Regno Unito, i guai di Theresa May
Deve arginare l'opposizione interna ai conservatori, cercare la maggioranza parlamentare con gli unionisti nordirlandesi e rifare i programmi Brexit
Theresa May si assume la responsabilità del pessimo risultato delle elezioni di giovedì scorso e promette più modestia e cautela nella guida del governo, in particolare per quanto riguarda la gestione delle trattative sulla Brexit.
"Ho fatto il guaio, ora vi porterò fuori di qui"
Lunedì 12 giugno, davanti a un influente comitato del partito conservatore, il 1922 Committee (quello cui partecipano i deputati senza incarichi di governo) ha dichiarato: "Io vi ho messo in questa confusione, io vi porterò fuori di qui". Prima di tutto, May si riferisce al negoziato su Brexit, che dovrà diventare più soft rispetto ai programmi della premier, che nei mesi scorsi, dopo l'avvio del procedimento di uscita dall'Unione europea, aveva fatto la voce grossa, convinta di dettare l'agenda a Bruxelles e convinta che mostrandosi dura avrebbe ottenuto consensi elettorali a valanga a casa propria.
I risultati delle elezioni hanno annullato tutta questa tracotanza e ora May più che "forte e stabile" conta di mostrarsi modesta. Prima di riconsiderare come percorrere la strada verso Brexit però Theresa May ha il grosso problema di trovare una maggioranza in Parlamento per il suo governo. E questo è un problema così grande che è arrivata a decidere il rinvio del Queen Speech, il giorno in cui vengono avviati i lavori della nuova sessione del Parlamento, e, in anno dopo le elezioni, viene affidato alla regina un discorso con il programma del nuovo governo.
I fronti immediati per lady Theresa sono due. Quello interno al suo partito, diviso fra liberali e tradizionalisti, fra 'brexiteers' ideologici e pragmatici, ma unito col senno di poi nei malumori contro di lei per la scelta suicida quanto autocratica del voto anticipato. E quello degli indispensabili mini-alleati del Dup (destra protestante unionista nordirlandese) che mercanteggiano per assicurare il loro sì. Al 1922 Committee May ha cercato convincere i deputati ad accantonare, per ora, le trame d'un possibile cambio in corsa di leadership. A favore di Boris Johnson o di altri.
La trattativa con il Democratic unionist party
Poi è stata la volta del faccia a faccia con Arlene Foster, la muscolare leader del Dup, ben disposta verso un accordo, ma decisa a ottenere il più possibile in cambio: dall'impatto della Brexit sui confini irlandesi ai rapporti di forza interni all'Ulster. Un terreno minato, quest'ultimo, tenuto conto del vuoto di potere a Belfast dopo la rottura della coalizione di pacificazione nazionale. Con i repubblicani cattolici del Sinn Fein che potrebbero tornare a un'opposizione dura se a a Londra - dice il leader Labour sta alla finestra. E Jeremy Corbyn si gode il sorpasso nei sondaggi. Se May inciampa, lui è pronto. Anche a "tornare al voto", ha detto sorridente stasera.
(The Guardian, ANSA).