Yemen, l’Arabia Saudita attacca. Tutto quello che c’è da sapere sulla guerra
L’attacco saudita in Yemen svela la gravità delle divisioni interne alla comunità islamica. Ormai sciiti e sunniti si sfidano apertamente
Per Lookout news
L’Arabia Saudita ha lanciato una vasta operazione militare per contrastare l’avanzata dei ribelli sciiti Houthi in Yemen. Il piano d’attacco, scattato poche ore fa con i primi raid aerei contro postazioni sciite nella capitale Sanaa, è stato annunciato dall’ambasciatore saudita Adel al-Jubeir a Washington. In queste prime fasi dell’offensiva, l’esercito di Riad ha mobilitato 150mila soldati e 100 caccia. Egitto, Giordania, Sudan, Pakistan, Bahrain, Kuwait, Qatar e Marocco garantiranno il sostegno militare a Riad. Alcuni Stati hanno promesso l’invio di truppe di terra (Egitto, Giordania, Sudan e Pakistan), altri invece forniranno aerei da combattimento (Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Kuwait, Qatar, Giordania, Marocco e Sudan). Riad avrà anche l’appoggio logistico e d’intelligence da parte degli Stati Uniti, che però non sono coinvolti direttamente nel conflitto.
Nelle ultime ore i media sauditi hanno mostrato le immagini del decollo verso lo Yemen dei primi caccia sauditi. Tra le figure istituzionali riprese nei video a fianco dei piloti in segno di solidarietà, compaiono il vice ministro dell’Interno, il principe ereditario Mohammed bin Nayef, e il ministro della Difesa, Mohammed bin Salman, due delle figure più influenti del Regno dopo Re Salman. Finora sono state bombardate l’area attorno all’aeroporto di Sanaa, l’adiacente base aerea militare di al-Daylami e il complesso del palazzo presidenziale, finito sotto il controllo dei ribelli sciiti dopo il golpe di fine gennaio che ha costretto alla fuga il presidente Hadi. Il bilancio al momento sarebbe di almeno dieci morti.
Sulle sorti del presidente continuano a rincorrersi notizie contrastanti. Rifugiatosi ad Aden, roccaforte dei separatisti del sud, dopo il golpe di febbraio, Hadi si troverebbe ancora in città in un rifugio sicuro. Altre fonti già da ieri, mercoledì 25 marzo, lo davano invece in fuga, diretto a bordo di un battello verso Gibuti.
Le due parti in conflitto
Da settembre, i ribelli sciiti Houthi, sotto la guida dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh e il sostegno dell’Iran, si sono attestati nella capitale Sanaa, con l’obiettivo di conquistarla grazie alle milizie irregolari e alla sedizione di parte delle forze armate. A gennaio hanno quindi attuato un colpo di stato che ha costretto il legittimo presidente, il sunnita Mansour Hadi, a fuggire verso Aden, sulla costa meridionale. Da allora, gli Houthi hanno fatto progressi sul campo e conquistato Taiz, terza città del Paese, la base militare di Al Annad, a soli 60 chilometri da Aden – dove già gli eserciti americano e britannico erano presenti per gestire la guerra dei droni contro le postazioni di Al Qaeda – e la cittadina di Lahj, dove i ribelli hanno catturato il ministro della Difesa, generale Mahmud al Subaihi. Dalla televisione di Stato, sotto il controllo degli Houthi, i ribelli hanno messo anche una taglia di 100.000 dollari sulla testa del presidente Hadi. Al momento, i combattimenti si concentrano intorno all’aeroporto di Aden.
Nello Yemen, oltre alla guerra in corso, c’è poi un conflitto nel conflitto che vede i jihadisti dello Stato Islamico combattere sia per liberare lo Yemen dagli sciiti (ISIS è autore degli attentati alle moschee che hanno fatto 150 morti negli ultimi giorni) sia per surclassare Al Qaeda, che qui è presente sotto le insegne di AQAP (Al Qaeda nella Penisola Araba) e che oggi controlla alcune zone nel sud-est del Paese, intorno al deserto. Lo Yemen è, infatti, insieme al Pakistan l’ultima delle roccaforti di quel che è rimasto di Al Qaeda.
Dunque, da una parte troviamo gli sciiti, ovvero gli Houthi, una parte delle forze di sicurezza fedeli all’ex presidente Saleh e l’Iran. Mentre dall’altra parte troviamo i sunniti, ovvero le forze militari e di polizia lealiste fedeli al presidente Hadi, l’Arabia Saudita e gli altri Paesi del Golfo. Riad vanta numerosi alleati, fino agli Stati Uniti stessi. Ma la posizione di Washington si fa ogni giorno più complicata nel risiko delle alleanze mediorientali. Tanto per fare un esempio, ormai Washington si vede alleato all’Iran in Iraq e suo oppositore in Yemen.
Chi sono gli Houthi
La comunità Houti dello Yemen, autrice del golpe in corso in questo momento a Sanaa, rappresenta una minoranza sciita di 5 milioni di persone in un Paese di 24 milioni di abitanti, suddivisi in numerosissime piccole tribù. Il loro leader attuale è Abdulmalik al-Houti che, dopo vari tentativi di conciliazione nazionale con il governo centrale, ha cavalcato lo spirito ribellistico della comunità Houti e ha deciso di andare allo scontro diretto. Gli Al-Shabab al-Muminim (i “Giovani credenti”) sono oggi tra i gruppi più attivi in questa fase di opposizione allo Stato.
Le conseguenze del conflitto
L’attacco dell’Arabia Saudita contro i ribelli Houthi proietta il conflitto verso una dimensione regionale, in cui a scontrarsi sono da un lato le forze sunnite capeggiate da Riad e dagli altri Paesi del Golfo e, dall’altro, l’Iran bastione degli sciiti in Medio Oriente sostenuto sul terreno dalle forze rimaste fedeli all’ex presidente yemenita Ali Abdullah Saleh.
Un allargamento del conflitto in Yemen rischia di avere degli effetti devastanti anche sulle forniture di petrolio. Dal decollo dei primi caccia saudita il greggio ha già perso il 6% del suo valore. La maggior parte delle petroliere dei produttori arabi – tra cui Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Iraq – costeggiano infatti ogni giorno lo Yemen passando per lo stretto lo stretto di Bab al-Mandab nel Golfo di Aden e raggiungendo da qui il Mar Rosso e il Canale di Suez verso l’Europa. Insieme allo Stretto di Hormuz – che divide la penisola arabica dall’Iran – è nella striscia di mare che separa lo Yemen dal Gibuti (40 chilometri) che si gioca la sfida decisiva per i futuri equilibri energetici del pianeta.