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Come la Corea del Nord riesce ad avere il petrolio nonostante le sanzioni

Pyongyang aggira tutti i controlli grazie al contrabbando in alto mare

Come è possibile che sotto le pressioni di un regime di sanzioni rigidissimo sostenuto dall'intera comunità internazionale la Corea del Nord riesca ancora a ottenere tutto il petrolio di cui ha bisogno non solo per rimanere a galla, ma anche per continuare a finanziare il programma missilistico e nucleare nazionale?

Che le sanzioni internazionaliabbiano un impatto molto più limitato di quanto generalmente si sia orientati a pensare lo sapevamo già. Quello che stupisce è che in Corea del Nord, dove in risposta all'escalation di tensioni provocata da minacce ed esperimenti portati avanti di Kim Jong-un le Nazioni Unite, Cina e Russia incluse, si sono ritrovate d'accordo ad approvare restrizioni estremamemte penalizzanti, la nazione continui ad andare avanti per la sua strada senza mostrare particolari segnali di difficoltà. La risoluzione 2375 approvata dal Consiglio di sicurezza lo scorso settembre limita infatti la vendita di petrolio greggio e proibisce l'esportazione di petrolio raffinato alla Corea del Nord a partire dal 1° ottobre. 

Lo scandalo Lighthouse Winmore

Ebbene, per quel che riguarda il traffico di petrolio, lo scandalo della Lighthouse Winmore, cargo battente bandiera di Hong Kong che il 19 ottobre scorso ha segretamente trasferito in acque internazionali 600 tonnellate di petrolio raffinato a un'imbarcazione della Corea del Nord, ha finalmente aperto gli occhi a chi era ancora convinto che la Corea del Nord fosse ancora una nazione goffa e arretrata anche nella gestione dei suoi traffici illeciti.

Cosa è successo

Il contrabbando di petrolio (e non solo) in alto mare è un'attività molto più diffusa di quanto saremmo portati a immaginare. Ma lo stupore più grande è legato al modo in cui gli uomini di Kim Jong-un siano riusciti per anni a gestire questo interscambio illegale senza destare alcun sospetto pur trovandosi nell'occhio del ciclone. Secondo l'intelligence sudcoreana la chiave del successo nordcoreana sta nella capacità non solo di aver affinato le techiche del trasferimento di merci in alto mare, ma anche nella rapidità con cui le navi del regime cambiano nome, colore e bandiera proprio per ridurre la tracciabilità dei propri spostamenti.

Del resto, anche la Lighthouse Winmore è stata scoperta quasi per caso: pur essendo una nave battente bandiera di Hong Kong, è partita l'11 ottobre dal porto di Yeosu, in Corea del Sud, alla volta di Taiwan. Un viaggio copertura visto che 8 giorni dopo è stata avvistata nelle acque internazionali del Mare cinese orientale affiancata da un'imbarcazione più piccola, la Sam Jong 2, pronta a riceverne il preziosissimo carico.

Il business del contrabbando

Dopo lo scandalo della Lighthouse Winmore i controlli si sono fatti ancora più stringenti. La nave di Hong Kong è stata perquisita e Chen Shih-hsien, il magnate taiwanese che gestisce l'imbarcazione, che tra l'altro è risultato essere proprietario di altre due navi dai movimenti particolarmente sospetti, arrestato e rilasciato su cauzione. Ma le foto scattate dai satelliti americani sul Mare cinese orientale hanno scovato tante piccole imbarcazioni sospette, spesso battenti bandiera nordcoreana.

La colpa è della Cina?

Donald Trump ha subito approfittato dell'incidente per accusare Pechino di "evidente complicità" con Pyongyang. Del resto, prima dell'incidente aveva suggerito, senza successo, di creare una speciale lista nera delle dieci imbarcazioni sospettate di trasferire illegalmente petrolio e carbone a Pyongyang. Ebbene, la Lighthouse Winmore era nella lista di Trump, assieme ad altri cargo legati a Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong e Cina.

Cosa succede nel Mare cinese orientale

Gli equilibri al largo della Penisola coreana sono molto complicati. Da un'inchiesta pubblicata dal New York Timesemerge infatti come questi scambi illegali non solo siano all'ordine del giorno, ma siano anche estremamente difficili da fermare. Un po' perché non si possono pattugliare tutte le acque internazionali al largo della Corea del Nord, e un po' perché fare affari con Pyongyang conviene così tanto che tutti gli operatori del giro (che non necessariamente sono cinese ne' protetti in qualche modo da Pechino) non hanno alcuna intenzione di farsi da parte.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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