fabbrica dell'aria
Niccolò Vonci
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Disinquinati dalla natura

All’Università di Firenze è nata La Fabbrica dell’Aria un sistema che sfrutta alcune specie di piante per purificare il 98% di un ambiente chiuso

I posti dove l’aria è più inquinata sono la casa e l’ufficio. Al loro interno si sommano l’inquinamento dell’aria proveniente dall’esterno e quello prodotto da innumerevoli fonti: prodotti cosmetici, detersivi, insetticidi, fornelli, tappeti, moquette, stampanti, carte da parati, mobili di truciolato e così via.

Come riportato in una recente ricerca commissionata dall’Unicef, la cattiva qualità dell’aria in ambiente domestico sta mettendo a rischio soprattutto i bambini il cui metabolismo li porta, rispetto agli adulti, a respirare più velocemente e a incamerare più aria rispetto al peso. Inoltre, l’Unicef calcola che tre quarti dei circa 4mila decessi tra i minori europei per ragioni connesse all’inquinamento sono attribuibili all’inquinamento dell’aria interna alle case.

L’idea di Pnat (che sta per Project Nature), un indotto dell’Università di Firenze composta da quattro agronomi e due architetti, è stata quella di purificare l’interno degli edifici sfruttando la capacità delle piante di assorbire e degradare gli inquinanti atmosferici. Il sistema inventato, chiamato Fabbrica dell’Aria, è una struttura chiusa da vetri all’interno della quale sono state messe a dimora alcune piante.

Attraverso un’intercapedine un aspiratore immette l’aria al suo interno e la forza a passare prima attraverso la terra. In questo modo le sostanze inquinanti vengono assorbite in prima battuta dalle radici e poi dalle foglie attraverso gli stomi, i pori sulla loro superficie. L’efficienza del sistema è stata misurata con uno spettrometro di massa dal Linv (International Laboratory of Plant Neurobiology) di Firenze ed è risultata essere del 97 per cento. Significa che sul totale di tutto lo spettro di inquinanti esistenti nel flusso di aria entrante, il sistema ne assorbe il 98 per cento.

« All’equilibrio l’ambiente viene purificato quasi totalmente degli inquinanti che vengono trasformati in biomassa dalle piante» dice Antonio Girardi, uno degli ideatori della Fabbrica dell’Aria «Per fare qualche esempio, abbiamo costruito un modulo di fabbrica dell’aria delle dimensioni di trentacinque metri quadri per depurare i circa mille metri quadri della Manifattura Tabacchi, un antico complesso edilizio di Firenze che ospita diversi uffici. Ne abbiamo installato uno anche al supermercato Unicoop di Firenze di cui ne stiamo sperimentando al momento le prestazioni. Infine è pronta una versione più piccola, di dimensioni di cinquanta per ottanta centimetri di base e un metro e ottanta di altezza, la quale è in grado di depurare aria di un intero appartamento o ufficio di un centinaio di metri quadri».

Nella mente dei suoi ideatori la Fabbrica dell’Aria costituisce non solo un depuratore ma anche un oggetto che, per il suo valore estetico, è in grado di agire sullo spirito, specialmente quando è posto in un luogo adibito ai momenti di relax. Ma il suo punto di forza è più che altro il risparmio energetico, come spiega Girardi:« un supermercato è obbligato per legge a cambiare ogni ora una quantità di aria pari a due volte il suo volume. Questo significa che, a seconda della stagione, bisognerà spendere energia per riscaldare o raffreddare questa stessa quantità di aria man mano che viene ricambiata. Ma se l’aria viene depurata via via nel tempo il ricambio può essere meno frequente o addirittura non necessario, con un notevole risparmio conseguente». Non è un caso che la normativa europea in materia è stata appena cambiata per fare posto a progetti come quello della Fabbrica dell’Aria che sostituiscono sistemi quasi interamente vegetali alle macchine ad alto tasso di emissioni di CO2.

Allo stato attuale la Fabbrica dell’Aria è stata sperimentata su trenta inquinanti che fanno parte dei cosiddetti Voc: una vasta categoria di composti organici volatili provenienti da colle di mobili, carte da parati, vernici, smalti, adesivi e truciolati. Tra i Voc c’è anche una sostanza, la formaldeide, che per molti anni viene rilasciata in maniera costante. Si trova nelle colle dei mobili nuovi e nel truciolato, nelle vernici, nelle T-shirt di cotone e in alcuni supermercati. Dichiarata cancerogena una decina di anni fa dalla Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, provoca anche mal di testa e astenia.

Sono fonti di inquinanti anche i prodotti cosmetici come il talco, che contiene silicato dannoso per l’apparato respiratorio, o i cosmetici per la tintura per capelli o le permanenti, all’origine di dermatiti con il loro contenuto di p-fenilendiammine, amminofenoli e acido tioglicolico.

Stampanti e fotocopiatrici emettono ozono e solventi, irritanti per l’apparato respiratorio e per gli occhi, ma soprattutto polveri di toner che si sommano alle altri polveri sottili provenienti dall’esterno (specialmente nelle grandi città) e a quelle del fumo delle sigarette (all’origine anche di idrocarburi aromatici policiclici e del cancerogeno benzopirene). Infine, ci sono i residui del cibo rimasti sopra i fornelli che, anche quando spegniamo il gas, continuano a bruciare, rilasciando idrocarburi polinucleari aromatici, capaci perfino di provocare modificazioni genetiche.

«Per costruire un modulo vengono scegliamo specie di piante particolarmente efficaci nella depurazione dell’aria, tra i quali il Banano, il Ficus, la Kentia, la Chamadorea, l’Aspidistra, il Filodendrum, il Microsorium, la Fittonia, la Dieffenbachia, e lo Streliziae Asplenium» dice Girardi «Queste piante vengono disposte in maniera tale da avere una grande superficie fogliare distribuita su più livelli così da da creare un efficiente percorso di filtri per l’aria».

Piante grasse come la Sanseveria, molto diffuse in appartamenti e uffici, non sono molto adatte allo scopo e nemmeno quelle dalle foglie molto sottili come la Beaucarnea, cosiddetta “mangiafumo”. Le prime hanno un metabolismo troppo lento per smaltire in fretta gli inquinanti e le seconde hanno un numero limitato di stomi rispetto a una pianta con numerose e grandi foglie.

Chi pensasse di far da sé costruendosi una piccola serra resterà deluso dal sapere che occorre convogliare il flusso di aria in entrata con una certa pressione per ottenere l’effetto sperato. La Fabbrica dell’Aria costruita dai ricercatori del Pnat è in fondo una delle prime versioni “biologiche” di una macchina, per mutuare il termine usato per gli alimenti nei supermercati. Se le macchine tessili azionate dal motore a vapore caratterizzavano la Rivoluzione Industriale, quelle vegetali come la Fabbrica dell’Aria rappresentano il loro corrispettivo nella Rivoluzione Verde.

 

 

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Luca Sciortino