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Effetto Schulz: è lui ora il politico più popolare della Germania

Per la prima volta i sondaggi segnalano il sorpasso della Spd sulla Cdu-Csu della cancelliera Merkel

C'è un Paese in Europa dove gli storici partiti di governo godono, nonostante tutto, di buona salute e sembrano ancora in grado di resistere all'onda dirompente del populismo che sta sconquassando il sogno dell'unità europea.

Quel Paese è la Germania di Angela Merkel.

Quando mancano ormai otto mesi alle elezioni legislative tedesche, gli ultimi sondaggi segnalano il sorpasso della Spd, il più antico partito d'Europa, sulla Cdu-Csu della cancelliera, al governo del Paese - in coabitazione con la Spd o con i liberali, infine ancora con la Spd - da ormai dodici anni. Un sorpasso tanto clamoroso quanto inatteso, se si pensa che, in base a tutte le ricerche sondaggistiche, soltanto una settimana fa il vantaggio di cui godevano i cristiano democratici tedeschi sui socialisti (con cui condividono la coalizione di governo) era superiore ai dieci dodici punti.

In Germania lo chiamano effetto Schulz, il neosegretario della Spd attorno al quale, dopo la conquista della presidenza Spd, si sta coagulando un movimento largo, per certi versi stupefacente se si tiene conto che Schulz non è esattamente un politico di primo pelo, non può far leva come Obama nel 2008 sull'effetto novità: Schulz è una vecchia volpe della socialdemocrazia sulla scena, e in ruoli di primo piano in Europa, ormai da vent'anni.

C'è un altro dato che conferma l'eccezione tedesca in un continente dove le forze populiste (da Marine Le Pen a Beppe Grillo) sono, o appaiono, a un passo dalla conquista del potere politico: la forza di Schulz nell'elettorato giovanile, tra i 18 e i 35 anni, la fascia di età più sensibile in genere alle sirene del populismo antieuropeo, registrata da tutte le rilevazioni.

Non che un sorpasso di un solo punto (31 per la Spd a 30 per la Cdu, secondo Inn poll) sia un'ipoteca sulla conquista della cancelleria o sia di per sé indicativo di quale stravolgimento politico-elettorale in Germania.

Chiunque vinca, salvo cataclismi o crolli inattesi, sarà probabilmente costretto a rinnovare la Grosse Koalition, essendo l'ipotesi di un governo rosso-verde (Spd+Linke+Grunen) difficilmente praticabile sul piano numerico ma anche politico.

In  gioco ci sarebbe solo, attualmente, la guida della cancelleria, non il tipo di coalizione che reggerà   la Germania nella prossima legislatura. Ma il fatto che i nazionalpopulisti antieuropei della Alternative fur Deutschland  di Frauke Petry e Jörg Meuthen siano fermi al 12% e la Linke (ex comunisti) - oggi segnalata attorno al 10 - abbia subito una significativa erosione di consensi dopo la conquista della presidenza Spd da parte di Schulz conferma l'eccezione tedesca, unico Paese in Europa dove i partiti tradizionali novecenteschi (Spd e Cdu) continuano ad avere una notevole presa sull'elettorato.

Martin Schulz ha saputo  costruire attorno alla sua figura una narrazione anche epica, quella di una giovane ex giovane promessa del calcio che si rifugia nell’alcol dopo che un infortunio gli stronca la  carriera. Quella di un uomo i cui genitori sono stati perseguitati sotto il nazismo. Quello di un piccolo libraio di provincia, proveniente da una famiglia modesta, che è diventato grazie alla tenacia, alla cultura e alla battuta pronta prima presidente del parlamento europeo e oggi candidato alla cancelleria.

Conta anche, a spiegarne la rimonta, a spiegare quel sondaggio che per la prima volta(dopo molti anni) in Germania lo ha incoronato come il politico più popolare di Germania, il fatto che i tassi di crescita attuali (1,9% nel 2016) della locomotiva tedesca non siano più così alti, che la nuova occupazione abbia riguardato essenzialmente lavori part time e mal pagati (i cosiddetti mini job), che la crisi dei profughi (di cui beneficiano i nazionalpopulisti di Frauke Petry) abbia diffuso un certo malcontento nel Paese, di cui a fare le spese è stata ovviamente soprattutto la cancelliera. Ci sono insomma, anche in Germania, i primi segnali di un malcontento popolare, di una stanchezza verso la figura di Angela Merkel sempre più diffusa.

Schulz potrebbe approfittarne. Riproponendo, in salsa un po' più progressista, le tradizionali ricette merkeliane, basate però su un austerity un po' più morbida in Europa e, in Germania, su una maggior crescita dei salari.


 

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Redazione Panorama