Fra Salvini e Di Maio, Mattarella scelga un terzo
L'incarico di costituire l'esecutivo è faccenda complicata: né Luigi Di Maio né Matteo Salvini (lo dicono le leggi dell'equilibrio) possono presiederlo. Ecco la lettera (quasi) immaginaria di Giuliano Ferrara al Quirinale
Illustre Presidente, sono settimane che da umile notista politico anticipo il Suo problema, attuale ora che si aprono le consultazioni e si avvicina una decisione sull'incarico di formare il governo.
Ella è in buona posizione per dirimere la complicata faccenda, non per integrità, che è nozione moralistica poco interessante, ma perché ha un doppio profilo: il politico democristiano della Repubblica dei partiti defunta, e l'uomo di diritto prelevato dalla Corte costituzionale su chiamata di Matteo Renzi e di un'ampia maggioranza parlamentare. Per i democristiani e per gli Azzeccagarbugli, e La prego di notare la A maiuscola che segnala la definizione come assai rispettosa, la politica è una serie di questioni da dirimere, nel gioco dei partiti e dei numeri parlamentari come nei tribunali e nelle dispute giuridiche. Ci vogliono idee chiare e distinte su regole e interpretazioni costituzionali, e molto senso della realtà.
Matteo Salvini è il capo della coalizione arrivata prima alle elezioni, Luigi Di Maio è il capo del partito arrivato primo. Né l'uno né l'altro possono fare altro governo che un governo fondato su un patto reciproco. Lo dicono i numeri e le condizioni politiche di nascita delle due Camere. Né l'uno né l'altro, salvo sorprendenti violazioni della legge dell'equilibrio, possono presiederlo.
Chi è dunque la personalità terza che può credibilmente andare a Palazzo Chigi, presidente di un Consiglio dei ministri in cui i vincitori cercheranno di corrispondere al voto che li ha eletti, si spera senza danni per il Paese? Lei m'insegna che si può attendere la presa d'atto del problema tra i litiganti, espressione giuridica, esercitando una funzione notarile, magari dopo passaggi provvisori intesi a chiarire la sostanza della questione (non c'è altra maggioranza che quella in comune tra i due, non c'è altra presidenza del Consiglio che una terza opzione). Oppure si può, ed è il Suo altro profilo, quello politico, a essere in questo caso chiamato in causa, anticipare il senso di una scelta terza, e dargli una coloratura istituzionale e inevitabilmente politica.
Da molti decenni, iniziatisi con il varo della Carta e il 18 aprile del 1948, passati per la costruzione dell'Europa commerciale, politica e monetaria sovranazionale, questo paese ha una faccia, se ne abbia una, allo specchio della sua storia e sulla scena del mondo. I vincitori delle elezioni questa faccia l'hanno messa in discussione, con folto successo popolare (Europa, Putin, ruolo dello Stato e del suo rapporto con i cittadini e con i mercati, lavoro, educazione, scienza e sanità eccetera).
Credo tocchi a Lei, non essendo prevalsa una regola maggioritaria, non essendoci un chiaro premio di maggioranza, operare perché nasca un governo di coalizione possibile, sotto certe condizioni di compatibilità dei suoi programmi e delle sue scelte con la nostra storia e con il suo deposito di cultura e di idee. Il governo lo fanno i vincitori e se ne assumono piena responsabilità, ma come Ella sa perfettamente, in questo caso il compito di terzietà, di temperamento e di tutela costituzionale del Quirinale diventa decisivo.
Con i migliori auguri di buon lavoro.
(Articolo pubblicato sul n° 15 di Panorama in edicola dal 29 marzo 2018 con il titolo "Illustre Presidente")