Donald Trump torna a fare Donald Trump
Accerchiato e in caduta libera nei sondaggi, il candidato del GOP contrattacca e parla di "frode elettorale" in arrivo
In caduta libera nei sondaggi, che segnalano un vantaggio di Hillary Clinton fino a 15 punti percentuali, abbandonato da un pezzo importante della nomenklatura del Partito repubblicano, accusato di sessismo e xenofobia da gran parte della stampa nazionale, Donald Trump torna a fare quello che gli riesce meglio, dismettendo gli abiti presidenziali che aveva indossato, su suggerimento dei suoi primi spin doctor, dopo l'incoronazione a Cleveland.
Attaccare, controbattere, alzare la posta in un vortice di dichiarazioni e tweet - contro la «corrotta» Hillary Clinton o le «elezioni truccate» dai media «asseviti» - che gli stanno alienando le residue simpatie del pezzo del GOP che gli è rimasto fedele, ma compattano anche il suo elettorato.
The election is absolutely being rigged by the dishonest and distorted media pushing Crooked Hillary - but also at many polling places - SAD
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 16 ottobre 2016
Non è detto che questa strategia non possa avere successo, come emerso da un sondaggio di AP che registrava a settembre come soltanto un terzo degli elettori repubblicani si fida della correttezza del processo elettorale. E non era ancora partita la campagna di Trump tesa a instillare dubbi sul voto in America.
Qualche giorno fa, quando era ormai finito sotto assedio, Trump ha definito l'elezione presidenziale una «grande e brutta bugia». Non importa - come scrive stamane il New York Times - che «le elezioni americane siano, a differenza di quanto accade nella maggior parte delle democrazie, largamente decentralizzate e sia perciò altamente improbabile che possa accadere una frode su larga scala».
Non importa nemmeno che «lo spoglio in gran parte degli Stati contesi sarà supervisionato da ufficiali pubblici nominati dal partito repubblicano». Quello che conta, per Trump, è alzare un polverone sapendo che, in un'America sempre più disillusa e arrabbiata, le sue argomentazioni contro la «frode elettorale» trovano un consenso «di pancia» molto largo nel Paese, un consenso che difficilmente viene registrato nei sondaggi.
Probabilmente non sarà sufficiente per recuperare lo svantaggio nei confronti di Hillary. Né gli sarà sufficiente il sostegno che continua a ricevere, sul tema della «frode», da Newt Gingrich, ex speake del Congresso, e da Rudolph W. Giuliani, ex sindaco di New York.
È però certo che nessun candidato presidenziale, nemmeno nei periodi di confronto più duro, si era mai spinto a instillare il dubbio sulla correttezza del voto.
Per Trump è la mossa della disperazione. Ma potrebbe funzionare, se non altro per convincere anche una parte disillusa della sinistra a stare a casa o votare gli altri due candidati alternativi, come Gary Johnson (liberista libertario) o Jill Stein (verde). Trump proverà a vendere cara la pelle. Anche perché Hillary è tutt'altro che salda e amata. E in campagna elettorale altri colpi bassi e altre rivelazioni potrebbero cambiare il corso delle cose.
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