Valditara
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Ddl Valditara, cosa ne è del personale scolastico

Il ddl Valditara introduce una serie di strumenti nel sistema scolastico italiano. Intanto gli insegnanti italiani rimangono senza prospettive e con una retribuzione più bassa rispetto ad altri paesi europei

Il ddl Valditara, chiamato anche riforma del voto in condotta, è stato approvato alla Camera in via definitiva. Il decreto introduce una serie di strumenti nel sistema scolastico italiano come per esempio la non ammissione all’anno successivo con il 5 in condotta, il ritorno alla valutazione numerica sul comportamento e le multe per l’aggressione al personale scolastico. Eppure la scuola in Italia continua ad avere insegnanti senza prospettive di carriera e con l’assenza di un riconoscimento economico adeguato. Se confrontiamo la retribuzione lorda di livello medio di un insegnante di scuola superiore italiana, scopriamo che nel 2022 era pari a 33 mila euro annui rispetto ai 75 mila in Germania, 67 mila in Olanda e 45 mila in Francia (dati rivista n. 6 eco). Per la crescita del sistema educativo italiano non è da sottovalutare l’importanza dei servizi educativi per l’infanzia. Si tratta di quei servizi erogati dalla nascita del bambino fino alla scuola dell’obbligo il cui utilizzo in età prescolare risulta essere fondamentale per lo sviluppo cognitivo, socio-emotivo e di salute del bambino con benefici anche nell’età adulta. Per questa ragione, la scuola in età prescolare diventa fondamentale. Guardando ai dati Eurostat del 2022, che analizza il tasso di utilizzo dei servizi educativi per la prima infanzia e della scuola d’infanzia, vediamo l’Italia classificarsi all’undicesimo posto, dopo Danimarca, Paesi Bassi, Francia, Svezia, Belgio, Slovenia, Norvegia, Spagna, Portogallo e Finlandia, collocandosi intorno al 30,9 per cento: dato sensibilmente inferiore rispetto alla media Eu pari al 35,9 per cento. Con queste premesse come si potrà gestire il disegno di legge 1830 di revisione della valutazione del voto in condotta e per la tutela dell’autorevolezza del personale scolastico approvato il 25 settembre 2024 dall’Assemblea generale della Camera? Lo chiediamo al dirigente scolastico Massimo Angeloni dell’Istituto d’istruzione superiore Andrea Ponti di Gallarate, in provincia di Varese. Il dirigente Angeloni gestisce 2200 studenti, 110 classi e 280 docenti.

Se confrontiamo la retribuzione di un docente della scuola italiana scopriamo che è più bassa rispetto ad altri paesi europei. Alla luce del provvedimento Valditara, pensa che il decreto sia efficace per migliorare il sistema scolastico nonostante gli stipendi bassi dei docenti?

Il ddl Valditara è un provvedimento serio e mette a disposizione più strumenti per intervenire nelle scuole. Gli strumenti servono e sono importanti per tutto il sistema scolastico italiano. Il nuovo regolamento concede delle possibilità che si aggiungono a quelle che già esistevano per cui sicuramente ci aiuta. Per centrare la domanda sugli stipendi di un insegnante italiano le dico che è vero che i docenti italiani guadagnano meno di quelli di altri Paesi europei, a volte anche quasi la metà.

Quali sono gli aspetti su cui si potrebbe fare di più per migliorare il sistema educativo italiano?

Sono convinto che per migliorare il sistema scolastico italiano sia necessario lavorare su due fronti. Da una parte occorre lavorare sul contratto collettivo nazionale del lavoro senza fare piccole modifiche sull’esistente, ma ricominciando da zero. E poi, si dovrebbe definire un testo unico sul ruolo del docente. Questo, sarebbe fondamentale per il riconoscimento della professionalità del docente. E qui, c’è tutto un sistema da mettere in piedi.

Lei pensa che la formazione dei docenti potrebbe essere una soluzione efficace?

Oggi la formazione è continua e lo è anche dal punto di vista dei finanziamenti. I docenti si formano continuamente. Certo è che se l’insegnante non crede nell’attività formativa, allora non serve a niente lo strumento. Non deve capitare mai che un insegnante non sappia usare un computer. Raramente capita, ma non dovrebbe capitare mai!

Lei ha 280 insegnanti da gestire, quindi conosce i bisogni degli insegnanti. Quali sono le esigenze prioritarie per gli insegnanti?

L’insegnante non è mai solo. Oltre a me, ci sono i ragazzi e le famiglie che sono sempre accanto a lui e che a volte svolgono una funzione di controllo. Ma ci tengo a ribadire che per migliorare il sistema educativo italiano bisogna ridefinire un Testo unico per stabilire qual è il profilo del docente. Bisognerebbe ridefinire quelle attività indispensabili per raggiungere uno standard minimo che il docente deve soddisfare prima del suo ingresso nella scuola. Prima di entrare in classe il docente deve essere pronto per farlo. Non basta il concorso, non è sufficiente fare la lezione simulata. C’è bisogno di un percorso più strutturato che professionalizzi il docente e che permetta al dirigente di avere la certezza che il docente sia pronto per entrare in classe. Non sempre è così. Poi, ovviamente, succede che quando i docenti entrano in classe si mettono a studiare, si formano per esigenza di sopravvivenza. Oggi in classe se non si è preparati non si sopravvive. La vecchia idea di fare un percorso triennale che metteva insieme lavoro e studio non era male. Bisognava correggere alcune cose. Si trattava di fare una specie di dottorato di ricerca propedeutico all’ingresso nella scuola. Credo sia un percorso giusto da fare per supportare il docente prima del suo ingresso in classe.

Lei ha 2200 studenti di scuola superiore da gestire. Cosa pensa del voto in condotta che prevede la bocciatura in caso di insufficienza così come introdotto dal ddl Valditara?

Come è sempre stato, la scuola è la principale agenzia educativa e anche oggi la società ci consegna dei ragazzi da educare. Il voto in condotta non mi sembra così tanto rivoluzionario. Tanti strumenti resi possibilistici dalla nuova norma, in realtà erano utilizzati già da parecchie scuole. Voglio dire che non si può demandare esclusivamente allo studente la propria crescita personale. E’ richiesta la partecipazione attiva dell’istituzione scolastica che propone spesso attività alternative educative in maniera da poter innescare un momento di consapevolezza da parte del ragazzo e riflettere su ciò che ha fatto di sbagliato per recuperare. Penso, dunque, che il provvedimento non irrigidisca il rapporto tra docente e studente. Ci vuole molto impegno da parte di tutti e l’impegno non basta mai. E’ come giocare a calcio. Ci vuole impegno, allenamento e visione per centrare gli obiettivi.

Lei pensa che sia giusto utilizzare il criterio delle multe per rinnovare l’autorevolezza dei docenti senza passare per un giusto riconoscimento economico?

Autorevolezza e autorità viaggiano insieme. Occorrerebbe ridefinire un testo unico sulla figura del docente e poi, come ho detto, bisogna lavorare su un nuovo contratto di lavoro. Le uniche cose definite con chiarezza nell’attuale contratto di lavoro sono le ore che il docente deve fare: 18 per le superiori, 22 ore per la primaria comprese le 2 ore di programmazione settimanali e 25 per l’ infanzia. Ma attenzione perché il lavoro non è quantificato e dunque il resto, ovvero: il lavoro sommerso, non è riconosciuto. Bisogna ridefinire la figura del docente come una figura professionale di alto livello e considerare le ore di lavoro straordinario. Per me sarebbe utile considerare il docente come un professionista che lavora nella pubblica amministrazione e dunque con un orario di lavoro d’ufficio fatto di lezioni, studio e momenti di condivisione. In questo modo si potrebbe sviluppare una vera comunità di apprendimento con confronti e momenti di crescita continui. Il ruolo del docente deve essere ridefinito e trattato come quello di un professionista di alto livello. Va considerato in tutta la sua complessità. Oggi il suo lavoro non è quantificato e non è qualificato abbastanza. Non basta il sistema delle multe perché se colui che mi sanziona non è riconosciuto dallo studente come autorevole, è inutile.

Qual è la sua visione sulla necessità di avere lo psicologo nelle scuole?

La vera novità sarebbe quella di istituire due figure fisse all’interno della scuola. La figura di uno psicologo scolastico andrebbe considerata accanto a quella di uno psicopedagogista. In tal modo sarebbero entrambe di supporto all’intera comunità fatta di docenti, ragazzi e famiglie. Bisogna avere figure fisse e non figure con un incarico a termine perché se il rischio è quello di perderle non è importante averle.

Lei crede che i servizi educativi dell’infanzia siano fondamentali per lo sviluppo del bambino e dunque per consegnare uno studente migliore alla società?

La qualificazione del personale deve essere tanto più alta quanto più il bambino è piccolo per permettergli di crescere in autonomia. Penso che si debba lavorare molto in tal senso per consegnare adulti migliori alla società civile proprio partendo dai primi anni di vita del bambino. Significherebbe migliorare nettamente il sistema educativo.

Andrà a vedere il film Maria Montessori – la Nouvelle Femme di Léa Torodov in cui si parla del famoso metodo educativo italiano?

Sì. Sono certo che andrò a vedere il film.

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Rosita Stella Brienza

Laureata in Scienze della Comunicazione all'Università Lumsa di Roma; Master in Business e Comunicazione all'Istao di Ancona. Giornalista dal 2008 per Repubblica, La Nuova del Sud e Panorama.it. Dal 2015 collaboratrice a Radio Laser

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