Elezioni in Germania: com'è andato davvero il nuovo confronto Merkel-Schulz
Nei 100 minuti davanti alle telecamere i due contendenti si sono sfidati soprattutto su welfare e politica estera
Angela Merkel ha vinto il dibattito televisivo contro Martin Schulz. Siamo d’accordo, questa non è una notizia. Molto, troppo annunciata era l’affermazione della Cancelliera.
Eppure se milioni di tedeschi hanno deciso di seguire il confronto, qualcosa in gioco c’era. Forse il fatto che Merkel aveva perso, storicamente, i primi tre dibattiti televisivi e quindi si sperava in qualcosa di nuovo da una campagna elettorale dall’esito quasi scontato.
Il dibattito, se non ha detto molto sull’esito delle prossime elezioni, ha fornito comunque alcuni spunti per capire la futura politica tedesca. E cioè continuità, in una parola. E in fondo è lo stesso concetto che, letto nella logica ferrea della Grosse Koalition, ha impedito a Schulz di poter sferrare attacchi decisivi.
Due i punti salienti dell’offensiva dialettica dello sfidante: in politica interna il welfare state e in politica estera i rapporti con la Turchia. In entrambi i casi, Merkel ha saputo replicare con l’esperienza che ormai le viene da 12 anni ininterrotti al potere.
Politica interna
Sul primo punto per la Merkel è stato fin troppo facile districarsi. Le critiche al welfare tedesco sono un controsenso per qualsiasi leader socialdemocratico, dal momento che tutto l’impianto si regge, dal 2002 almeno, sul Piano Hartz (dal nome di Peter Hartz, consigliere economico di Gerhard Schröder) ed è appunto tutta farina del sacco SPD.
La riforma del lavoro, i sussidi di disoccupazione, e tutta la disciplina giuslavoritisca sono la sintesi della visione sociale del partito di Schulz. Quindi un’arma, quella della crisi sociale, sempre attraente per un dibattito tv, ma di fatto spuntata per un leader progressista che ne è stato tra i fautori.
Politica estera
Sul secondo punto Schulz ha cercato un colpo ad effetto. Se dovessi diventare Cancelliere mai la Turchia nella UE. Merkel ha risposto che in linea di principio è d’accordo e che ne parlerà coi partner europei, ma come fare coi cittadini tedeschi (sono 14) nelle prigioni di Ankara?
Il dialogo col Sultano, seppur a malincuore, deve continuare. Così come il dialogo, visto che siamo entrati in campo di politica estera, deve proseguire affinché l’escalation in Corea del Nord si plachi e la diplomazia spenga i propulsori dei missili.
Merkel: una vera statista
Insomma Angela Merkel più che parlare come una statista si è rivelata, ma non lo scopriamo oggi, una statista. Anche in tema migranti, con la decisione storica che la Cancelliera assunse nel 2015 di accoglierne 1 milione all’apice della crisi siriana, Merkel ha rivendicato la correttezza e il coraggio di quella scelta.
Anche su questo tema Schulz non aveva a disposizione che armi spuntate. Ha rimproverato all’avversaria di aver agito in maniera unilaterale, senza coinvolgere gli altri leader europei, ma Merkel ha avuto sin troppo facile gioco nel ricordare che il coinvolgimento di una figura come l’ungherese Viktor Orban lascia il tempo che trova. Ma d’altronde è Schulz il primo ad aver chiaro come, in tema migranti, la Costituzione nazionale e la Convenzione di Ginevra parlano chiaro e nessuna scorciatoia populista è moralmente lecita.
In cifre
Merkel ha stravinto, secondo alcuni col 49% dei consensi, secondo altri con il 55%. Il dibattito è durato quasi 100 minuti. Si voterà il 24 settembre e Angela Merkel sembra lanciata verso il suo quarto mandato.
Se dovesse essere di nuovo Grande Coalizione tra CDU ed SPD nessuno in Germania se ne stupirà, la cosa funziona da anni; con lo spettacolo delle elezioni alle spalle, e con Merkel e Schulz che si somigliano più di quanto un dibattito tv non li costringa momentaneamente al ruolo di antagonisti, il razionalismo tedesco potrà rimettersi all’opera.