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Perché le Filippine hanno vinto la disputa con la Cina sul Mar cinese meridionale

"La nine-dash line non ha valore". Pechino ha però ribadito di considerare carta straccia la decisione del Tribunale di arbitrato dell'Aja

La Corte Permanente Arbitrale dell'Aja ha sancito - in base alla convenzione Onu sul diritto del mare (Unclos) - che la Cina non ha alcun diritto storico sulle isole del Mar Cinese Meridionale.

Pechino rivendica invece la sovranità sul 90% delle acque dell'area in base alla cosiddetta nine-dash line.

Il ricorso alla Corte era stato fatto dalle Filippine nel 2013. I giudici, la cui sentenza è inappellabile, non hanno però alcune mezzo per obbligare la Cina ad attenersi alle sue decisioni. E infatti Pechino aveva subito affermato, e lo ha ribadito pià volte nei giorni precedenti la decisione, di non considerare in alcun modo vincolante la decisione dei cinque giudici della Corte.

La cosiddetta "nine-dash line" venne  formulata dal governo del leader nazionalista Chiang Kai Shek nel 1947, sconfitto dai comunisti di Mao, e fatta propria nel 1949 dal premier cinese Zhou Enlai. Comprende un'area di quasi 3,5 milioni di km/q con territori rivendicati anche da altri Paesi del sud-est asiatico, come Vietnam, Brunei, Malaysia, e Taiwan, erede dei nazionalisti cinesi.

Il ricorso si concentrava in particolare sulla cosiddetta "Scarborough Shoal" (una formazione triangolare di sabbia e rocce appena affioranti - meno di 2 metri - sul livello del mare con la marea alta) nel Mar Cinese Meridionale a 250 km dalle coste di Manila e a 900 da quelle cinesi.

Fonte: The Guardian

La Corte dell'Aja ha quindi esplicitamente riconosciuto che "la Cina ha violato i diritti di sovranità" della Filippine occupando la "secca di Scarborough".

"La Cina ha violato i diritti sovrani delle Filippine nella sua zona economica esclusiva (ZEE) interferendo con i loro diritti di pesca e di esplorazione petrolifera costruendo isole artificiali e senza impedire che pescatori cinesi agissero nell'area", si legge nella sentenza.

Sentenza che ha quindi sancito come la 'secca di Scarborough', occupata da Pechino e su cui la Cina ha abusivamente realizzato impianti artificiali, non è un'isola vera e propria, come le altre realizzate artificialmente negli arcipelaghi delle Spratly e delle Paracel.

La Zona Economica Esclusiva (ZEE) è un'area di 200 miglia nautiche (370 km) di raggio intorno ad un'isola o anche dalle coste di un Paese in cui uno Stato ha diritti sovrani per la egstione e lo sfruttamento delle risorse naturali ed anche giurisdizione in materia di realizzazione ed uso di strutture artificiali, come quelle realizzate dalla Cina su barriere coralline o scogli appena affioranti. Isole su cui Pechino ha però costituito una situazione di fatto realizzando porti, piste d'atterraggio lunghe fino a 3 km, ed installando radar ed altre strutture militari.

In particolare la Corte arbitrale ha anche sancito che l'arcipelago delle Spratly, conteso tra Cina, Vietnam, Malaysia, Brunei, Filippine e Taiwan "non possono essere considerate nel loro insieme una zona marittima unica", come invece sostiene Pechino.

Propaganda cinese
Nelle ore precedenti il verdetto della Corte dell'Aja, sono stati soprattutto gli organi di stampa del governo o molto vicini alla linea ufficiale del Partito che si sono esposti con toni fortemente nazionalisti.

Il linguaggio e i registri usati da tv e giornali nei giorni scorsi erano di aperta sfida al possibile verdetto "ostile" della Corte.

Ufficialmente del resto in governo di Pechino si è rifiutato di riconoscere l'autorità del Tribunale d'arbitrato dell'Aja, inquadrando l'intera contesa come una cospirazione, ispirata dagli Stati Uniti per frenare l'ascesa della Cina come potenza mondiale e regionale.

Pechino ha anche ripetutamente cercato di screditare la Corte dell'Aja, accusata di essere parziale, perché, tra la'ltro alla sua creazione ha contribuito un giudice giapponese, la principale potenza rivale della Cina nell'area.

La questione affidata all'arbitrato della Corte dell'Aja si inserisce nella geopolitica del Mar Cinese Meridionale.
Si tratta di un'area attraversata da tensioni e controversie, dispute territoriali e mire energetiche che vede coinvolta come protagonista la Cina che contende il controllo dell'area a Vietnam, Filippine, Brunei, Taiwan e Malaysia.

In realtà tutti i paesi della zona rivendicano specifiche porzioni di questa vasta area, per esempio le isole Spratly e le isole Paracel, isolette praticamente inabitabili, ma ritenuti ricche di gas e petrolio.

Le ambizioni cinesi di controllo sulla stragrande maggioranza del Mar cinese meridionale vengono contrastate in via ufficiale anche dagli Stati Uniti; Washington in particolare si è impegnata ad assicurare che la libera circolazione nell'area costituisce "interesse nazionale americano".

Tensione Pechino-Washington
Ma la dispute sui mari continuano a dividere Pechino e Washington. L'ultimo episodio riguarda il sorvolo a novembre 2015 di un B-52 statunitense sullo spazio aereo delle isole Spratly, contese tra Pechino e Manila, e su cui la Cina sta compiendo lavori di ampliamento territoriale con strutture utilizzabili a scopo militare.

Pechino ha definito la mossa come una "grave provocazione" da parte di Washington. Il Pentagono ha definito, con un certo imbarazzo, un errore, il sorvolo dell'area.

A ottobre scorso, c'era stata invece, la prima incursione nelle acque territoriali delle isole Spratly da parte di un cacciatorpediniere Usa, che aveva provocato la reazione sdegnata di Pechino.

Secca la risposta di Pechino a Washington lo scorso dicembre, a pochi giorni dall'annuncio da parte americana della vendita di due fregate a Taiwan come parte di un accordo di compravendita di armamenti del valore di 1,83 miliardi di dollari.

La vendita di armi a Taiwan da parte degli Stati Uniti era arrivata in una fase di forte tensione nel Mare Cinese Meridionale, soprattutto dopo l'incursione a fine ottobre del cacciatorpediniere Usa nelle acque territoriali delle isole Spratly.

Il ministero degli Esteri cinese aveva protestato formalmente con gli Stati Uniti. Il vice ministro degli Esteri di Pechino, Zheng Zeguang, aveva convocato l'incaricato d'affari dell'ambasciata Usa, Kaye Lee, per sottolineargli che "Taiwan è parte inalienabile del territorio cinese" e "la Cina si oppone fermamente alla vendita di armi a Taiwan".

Restano abbastanza buoni, invece, i rapporti tra Cina e Taiwan, dopo lo storico incontro di Singapore del 7 novembre scorso tra il presidente cinese, Xi Jinping, e il presidente di Taiwan, Ma Ying-jeou, il primo dal 1949 tra i due leader dello stretto di Formosa, che divide Cina e Taiwan.

Ma Taiwan a gennaio ha cambiato pagina, dopo otto anni di presidenza targata Kuomintang, e alle scorse elezioni ha scelto Tsai Ing-wen come nuova presidente. Tsai era la candidata del Partito Democratico Progressista dell'isola, tradizionalmente su posizioni più critiche verso Pechino rispetto al Partito Nazionalista del presidente uscente.

Gli interessi economici
Gli interessi economici cinesi sul Mare Cinese Meridionale vedono in prima fila il gruppo Cnooc, che a giugno scorso aveva ripreso le trivellazioni al largo delle coste del Vietnam, portando per due mesi la piattaforma "Haiyang Shihou 981" in un'area di sovrapposizione delle acque territoriali di Cina e Vietnam a 75 miglia nautiche a sud dell'isola cinese di Hainan.

Prima ancora, a febbraio, sempre al largo delle coste dell'isola cinese di Hainan, China National Offshore Oil Corporation aveva scoperto un giacimento da cento miliardi di metri cubi di gas, uno dei più grandi giacimenti offhsore cinesi e salutato come un punto di svolta nelle esplorazioni in acque profonde da parte del governo di Pechino.

L'episodio di tensione più grave risale all'anno scorso, quando erano scoppiate forti proteste anti-cinesi in Vietnam a causa dell'installazione di una piattaforma petrolifera al largo delle coste del Paese del sud-est asiatico, che aveva provocato forti tensioni tra Pechino e Hanoi.

Oltre all'importanza strategica, per le riserve di risorse energetiche contenute nei suoi fondali, il Mare Cinese Meridionale è importante anche sotto il profilo commerciale: si calcola che sulle sue acque transitino ogni anno circa cinquemila miliardi di dollari di merci.

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