Elezioni in Spagna: il PP di Rajoy è primo, ma non vince
Persa la maggioranza assoluta in parlamento, con il 28,7% di voti. Il Psoe secondo con il 22%, terzo Podemos (20,7%). Ora o si rivota o è rischio instabilità
Che cosa accadrà ora? Le elezioni in Spagna non hanno un vincitore, benché il Pp del premier Mariano Rajoy sia ancora, con 123 seggi, nettamente il primo partito.
I risultati definitivi parlano chiaro: con il 73,2% dei partecipanti al voto il Pp, sebbene al primo posto, perde la maggioranza assoluta in parlamento, con il 28,7% e 123 seggi su 350. Il Psoe di Pedro Sanchez arriva secondo con il 22% e 90 seggi, davanti a Podemos, 20,7% e 69 deputati, ed a Ciudadanos, 13,9% e 40 seggi.
Per il Psoe è il peggiore risultato dalla fine del franchismo, per il Pp dal 1982. Izquierda Unida ottiene due seggi, e i vari partiti nazionalisti, che potrebbero rivelarsi decisivi per la laboriosa formazione di una maggioranza di governo, 26 (9 la sinistra repubblicana catalana, 8 la lista Dl del presidente secessionista catalano Artur Mas, 6 il partito nazionalista basco Pnv, 2 gli indipendentisti baschi di Bildu, 1 i nazionalisti delle Canarie).
E ora?
Queste elezioni ci consegnano dunque un parlamento senza maggioranza, dopo un voto con un tasso d'affluenza leggermente superiore alle elezioni precendenti. Le ipotesi che fanno gli analisti, leggendo i numeri nel prossimo parlamento, sono sostanzialmente due e nessuna è positiva per la democrazia spagnola:
1) situazione portoghese, che significa instabilità, esecutivi di minoranza e continue crisi di governo ma con un presidente interventista che lavora, d'accordo col premier, contro il voto anticipato.
2) Elezioni anticipate nella primavera prossima.
La verità è che non ci sono i numeri, per qualsiasi maggioranza in Spagna. E nemmeno, del resto, a leggere i toni usati dal leader del Psoe Pedro Sanchez, ci sono le condizioni politiche di un governo Pp-Psoe in nome dell'emergenza finanziaria o della difesa dell'Europa, che sarebbe la soluzione più naturale, ma in altri Paesi. Il governo di unità nazionale non fa parte della tradizione democratica post-franchista. Il dualismo destra-sinistra esiste ancora in Spagna.
È il risultato politico peggiore, in qualche modo, che la Spagna e l'Europa potessero desiderare. E bisogna vedere anche - in questo contesto - quale sarà lo stile del nuovo monarca Felipe VI, se arbitro come Juan Carlos o - in nome della stabilità europea - più interventista, per favorire un accordo tra i due (ex) grandi partiti (Psoe e Pp). È un altro fattore di cui tenere conto che rende molto incerto il quadro politico spagnolo.
I seggi nel dettaglio
Il PP del premier Rajoy è arrivato primo (123 seggi), ma senza vincere per usare le stesse parole usate da Bersani dopo la non-vittoria del Pd del 2013: il Pp non ha la maggioranza di 176 seggi nemmeno alleandosi con Ciudadanos. Dovrà provarci, perché Rajoy riceverà l'incarico, ma i numeri hanno una loro chiarezza. Per vincere così è meglio perdere.
Il Psoe di Pedro Sanchez ottiene il peggior risultato della sua storia, 90 deputati, ma può consolarsi con il manenimento del secondo posto nella sfida tutta interna alla sinistra con Podemos di Pablo Iglesias.
Podemos di Pablo Iglesias - che sfiora il 20 per cento - raggiungerebbe i 69 deputati (di cui una parte provenienti da alleanze locali con movimenti e liste civiche): un risultato politicamente soddisfacente, ma non spendibile. Il rischio per gli eredi degli Indignados, se la legislatura dovesse durare a lungo, è comunque elevato. Il pantano.
L'unico che perde un po', rispetto alle previsioni della vigilia, è Ciudadanos, l'altro partito anti-casta emerso negli ultimi anni, ma più borghese di Podemos: con il 12 per cento dei voti, e 40 deputati, Albert River - un leader liberal che in campagna elettorale si è autodefinito estremista di centro e non ha escluso un sostegno tecnico a un esecutivo Pp - non è determinante nemmeno per formare una maggioranza con il Partito popolare. In più, come Podemos, rischia di impantanarsi: se entrasse nell'area di governo, a far da stampella a qualsiasi esecutivo, rischierebbe come Podemos di perdere la sua ragion d'essere.