Senza Matteo il vuoto (e il voto)
Sono ricorrenti in Italia i grandi amori per i leader politici. Ma Renzi, oltre al vantaggio dell’età, può giocare sul fattore "ultima spiaggia" e su un capo dello Stato pronto a sciogliere le Camere se dovesse fallire.
Di chi si è innamorata la maggioranza degli italiani prima di Matteo Renzi? Certamente di Benito Mussolini. Allora non c’erano sondaggi, ma fino al 1935-36 (guerra d’E"tiopia) il consenso del Duce era enorme. Al punto che il 18 novembre del ’35 – quando la Società delle nazioni inflisse all’Italia le sanzioni per la nostra campagna coloniale – anche molti antifascisti si ribellarono. Anche allora, nonostante la nostra influenza internazionale fosse paradossalmente maggiore di oggi, subimmo un trattamento peggiore dei paesi più forti. Premesso che il colonialismo oggi ci farebbe rabbrividire, allora Gran Bretagna e Francia avevano fior di colonie, come altri paesi. Noi solo la Libia. Ma appena provammo a espanderci, giù bacchettate. Come fa adesso l’Europa sull’eventuale sforamento del 3 per cento: accordato alla Germania quando ne ebbe bisogno e due volte alla Francia, mai a noi.
Nel dopoguerra Alcide De Gasperi era certamente l’uomo che riscuoteva il consenso più ampio. Ma la freddezza del carattere non lo avvicinava alle folle. La larga maggioranza degli italiani gli era grata per averla salvata dal comunismo (e anche i comunisti più avveduti, sotto sotto, avevano il terrore di finire sotto Stalin...). Eppure si dovette aspettare il lunghissimo viaggio in treno della sua bara da Sella di Valsugana a Roma dopo la morte nell’agosto del ’54 per capire quanto fosse enorme l’affetto che gli portava il Paese. Dopo di lui, nessun leader democristiano è stato amato in modo travolgente. Non lo fu Bettino Craxi, che come molti timidi non era simpatico: il fallimento per ragioni diverse della "grande riforma" lo lasciò sempre in un ruolo minoritario. Enrico Berlinguer fu più amato di Palmiro Togliatti: il Migliore era un pezzo di ghiaccio e anche Berlinguer (timido come Craxi) si crucciava dell’immagine (sbagliata) di uomo triste. Le esequie monumentali in San Giovanni gli resero giustizia.
Quando tra qualche decina d’anni Silvio Berlusconi raggiungerà il suo Pari grado che è nei cieli, sarà seguito al camposanto da una folla assai più imponente di quanto oggi non s’immagini. Anche se la rivoluzione liberale promessa nel ’94 è per larghi tratti incompiuta, molti milioni di italiani gli sono grati per aver evitato che Mani pulite avesse la fatale conseguenza di un governo Occhetto e per aver provato ad attenuare la morsa dirigista che spesso ha complicato la vita degli italiani.
Ed eccoci a Renzi. Il suo alto tasso di popolarità deriva da molti fattori: la giovane età, il parlare fuori dei denti, il coraggio di aver ospitato Berlusconi al Nazareno, l’avere imposto tempi assai stretti e comunque pre"cisi per riforme che da molti anni restano una vana aspirazione. Anche a costo d’inimicarsi la Cgil e i "professoroni" che sono stati sempre la palla al piede della sinistra e l’implacabile linea di fuoco contro la destra. Il suo formidabile vantaggio rispetto a Berlu"sconi è di essere davvero l’ultima spiaggia prima delle elezioni, mentre quando il Cavaliere si sentiva tradito dagli alleati non ha mai avuto un capo dello Stato pronto a sciogliere le Camere. Non è difficile trovare qualche elemento di demagogia e di improvvisazione in più di un provvedimento, ma se Renzi riuscisse a varare una buona legge elettorale, una dignitosa riforma costituzionale e provvedimenti seri e concreti di rilancio economico con una progressiva riduzione delle imposte, la sua popolarità potrebbe resistere a lungo. Altrimenti, Dio lo guardi dai voltagabbana.