Diffamazione a mezzo stampa: le 5 novità principali
Stop al carcere per i giornalisti, sanzioni in denaro per le testate online, diritto all'oblio e modifiche su rettifiche e responsabilità dei direttori
Stop al carcere per i giornalisti, introduzione del diritto dall'oblio oltre a quello di rettifica ed estensione delle sanzioni pecuniarie anche per le testate online. Sono questi alcuni dei punti principali del ddl sulla diffamazione a mezzo stampa sul quale domani l'Aula del Senato voterà dopo aver approvato, oggi, tutti e 5 gli articoli del provvedimento (poi il ddl tornerà alla Camera). Sul testo, già modificato in commissione Giustizia, oggi l'Aula ha dato l'ok anche ad alcuni emendamenti, tra i quali uno presentato dal M5S, con il parere favorevole del Governo, inerente proprio all'estensione delle multe anche per le testate online. Ecco i punti principali del provvedimento.
Stop al carcere per i giornalisti
È forse la novità principale del provvedimento che, sostituisce, per chi diffama a mezzo stampa, la pena detentiva con una sanzione pecuniaria fino a 10mila euro. Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della sua falsità, la multa va dai 10 ai 50mila euro. La rettifica, se conforme a quanto prevede il testo, sarà valutata dal giudice come causa di non punibilità sia per il direttore responsabile sia per l'autore dell'offesa. L'interdizione da uno a sei mesi dalla professione è prevista solo nei casi di recidiva reiterata.
Rettifica
Il direttore o, comunque, il responsabile deve pubblicarla gratuitamente, entro due giorni dalla ricezione della richiesta, senza risposta, senza commento e senza titolo e menzionando titolo, data e autore dell'articolo da rettificare. L'obbligo di rettifica vale per quotidiani, periodici, agenzie di stampa, nonchè' nelle testate giornalistiche online, che invieranno la rettifica agli utenti che hanno avuto accesso alla notizia cui si riferiscono. La rettifica non va pubblicata se ha contenuto suscettibile di incriminazione penale o se documentalmente falsa.
Diritto all'oblio
Ferma restando la rettifica, l'interessato può chiedere ai siti internet e ai motori di ricerca l'eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione della legge. In caso di rifiuto lo stesso può chiedere al giudice di ordinare la rimozione ovvero quello che la Corte europea, con una sentenza del 13 maggio 2014, definisce il diritto all'oblio per il diffamato. La norma era stata già presentata con un disegno di legge dal socialista Enrico Buemi.
Le querele "temerarie"
Tra gli emendamenti approvati oggi anche quello che scoraggia le querele temerarie. La modifica, a firma di Felice Casson e sul quale la relatrice Rosanna Filippin (Pd) ha chiesto e ottenuto una riformulazione prevede che, su richiesta del convenuto, il giudice, con la sentenza di rigetto, possa condannare al pagamento di una somma (non specificata) in via equitativa chi ha agito in sede di giudizio in malafede o con colpa grave. Ugualmente, il giudice puo' condannare ad un risarcimento 'equitativo' il querelante, se risulta la temerarietà della querela.
La responsabilità del direttore
Fuori dei casi di concorso con l'autore del servizio, il direttore o il suo vice non rispondono più "a titolo di colpa" a meno che il delitto non sia conseguente alla violazione dei doveri di vigilanza della pubblicazione. La pena è in ogni caso ridotta di un terzo mentre è esclusa la pena accessoria dell'interdizione dalla professione.