. Il suo regno erano le bische clandestine e i circoli privati con le macchinette dei video poker. La sua presenza fu spesso attestata, insieme a quella degli stessi De Pedis e Nicoletti, presso la sede della società Alecar in via Celimontana 38, abituale luogo di ritrovo dell' ala testaccina della Banda, e centro, come hanno fatto emergere le indagini dei carabinieri del Ros, di una serie di attività di riciclaggio da parte dei Nar a favore della stessa Banda della Magliana”.
Dall’ordinanza di sentenza che ha permesso al magistrato di sgominare l’holding criminale emerge dunque il profilo di tutto rispetto di Provolino “già esponente dei Nar e indicato come “braccio destro” dello stesso De Pedis” il quale controllava due settori di attività, “quello del riciclaggio, anche attraverso l'usura, del reinvestimento di "denaro sporco" e della ricettazione”, settore al quale era preposto, oltre Enrico Nicoletti, Massimo Carminati ed Ettore Maragnoli anche lo stesso Maurizio Lattarulo “gia' ampiamente noto a questo Reparto in quanto tratto in arresto nell'ottobre 1982 con il Carminati stesso nell'ambito delle indagini sul gruppo eversivo di destra "NAR" (Nuclei Armati Rivoluzionari)”.