Egitto: è tutto nelle mani del generale Sisi
Scaduto l’ultimatum, i carri armati sono nei punti nevralgici del Cairo. Il passaggio del potere sarà incruento? Tutti gli aggiornamenti sulla crisi del Cairo
Per Lookout news
Quando il presidente egiziano Mohammed Morsi nominò Abdel Fattah Al Sisi nuovo capo dell'esercito e ministro della Difesa, non immaginava certo che Sisi potesse rivoltarglisi contro. Proprio lui, che si diceva fosse un devoto musulmano e particolarmente vicino ai Fratelli Musulmani.
Invece, è stato il generale in persona a lanciare l’ultimatum contro chi lo aveva nominato meno di un anno fa. Se vale ancora l’adagio “la rivoluzione mangia i suoi figli”, c’è da credere che Morsi abbia le ore contate. I carri armati dell’esercito sono già schierati di fronte alla Tv di Stato, un classico irrinunciabile per ogni colpo di Stato che rappresenta al contempo un monito ma anche il preludio di un annuncio alla nazione. In ogni caso, le conseguenze dell’attuazione dell’ultimatum restano piene d’incognite.
Ma, si badi bene, dal solo punto di vista della violenza, che potrebbe o meno scatenarsi dal momento in cui la deposizione di Morsi avvenisse in maniera cruenta, coinvolgendo sia l’establishment (già numerosi ministri e guardie del corpo del presidente sono però in fuga) sia le piazze pro-Morsi. Perché per il resto, il disegno dei militari appare meno confuso: loro diranno che si autoproclamano reggenti in nome del popolo, per governare il caos fino a nuove elezioni.
Le mosse del generale
La prassi, comunque, vuole che i militari rispondano col pugno duro alle inevitabili proteste degli islamisti - pur se questi ultimi sono divisi al loro interno tra Fratelli Musulmani e salafiti - e non esiteranno a cannoneggiare chi gli si oppone, in ragione di quei 22 milioni di firme che vogliono Morsi deposto e del mezzo milione di egiziani a Piazza Tahrir che li spalleggiano.
Sia come sia, l’apparizione del generale Sisi in televisione di due giorni fa, quando con un comunicato ha indicato le modalità e l’orario di scadenza dell’ultimatum (oggi, alle 16:30 ora italiana) ha scatenato vere e proprie scene di giubilo in piazza Tahrir, al Cairo. E gli elicotteri che hanno sorvolato la piazza sventolando la bandiera egiziana - un’intelligente mossa d’immagine per l’esercito - sono stati salutati altrettanto calorosamente dal popolo: cori, bandiere e clacson delle migliaia di cittadini secsi a manifestare hanno quasi sovrastato il rumore delle pale degli elicotteri che fendevano l’aria.
Si è potuto persino sentire la folla scandire queste parole: “Vieni giù Sisi, Morsi non è il mio presidente”, come se il capo dell’esercito fosse egli stesso su uno di quegli elicotteri a benedire una piazza che crede davvero che i militari rappresentino la garanzia della prosecuzione della “Rivoluzione egiziana” o Primavera Araba” che dir si voglia. Non è esattamente così.
Chi è Abdel Fattah Al Sisi
Comandante in capo delle Forze armate, ministro della difesa e capo del Consiglio supremo delle forze armate egiziane (SCAF), il generale Sisi sta diventando in queste ore un vero eroe per il popolo di Piazza Tahrir. Ma, tanto per fare un esempio, egli è lo stesso uomo che era stato ampiamente criticato per aver tentato di giustificare i “test di verginità” compiuti dall'esercito sulle donne recluse in carcere. Famosa la frase oggetto di aspre critiche: "La procedura del test di verginità è stata compiuta per proteggere le ragazzine dallo stupro e per proteggere i soldati e gli ufficiali da accuse di stupro”.
Nato al Cairo il 19 novembre 1954, Sisi è già stato dipinto come il volto-simbolo della nuova generazione egiziana quando ha assunto l’incarito nell’agosto 2012 dal presidente Morsi, che per lui ha deposto l’anziano feldmaresciallo Mohamed Hussein Tantawi.
La sua nomina da parte del presidente islamista si spiega anche in ragione del fatto che egli fosse davvero la prima scelta da parte della Fratellanza. Non che Sisi sia un membro della Fratellanza ma certo vi sono evidenti contiguità con i Fratelli Musulmani. Non solo: dagli Stati Uniti giungono voci secondo cui Sisi sia stato finanziato nientemeno che dal Pentagono, dove il generale, una volta laureatosi all’accademia militare egiziana nel 1977, ha studiato per un anno presso l'US Army War College della Pennsylvania.
Gli americani, precipitosamente favorevoli alla Fratellanza e probabilmente molto sorpresi (as usual) dall’andamento attuale delle faccende in quel d’Egitto, descrivono il generale Sisi come “molto devoto”. Sia come sia, il comandante dell’esercito deve sbrogliare una situazione tecnicamente di non facile soluzione: se il colpo di Stato avrà luogo, deve decidere cosa fare del presidente Morsi (esilio?), come rispondere alla folla radunata a Nasr city al Cairo luogo simbolo dei manifestanti islamisti, come giustificare a livello internazionale una presa di potere che sospende di fatto la pur fragile realtà democratica di un Paese che ha scelto regolarmente il suo leader.