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Corea del Nord: come il regime controlla Internet

I siti autorizzati sono solo 168, e il governo monitora con attenzione chi guarda cosa e quando

Di Corea del Nord si parla soprattutto per la minaccia nucleare, ma del Paese si conosce ben poco perché il regime ha reso pressoché inaccessibile ogni informazione su ciò che veramente accade dentro i suoi confini. Il South China Morning Post, una delle testate giornalistiche più valide in Asia, ha rivelato come finalmente anche a Pyongyang si stia lavorando per l'introduzione della navigazione in rete, che rappresenterebbe un balzo in avanti sul cammino della modernizzazione.

Esiste Internet in Corea del Nord?

Anche da questo punto di vista, la Corea del Nord è molto arretrata: quasi nessuno possiede un personal computer. Il leader Kim Jong-un ha da qualche tempo deciso di cambiare le cose, ma il suo obiettivo non è quello di consentire un maggior scambio di informazioni.

In Corea del Nord è infatti stata creata una rete domestica con pesantissime limitazioni di navigazione, che è stata denominata Kwangmyong (ovverossia luminosità), cui si può accedere solo tramite il browser nazionale Naenara("Il Mio Paese", una versione modificata di Firefox). Il sistema consente di visitare solo i 168 siti autorizzati e, soprattutto, rappresenta un ulteriore strumento di controllo sui cittadini, perché traccia e registra tutto quello che fanno online.

Come fuziona la rete Kwangmyong

Ai nordcoreani è ora consentito possedere telefoni cellulari e smartphone abilitati a navigare sulla Kwangymong, ma si tratta di apparecchi progettati per essere tenuti costantemente sotto controllo dagli apparati di sorveglianza del regime.

I telefonini in circolazione sarebbero quasi tre milioni (su una popolazione di venticinque milioni di persone) e il modello più desiderato è il Ryonghung iPad, versione riadattata del prodotto Apple, che però non può né inviare né ricevere chiamate fuori dal territorio nazionale ed è abilitato a scaricare soltanto quelle app che ricevono l'imprimatur dall'alto e che sono considerate assolutamente innocue: suonerie musicali, giochini propagandistici e poco altro.

Secondo il South China Morning Post, ora andrebbe molto di moda un videogioco denominato Boy General, tratto da un anime a sfondo storico-nazionalistico.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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