Finalmente apre la scuola
Dopo tre anni, è finalmente arrivato il grande momento. Si corona un sogno, ma non posso nascondere le difficoltà
Selene Biffi
Imprenditrice sociale, ho lanciato la mia prima startup, Youth Action for Change, a 22 anni con soli 150 Euro. Già consulente ONU, mi occupo ora di Plain Ink, startup a vocazione sociale che produce fumetti e storie interattive in Italia e Paesi in Via di Sviluppo. Al momento scrivo da Kabul, dove ho creato The Qessa Academy, la prima scuola per cantastorie.
Read MoreFaccio fatica a crederci, ma così com’è arrivato, se n’è anche andato.
Il giorno che aspetto e sogno ormai da tre anni – quello dell’apertura della scuola – è finalmente giunto. Inutile dire che nei sogni ai dettagli non ci fa caso quasi nessuno, e infatti si vede: io sono in alto mare anche la mattina della cerimonia, con un migliaio di cose da fare e le lancette che corrono implacabili.
Corro a scuola alle otto, pulisco vetri, pavimenti e sistemo i banchi a mo’ di tavolo per il rinfresco. Delle panche – portate via il giorno prima per essere sistemate, minuscole anche per chi, come me, è sul metro e sessanta – ancora non ci sono. Pulisco un po’ meglio il pavimento allora, chissà mai che la gente si debba sedere per terra in mancanza di alternative.
Mando il mio braccio destro – nonché colonnello in pensione – sig. Nawabi a comprare quello che ancora manca. O meglio, tutto. Dai tovaglioli alla frutta, dalle posate alle bibite passando per tovaglie, caramelle e piatti. Meno male che Leonardo De Virgilio – che nella vita di tutti i giorni lavora alla sezione visti presso la nostra ambasciata – il giorno prima ha impastato biscotti e taralli a volontà. E arriva a scuola anche in anticipo, così mi aiuta a inchiodare la lavagna alla parete, sistemare la cattedra e finire con i preparativi.
Mi consegnano intanto anche le panche, tutte traballanti perché per alzarle hanno aggiunto dei pezzi di ferro alle gambe, e il risultato è quello che è. Mi innervosisco, dico qualcosa in un Dari sgangherato e poi decido di lasciar perdere. C’è ancora tanto da fare, troppo anzi, per perdersi in queste cose.
Con venti minuti di anticipo, si presentano due signore tedesche, incontrate un paio di giorni prima. La sig.ra Schwittek e il marito, matematico di fama internazionale, lavorano in Afghanistan da oltre 40 anni. Gestiscono da anni programmi di alfabetizzazione basica e matematica presso diverse moschee, anche negli anni bui dei talebani. Per l’efficacia del loro lavoro, hanno ricevuto l’encomio del ministro talebano dell’istruzione, controfirmato dal Mullah Omar in persona. Nonostante oggi siano in visita, si mettono subito a dare una mano per preparare la tavola del rinfresco, che adesso ha tutto l’occorrente, portato dal sig. Nawabi.
Poi, uno dietro l’altro, cominciano ad arrivare i nostri ospiti, una ventina in tutto. Ci sono amici, funzionari del Ministero degli Affari Esteri – compreso il Capo Dipartimento per la Cultura e il Capo Dipartimento per i Diritti Umani – rappresentati di centri culturali e ONG. Sono contenta di scorgere il viso conosciuto di Andrea Trevisan anche, che oltre a essere un amico, gestisce un’organizzazione umanitaria a supporto dei rifugiati e ci ha generosamente donato tutto il materiale scolastico.
Do il benvenuto ai nostri ospiti e presento brevemente la scuola e il nostro lavoro, ringraziando i nostri sostenitori principali, che hanno creduto in un’idea bizzarra prima ancora di chiunque altro: la Fondazione Only the Brave di Renzo Rosso e i Rolex Awards for Enterprise, dove sono Young Laureate. Passo poi la parola agli insegnati per presentarsi e dire la loro. Poi arriviamo alla performance di Suleiman, il nostro insegnante di Performing Arts, che per l’occasione sceglie di recitare un pezzo di Dario Fo. E’ strano lo so, ma dice che il pezzo gli piace moltissimo, e che tradotto in Dari è finito anche alla televisione nazionale. Miracolo della globalizzazione, anche questo.
Dopo l’esibizione, c’è spazio per qualche commento entusiasta dei nostri ospiti, qualche domanda e le foto di rito. Poi via, tutti al buffet per quattro chiacchiere e un bicchiere di tè in compagnia, fino al congedo di tutti.
Per quanto possa essere difficile, si sa, il più è iniziare.