Emanuela Grimalda: "Essere mamme è dura ma l'età non c'entra"
Nel dibattito sulle mamme over 50 interviene l'attrice che ha avuto il primo figlio a 51 anni
Quando è rimasta incinta stava portando a teatro Le Difettose, un testo dedicato alle donne che non riescono ad avere figli e si rivolgono alla fecondazione artificiale. L’attrice Emanuela Grimalda ha 55 anni e suo figlio Giaime quattro. «Mentre leggevo il libro di Eleonora Mazzini, da cui è tratta la pièce, mi chiedevo perché avessi aspettato tanto a fare un figlio. Molto c’entrava il mio essere artista. Mi domandavo perché abbiamo spostato così in avanti le nostre vite. Alla fine si è allungata la vecchiaia, mentre i tempi biologici sono rimasti gli stessi.
E poi cosa è successo?
Mio marito e io desideravamo un bambino. Non era mai stata un’ossessione. Se dovrà essere, sarà, ci dicevamo. Senza accanimento. Rimasi incinta a 50 anni. È stato naturale, anche se questa parola fa un po’ ridere, perché so di avere fatto un figlio in un periodo della vita piuttosto innaturale.
Si è mai chiesta se non fosse troppo «grande»?
Te lo chiedi mille volte, ma quando decidi, smetti di domandartelo. Ero pronta, avevo tanta energia. È la fase migliore della mia vita. Sono più matura, pacificata, risolta. Non lo ero a trent’anni.
Ha mai immaginato come sarebbe stato averlo fatto prima?
Spesso penso se avessi avuto Giaime a vent’anni lo avrei accompagnato per più tempo. Quando mi chiedono del mio futuro, rispondo: «Spero di esserci. Il più a lungo possibile».
La fatica si fa sentire?
Sì, quella fisica, ma si affronta. Stanotte non ho dormito, aveva la febbre, ma eccomi qui. Non è una notte persa che mi preoccupa. È il frullatore dentro cui sono buttate le madri oggi, anche le giovani. Esauste e stressate. Roma è una città dove stanno meglio i cani che i bambini. In centro sono una rarità i bar che hanno un fasciatoio. Girare con il passeggino è un’impresa. Medaglia d’oro alle turiste con i bebè, sono delle eroine.
Qual è stato il momento più difficile?
I primi 15 giorni sono stati molto duri. Avevo deciso di allattarlo. Il dolore, le ragadi, un male cane, le notti insonni. Ero stremata. Altro che iconografia delle mamme sorridenti.
La maternità non è come la raccontano?
Viene romanzata, ma non è la marmellata che ci propinano. È un’esperienza diversa. Più profonda e meno poetica. Nessuno lo ammette, ma noi madri ci sentiamo molto sole.
Come le sembrano le Millennial?
Schizzate, ansiose. Io mi sento più rilassata di prima, meno competitiva. Ora ho tempo per la mia famiglia. Le trentenni rincorrono carriere faticose per finire stravolte a stare con i figli solo la sera. Il difficile non è farli, ma crescerli.
Cosa direbbe a una donna che vuole seguire il suo esempio?
Risponderei con le parole di Rosanna Della Corte, la mamma più vecchia d’Italia: «Sentivo che ce la potevo fare». Se il desiderio è profondo, allora vai. Magari ti invito per un’esperienza sul campo. Una settimana a casa mia e poi decidi.